La paura sfiora i gringos che si sono presi Medellín

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

 


El Poblado è considerata la zona più esclusiva di Medellín. Mentre le vie centrali del quartiere sono affollate da un flusso incessante di turisti, negli isolati più residenziali è facile imbattersi in caffetterie lussuose in cui si parla in inglese, si paga in dollari e non vi è traccia di colombiani. A popolare questi locali sono in genere giovani statunitensi che si definiscono “nomadi digitali”: migranti temporanei che lavorano da remoto per grandi aziende del Nord del mondo, e che trovano nella capitale tecnologica della Colombia un equilibrio perfetto tra costo della vita, clima temperato, opportunità di business e vita notturna.

NEGLI ULTIMI GIORNI, tra la comunità dei “nomadi digitali” di Medellín si è diffusa un’improvvisa preoccupazione: regolarizzare il proprio status migratorio. Le recenti tensioni tra Stati Uniti e Colombia hanno infatti interessato anche le decine di migliaia di statunitensi residenti irregolarmente nel Paese cafetero, ora turbati dalla stretta nei controlli degli uffici migratori. La crisi diplomatica tra i due Paesi ha infatti portato alla luce una serie di tensioni latenti tra la comunità statunitense di Medellín e diversi settori della popolazione locale, sfinita dalla gentrificazione, dall’aumento esponenziale dei costi della vita e dall’intensificazione del turismo sessuale legato ai flussi di stranieri con alto potere d’acquisto.

Il contenzioso che nell’ultima settimana ha visto protagonisti Donald Trump e il presidente della Colombia Gustavo Petro è scaturito dal trattamento riservato ai circa duecento cittadini colombiani imbarcati il 25 gennaio su due aerei militari statunitensi diretti a Bogotà. I primi colombiani espulsi dal piano di deportazione massiva di Trump sono stati trasportati con le manette ai polsi, dopo giorni di detenzione e umiliazioni. Il presidente statunitense li ha definiti un ammasso di “narcos, assassini e criminali”, gli organismi migratori colombiani hanno rivelato che i duecento migranti – di cui 42 bambini – erano tutti incensurati. In risposta a questo trattamento Petro ha inizialmente negato il permesso di atterraggio in Colombia. Le consuete minacce di dazi e ritorsioni economiche da parte di Trump hanno cambiato la posizione del governo colombiano, che lunedì 27 gennaio ha inviato due aerei delle proprie forze militari per consentire un “ritorno dignitoso” ai connazionali.

Microcredito

per le aziende

 

LO SCONTRO tra i due governi appare oggi congelato. Tuttavia, i prolungati scambi sulle reti sociali tra i due presidenti hanno fatto emergere un malcontento reciproco vincolato, oltre che alla questione migratoria, alle relazioni di potere tra i due Paesi, storicamente alleati. Dopo una serie di lunghi messaggi di carattere antimperialista – tacciati da tanti di forzare una retorica ‘messianica’- in un breve post su X del 26 gennaio Gustavo Petro ha denunciato la presenza di 15.660 statunitensi stabilitisi irregolarmente in Colombia, invitandoli a regolarizzarsi il prima possibile.

L’apparente neutralità del messaggio, destinato principalmente a nomadi digitali e pensionati statunitensi che risiedono a Medellín, mette in luce un aspetto talvolta trascurato delle gerarchie di potere delle Americhe: il privilegio del migrante statunitense (o canadese, israeliano, europeo) in tanti paesi dell’America Latina, facilitato – oltre che dal vantaggio economico – da una legislazione favorevole e da una generalizzata permissività nei controlli migratori.

TALE CONDIZIONE, insieme ai fattori ambientali di una città incastonata in una delle valli più ospitali della Cordigliera delle Ande, ha favorito la conversione di Medellín – un tempo città più violenta del mondo – in un luogo ideale per migranti con forte potere economico. Di conseguenza, il problema globale della gentrificazione legata al turismo massivo ha assunto nella città colombiana alcuni caratteri propri della colonialità: gli attuali rapporti di forza continentali, consolidati dalle politiche trumpiane, si rendono evidenti nella struttura sociale di una città che ha ceduto i suoi quartieri più esclusivi ai flussi di migrazione ‘dal Nord’.

MENTRE UNA PARTE della comunità statunitense di Medellín esprime preoccupazione per le politiche “socialiste” di Petro – che potrebbero incrinare i rapporti con la Casa Bianca – sulle pareti delle vie centrali della città colombiana si moltiplicano slogan quali “Gentrifier go home”, o “Gentrificación es el nuevo colonialismo”. Gli attivisti di diversi movimenti sociali urbani denunciano che, mentre la città segue freneticamente i ritmi di sviluppo obbligati dal nuovo mercato immobiliare, gli abitanti dei quartieri storici di Medellín sono costretti ad emigrare per fare spazio agli affitti a breve di nomadi digitali e turisti.

Ci racconta Jorge, fotografo e attivista: «Medellín è diventata gringolandia. Al Poblado è ormai impossibile incontrare gente del posto: solo gringos. Locali e negozi non hanno più prezzi accessibili per uno stipendio colombiano. Alcuni vengono per lavorare, per il clima, per investire, ma non tengono conto dell’impatto sulla popolazione locale. E tanti altri vengono per divertirsi. Nel 2024 decine di stranieri sono morti per overdose, per suicidio. Non succedeva da tanto tempo. Alcuni di loro vengono qui con l’immaginario della vita del narcos: sfruttano i vantaggi di avere dollari in tasca, sentono che questa città è il loro parco giochi. Cercano ragazze e cocaina, si cacciano nei guai. E hanno contribuito a trasformare Medellín nel più grande bordello a cielo aperto del Sud America»

LA VISIONE DI JORGE rispecchia un’opinione diffusa sia tra le classi popolari di Medellín che in quella parte di ceto medio-alto costretta a lasciare la propria zona di residenza. Le tensioni con la comunità migrante statunitense sfociano spesso in post xenofobici sui social, alimentati anche da episodi di violenza di genere, come i non infrequenti casi di abuso sessuale di minorenni colombiane da parte di gringos nel Poblado, o all’efferato femminicidio della giovane dj bogotana Valentina Trespalacios da parte del nordamericano John Poulos, recentemente condannato a 42 anni di carcere. Ci racconta una donna che lavora da oltre vent’anni come prostituta nelle strade di Medellín: «Tanti gringos credono di potere trattare le donne come vogliono, solo perché hanno dollari e sono bianchi. Ci guardano dall’alto in basso, pensano di valere di più di noi. Se non fai quello che dicono diventano violenti».

Così, mentre Trump criminalizza i migranti colombiani, Medellín vive la contraddizione di una migrazione definita ‘di alto profilo’ e che, in alcuni casi, porta con sé nuove tracce dell’imperialismo culturale ed economico statunitense nel continente. Nei giorni più acuti della crisi, la figlia di Gustavo Petro ha diffuso un meme con questa frase: «Per ogni colombiano deportato, vi restituiremo un gringo de El Poblado».



Source link

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link