Ginevra, Victoria Hall – Werther (con Pene Pati) – Connessi all’Opera

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La locandina del Werther di Jules Massenet presentato in forma di concerto alla Victoria Hall di Ginevra indicava a caratteri cubitali i nomi della coppia dei protagonisti: il tenore Pene Pati e il mezzosoprano Adèle Charvet, sottolineando trattarsi, per entrambi, del debutto nelle parti di Werther e Charlotte: quale occasione migliore per ascoltare due interpreti tanto acclamati in una di quelle opere che, all’interno del repertorio francese, costituisce un importante banco di prova vocale, specie per i tenori? Annuncio, insomma, di una serata che avrebbe sicuramente messo al centro il canto. E le voci, lo diciamo fin d’ora, non hanno deluso le aspettative.

Pene Pati è ormai riconosciuto come uno dei tenori più interessanti degli ultimi anni: la sua è una voce capace da sola di suscitare emozioni. Saranno le lunghe legature, i pianissimi ideali che, pur con un filo di voce, sanno sempre riempire la sala, le messe di voce eccezionali, ma è soprattutto l’eleganza delle linee a determinarne un vero «belcanto», un canto radioso e solare che conquista facilmente il pubblico. Lo vediamo sin dalla sortita di «Ô Nature», ma è nella dichiarazione d’amore a Charlotte che davvero possiamo osservare al meglio le qualità di un tenore che mostra anche di sapersi destreggiare in linee che richiedono maggiore agilità come in «J’avais sur ma poitrine» senza perdere troppo volume. Viceversa, l’attesissima «Pourquoi me réveiller» tradisce una certa tensione e trascina un po’ meno del previsto, complice qualche acuto leggermente “indietro”. Poca cosa, prima che Werther corra eroicamente al suicidio e a una languida morte in cui, ancora una volta, le ricercate mezzevoci tornano protagoniste.
Un tripudio canoro, insomma, eppure resta un dubbio alla fine dello spettacolo: una voce così luminosa (il ruolo ideale per Pati è quello del Duca in Rigoletto) è adatta al personaggio di Werther? All’eroe-simbolo dello Sturm und Drang? All’archetipo dell’uomo incompreso e titanico del Romanticismo? C’è poco, in questo canto così generoso, della Sehnsucht di Werther, della sua disperazione, e ascoltando Pene Pati e Adèle Charvet avremmo piuttosto l’impressione che il titolo del romanzo di Goethe sia Die Leiden des jungen Lotte!

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Già, Adèle Charvet: il mezzosoprano francese (fresca di nomination come cantante lirica dell’anno ai Victoires de la musique classique) ha prevalentemente esperienza nel repertorio barocco, per cui affrontare Massenet sembra una sfida particolarmente ostica. La sua Charlotte sente, al contrario di Werther, il dubbio e l’incertezza scoprendo suo malgrado di essere innamorata. La voce, morbida ed elegante, fatica inizialmente a imporsi su un’orchestra particolarmente voluminosa, ma trova, lungo la serata, i toni più drammatici con acuti sicuri e potenti. Quel che resta, è, in fondo, una Charlotte che sembra soffrire più ancora di Werther, che deve allontanarlo ma non lo vuole veramente (quando i «Partez!» del finale secondo suonano poco convinti!). Talvolta qualche frase appare sforzata, come l’inizio di «Va, laisse couler mes larmes», prima che un ritrovato calore riesca invece a sposarsi al meglio con il tono brunito del sax contralto.

Il plateau vocale di lusso non si ferma alla coppia dei protagonisti, perché Albert è interpretato nientemeno che da Florian Sempey, che si distingue per la sua voce prestante da baritono profondo pur dotato di ottimi acuti. All’inizio, incarna un Albert nobile e paterno nei confronti di Werther, secondo la canonica interpretazione del personaggio che rappresenta la stabilità e la sicurezza, ma sa farsi molto più inquietante e terribile quando, con tono inquisitorio, interroga Charlotte sui suoi rapporti con Werther.
A completare il cast, la Sophie di Magali Simard-Galdès, gaia e spensierata, che intona un piacevole «Du gai soleil» senza però assumere toni eccessivamente da soubrette, facendo un bel contrasto con i tormenti di Charlotte. Convincenti gli interventi di Pierre-Yves Pruvot (il balivo) e di Johann e Schmidt (Sebastia Peris e Alix Varenne, studenti della HEM), particolarmente bravi nella sequenza comica del secondo atto.

L’Orchestre de Chambre de Genève, co-organizzatrice del concerto, accompagnava i cantanti. Ma poiché l’organico di un ensemble “da camera” non è sufficiente per le strumentazioni di Massenet, i ranghi dell’OCG sono stati riempiti dagli ottimi studenti dell’Haute école de musique, il conservatorio superiore ginevrino. Direttore, il giovane Marc Leroy-Calatayud, che ha condotto con ottimo piglio e sicurezza la compagine, calcando però talvolta un po’ troppo la mano nelle sequenze più drammatiche dell’opera, dove trova sonorità quasi wagneriane che sono sicuramente adatte allo spirito della partitura, ma che, con un parterre vocale che gioca principalmente sulla delicatezza e sulla grazia, rischiano talvolta di risultare eccessive. Complice anche l’acustica della sala, in alcuni momenti, specie all’inizio dell’opera, i fiati prendono il sopravvento annegando un po’ gli archi e, ogni tanto, anche le voci. Va molto meglio quando l’orchestrazione si fa più sottile, come nel bel chiaro di luna del primo atto. Ci si chiede invece il motivo per il quale l’intervento dell’organo del secondo atto sia stato eseguito su un sintetizzatore amplificato dal suono a dir poco sgradevole, quando la Victoria Hall dispone di un grande strumento sinfonico…

Loïc Richard si è intestato un tentativo di mise-en-espace, pur all’interno della forma concertistica, che non andava oltre la gestione degli ingressi e delle uscite dei solisti e dei colori delle luci: gialle nelle scene diurne e blu in quelle notturne. Non di particolare utilità, insomma, e che rischia di causare qualche problema ad esempio con la scelta di schierare sei bambini della Maîtrise du Conservatoire populaire di Ginevra in proscenio e il resto del coro in fondo al palco, causando piccoli scollamenti nel «Noël» iniziale. Per il resto ottimi gli interventi dei piccoli cantori.
Accoglienza finale trionfale per tutti gli interpreti, con scroscianti applausi e acclamazioni all’indirizzo dei solisti: una vera festa del bel canto, e, per una volta, una rappresentazione lirica che, al posto di suscitare domande o grandi riflessioni, costituisce, prima di tutto, una gran gioia per le orecchie.

Photo: Christian Lutz

Ginevra, Victoria Hall
WERTHER
Dramma lirico in quattro atti
Libretto di Édouard Blau, Paul Milliet e Georges Hartmann
da I dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang von Goethe

Musica di Jules Massenet

Werther Pene Pati
Charlotte Adèle Charvet
Albert Florian Sempey
Sophie Magali Simard-Galdès
Le Bailli Pierre-Yves Pruvot
Brühlmann Hugo Fabrion
Kätchen Elise Lefebvre
Johann Sebastia Peris
Schmidt Alix Varenne

L’Orchestre de Chambre de Genève
(con musicisti della Haute école de musique di Ginevra)
Direttore Marc Leroy-Calatayud
Maîtrise du Conservatoire populaire
Direttrici del coro di voci bianche Magali Dami, Fruzsina Szuromi
Allestimento semi-scenico Loïc Richard

Assistenza per i sovraindebitati

Saldo e stralcio

 

Ginevra, 31 gennaio 2025

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