Uscita anche parziale dal servizio pubblico di raccolta dei rifuti

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Cambia la norma che disciplina la riduzione per le utenze non domestiche che decidono di non avvalersi piĆ¹ del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti, con una modifica che per la veritĆ  crea probabilmente piĆ¹ confusione che altro.

Procediamo con ordine. Lā€™articolo 198, comma 2-bis, del Dlgs 152/2006 consente alle utenze non domestiche di non avvalersi piĆ¹ del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti, previa dimostrazione di aver avviato al recupero i rifiuti urbani prodotti mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua la predetta attivitĆ  di recupero. Lā€™articolo 238, comma 10, del Dlsg 152/2006 ha stabilito che le utenze non domestiche che conferiscono i rifiuti urbani prodotti al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al recupero, mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua lā€™attivitĆ  di recupero dei rifiuti, sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantitĆ  dei rifiuti conferiti. La scelta di uscita dal servizio pubblico, da effettuarsi entro il 30 giugno dellā€™anno precedente (articolo 30, comma 5, Dl 41/2021), ĆØ vincolante per un periodo di 2 anni.

Il combinato disposto delle norme sopra citate consente alle utenze non domestiche di non avvalersi del servizio pubblico, a condizione che tutti i rifiuti urbani prodotti siano avviati al recupero tramite operatori autorizzati, beneficiando in tale caso dellā€™abbattimento integrale della quota variabile della Tari o della tariffa corrispettiva, ossia della quota rapportata alla quantitĆ  dei rifiuti conferiti.

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La disposizione citata va coordinata con quella del comma 649 dellā€™articolo 1 della legge 147/2013, la quale ha sancito lā€™obbligo per i Comuni di prevedere nel proprio regolamento del prelievo una riduzione della quota variabile proporzionale alla quantitĆ  di rifiuti urbani autonomamente riciclati da parte delle utenze non domestiche.

In sostanza, le utenze che decidono di uscire dal servizio pubblico, recuperando tutti i rifiuti urbani prodotti, non pagano la quota variabile, mentre quelle che, pur rimanendo nel servizio pubblico avviano al riciclo in modo autonomo una parte dei rifiuti urbani prodotti, pagano la predetta quota ma beneficiano della riduzione proporzionale della stessa in base alla quantitĆ  di rifiuti riciclati al di fuori del servizio pubblico. Da rilevare che per lā€™uscita dal servizio ĆØ sufficiente recuperare i rifiuti prodotti, mentre lā€™abbattimento proporzionale della quota variabile richiede che i rifiuti urbani siano riciclati. Il riciclo ĆØ una forma di recupero; questā€™ultimo, a mente della definizione contenuta nellā€™articolo 183 del Dlgs 152/2006, include al suo interno anche il riciclo dei rifiuti, ma ammette anche altre modalitĆ , come si evince dallā€™allegato C alla parte IV del Dlgs 152/2006.

La legge 193/2024 ha modificato il solo comma 10 dellā€™articolo 238 del Dlgs 152/2006 stabilendo che Ā«le utenze non domestiche che producono rifiuti urbani di cui all’articolo 183, comma 1, lettera b-ter), numero 2., che li conferiscono, in tutto o in parte, al di fuori del servizio pubblico e dimostrano di averli avviati al riciclo o al recupero mediante attestazione rilasciata dal soggetto che effettua l’attivitĆ  di riciclo o recupero dei rifiuti stessi sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantitĆ  dei rifiuti conferitiĀ». Le modifiche in esame sono volte a:

o precisare che il conferimento in questione puĆ² avvenire in tutto o in parte;

o estendere lā€™ambito di applicazione della norma, al fine di riferirla non solo al recupero ma anche al riciclo.

Ad una prima lettura la norma sembrerebbe consentire alle utenze non domestiche di uscire dal servizio pubblico anche conferendo solo una parte dei rifiuti ad altri soggetti, destinandoli al recupero o al riciclo. ƈ evidente perĆ² che se lā€™utenza conferisce i propri rifiuti solo in parte ad altri operatori deve rimanere servita dal servizio pubblico per la parte di rifiuti non conferiti allā€™esterno. Ed ecco che allora avrebbe poco significato riconoscere a tale utenza lā€™abbattimento integrale della quota variabile, dovendosi interpretare la disposizione che stabilisce che le stesse Ā«sono escluse dalla corresponsione della componente tariffaria rapportata alla quantitĆ  di rifiuti conferitiĀ» come riconoscimento del mero abbattimento proporzionale di tale quota, in base alla percentuale di rifiuti recuperati o riciclati al di fuori del servizio pubblico. NĆ© piĆ¹ nĆ© meno perĆ² di quello che giĆ  oggi i regolamenti comunali e il comma 649 dellā€™articolo 1 della legge 147/2013 prevedono. La norma, quindi, non aggiungerebbe nulla allā€™attuale quadro normativo, se non precisare che lā€™abbattimento proporzionale della quota variabile vale non solo nel caso di avvio al riciclo dei rifiuti urbani al di fuori del servizio pubblico, ma anche nellā€™ipotesi piĆ¹ ampia del recupero dei rifiuti. E che ĆØ possibile conferire al di fuori del servizio pubblico anche singole frazioni di rifiuti urbani e non necessariamente tutti, conformemente a quanto aveva giĆ  ritenuto lā€™Agcm (AutoritĆ  garante concorrenze e mercato) che, in un parere rilasciato nel 2022 (AS 1858), ha contestato la posizione di un Comune che riteneva di applicare la richiamata normativa nel senso che le utenze non domestiche possono esercitare lā€™opzione di conferire al di fuori del servizio pubblico i rifiuti urbani che producono con riferimento allā€™insieme dei rifiuti urbani prodotti e non anche con riguardo a loro singole frazioni. La nota di lettura della legge n. 193/2024 ha evidenziato che: Ā«Lā€™AutoritĆ  non ha ritenuto condivisibile la posizione espressa dal Comune perchĆ© idonea a privare di effettivitĆ  la facoltĆ , riconosciuta alle UND (utenze non domestiche), di conferire i propri rifiuti ā€œurbaniā€ al di fuori del servizio pubblico. Infatti, tutte le volte in cui nel territorio in cui operano le UND non fossero attivi soggetti industriali ai quali conferire tutte le frazioni di rifiuto simile allā€™urbano prodotto, esse sarebbero, di fatto, costrette ad aderire al servizio pubblico, pur in presenza di operatori privati potenzialmente piĆ¹ efficienti per il trattamento di singole tipologie di rifiuto, assicurando, per contro, al gestore del servizio di igiene urbana unā€™ingiustificata estensione della propria privativaĀ».

Come evidenziato, tuttavia, la norma del comma 649 dellā€™articolo 1 della legge 147/2013 giĆ  faceva ritenere che fosse possibile anche solo il conferimento esterno di una parte dei rifiuti urbani prodotti e non necessariamente di tutti. Lā€™obiettivo di chiarire che lā€™abbattimento proporzionale della quota variabile spetta non solo nel caso di riciclo dei rifiuti urbani ma anche di recupero degli stessi (come giĆ  riteneva dovesse avvenire la nota del Ministero della Transizione ecologica n. 37259 del 12 aprile 2021) poteva raggiungersi in maniera piĆ¹ chiara modificando il comma 649 dellā€™articolo 1 della legge 147/2013, evitando di variare invece lā€™articolo 238 del Dlgs 152/2006, facendogli assumere ora un assetto maggiormente foriero di dubbi. Infatti, oltre a quanto sopra evidenziato, sorge ora il dubbio se anche lā€™uscita parziale dal servizio pubblico richieda necessariamente la comunicazione entro il 30 giugno dellā€™anno precedente, come avviene nel caso di passaggio totale al conferimento ad operatori privati, con un vincolo biennale. In altri termini, prima della novella le utenze non domestiche potevano abbandonare il servizio pubblico, recuperando autonomamente tutti i propri rifiuti urbani prodotti, con comunicazione, vincolante per 2 anni, da presentare entro il 30 giugno dellā€™anno precedente, mentre, pur rimanendo servite dal servizio pubblico, potevano conferire anche solo una frazione di rifiuti urbani ad altri operatori, avviandoli al riciclo, senza perĆ² che fosse prevista dalla norma del comma 649 dellā€™articolo 1 della legge 147/2013 alcuna comunicazione preventiva vincolante (salvo previsione del regolamento comunale). Oggi invece anche lā€™uscita parziale sembrerebbe ricadere nellā€™obbligo di comunicazione preventiva, con applicazione del vincolo biennale. Insomma, una confusione che sarebbe stato meglio evitare.

(*) Vice presidente Anutel

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