È Firenze il capoluogo di regione in cui l’acqua costa di più. Lo certifica lo studio presentato ieri da Federconsumatori e Fondazione Isscon (Istituto studi sul consumo) che ha messo a confronto le principali città italiane. In particolare, analizzando i 20 capoluoghi di Regione, emerge che per una famiglia di tre componenti, con 150 metri cubi di consumo annuo, il costo più alto è quello di Firenze, con 564,04 euro in dodici mesi. Dietro ci sono Perugia e Genova rispettivamente a quota 511,79 e 504,28 euro. In fondo alla classifica invece Milano (160,13 euro), Campobasso (191,18 euro) e Napoli (193,64 euro).
Confrontando gli importi da pagare nel 2024 (sempre con consumo di 150 metri cubi all’anno per tre componenti) e nel 2016 emerge poi un aumento medio nazionale del 40%, in questo caso più limitato a Firenze che comunque si attesta al +31%.
Cambia poco se invece si prende in considerazione una famiglia di tre componenti con 182 metri cubi annui di consumo: Firenze registra nuovamente il costo più alto (763,41 euro), seguita da Perugia e Genova rispettivamente con 618,09 e 614,07 euro. In questo caso le città capoluogo in cui si paga meno sono Milano (177,15 euro), Napoli (206,45 euro) e Campobasso (234,66 euro).
Nella composizione del costo finale sono comprese le voci relative ad acquedotto, canone di fognatura, canone di depurazione, quota fissa (o ex nolo contatori), componenti di perequazione e Iva al 10%. In base alle ulteriori analisi portate avanti da Federconsumatori regionale (in cui risultano cifre leggermente diverse perché calcolate escludendo oneri di perequazione e Iva), in Toscana si registrano anche costi superiori a quelli di Firenze, soprattutto nei territori di Acque Spa (nella zona del Basso Valdarno) e dell’Acquedotto del Fiora (province di Siena e Grosseto).
“Il dibattito sul tema dell’acqua nella nostra Regione ha preso una piega particolare – ha detto Laura Grandi, presidente toscana di Federconsumatori –. Si pensa di ridurre la pressione tariffaria sui cittadini con la soluzione della multiutility che dovrebbe fare economia di scala e dare una nuova capacità di comprimere le bollette. Noi pensiamo invece che la soluzione sia quella dell’acqua pubblica. L’acqua deve essere pubblicizzata. D’altronde in Italia nel 60% dei casi la gestione è pubblica e, dove c’è, le tariffe sono inferiori”. A dare maggiori dettagli sullo scenario fiorentino è il presidente di Publiacqua e Cispel Toscana, Nicola Perini, intervenuto al convegno nel quale è stato presentato lo studio.
“È un dato oggettivo che le tariffe toscane siano le più alte – ha detto – e questo dipende da diversi fattori: il più significativo è che la Toscana è stata la prima regione ad applicare la legge Galli con i conseguenti venti anni di investimenti e ammortamenti. E poi ci sono la qualità del servizio, la depurazione, le caratteristiche del territorio. Studi come questo sono fondamentali, ma bisogna ricordare quanto è difficile paragonare situazioni diverse”. E in futuro potrebbe arrivare qualche sconto? “A onor del vero – ha proseguito Perini – in prospettiva non c’è la possibilità di una diminuzione tariffaria. Dalle aziende idriche ci si aspetta tanto, verrà chiesto loro un impegno sul riuso, sulla gestione delle acque meteoriche, per cui credo che sia complesso pensare a una diminuzione tariffaria. Dobbiamo però migliorare i processi di servizio e innalzare l’attenzione sui costi sociali. Ci sono i costi del bonus idrico, sia nazionale che integrativo locale, che si aggirano attorno ai 4 milioni l’anno per Publiacqua. Questa cifra può essere magari ampliata”.
Infine il tema della proporzione fa ricchezza dell’utente e costo dell’acqua: “Deve essere fatta un’analisi sul fatto che la tariffa è cieca e sorda rispetto alla ricchezza – ha concluso Perini –. E questo è un elemento da considerare, perché tutto il servizio idrico si poggia sulla tariffa e non sulla fiscalità né locale, né nazionale. Su questo probabilmente dovremo fare un’analisi per diventare più equi nel prelievo tariffario”. Un impegno in linea anche con le richieste di Federconsumatori che ha chiesto, in tutta Italia, “un prezzo calibrato alla capacità reddituale dei cittadini” oltre a sistemi anti-spreco e per limitare le perdite.
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