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Buoni pasto ai dipendenti pubblici – L’introduzione dello smart working come modalità lavorativa consolidata ha portato con sé numerosi interrogativi, soprattutto in relazione ai diritti dei lavoratori. Tra questi, uno dei temi più dibattuti riguarda l’erogazione dei buoni pasto per chi opera da remoto. A fare chiarezza è l’ARAN (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni), che ha recentemente confermato un principio fondamentale: i dipendenti pubblici in smart working hanno diritto ai buoni pasto, a condizione che vengano rispettati determinati requisiti.
Il nuovo CCNL e il diritto al buono pasto in lavoro agile
La questione è stata ufficialmente affrontata con l’entrata in vigore del nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) per il comparto Funzioni Centrali, datato 27 gennaio 2025. Una delle novità più rilevanti introdotte dal contratto è proprio l’equiparazione, ai fini dell’erogazione del buono pasto, tra le giornate lavorative svolte in ufficio e quelle in modalità agile.
L’articolo 14, comma 3 del CCNL fornisce che il diritto al buono pasto è garantito anche durante le giornate di lavoro agile, purché queste abbiano una durata equivalente a quella di una normale giornata lavorativa in presenza. In altre parole, se un dipendente pubblico lavora da remoto per il numero di ore standard previsto dal contratto, avrà diritto al buono pasto, esattamente come se fosse stato fisicamente presente in ufficio.
L’interpretazione dell’ARAN: nessuna discriminazione tra lavoro in presenza e da remoto
L’ARAN ha chiarito che il principio guida dietro questa norma è quello dell’equiparazione. L’obiettivo è evitare qualsiasi forma di discriminazione tra chi lavora in presenza e chi opera in smart working. La logica è semplice: se un lavoratore avrebbe diritto al buono pasto per una giornata lavorativa in ufficio, lo stesso diritto deve essere riconosciuto anche quando la prestazione viene effettuata da remoto.
Questo automatismo rappresenta un importante passo avanti nel garantire pari diritti a tutti i dipendenti pubblici, indipendentemente dalla modalità lavorativa scelta o impostazione dalle circostanze. Inoltre, l’erogazione dei buoni pasto continua a rappresentare un beneficio concreto e tangibile per i lavoratori, contribuendo a sostenere le spese quotidiane legate al pranzo.
Cosa succede in caso di permessi orari?
Nonostante l’automatismo introdotto dal nuovo CCNL, restano valide alcune regole già esistenti. In particolare, l’erogazione del buono pasto è subordinata al rispetto delle condizioni e dei requisiti previsti dalla normativa vigente.
Uno degli aspetti più rilevanti riguarda i permessi orari: se un lavoratore in smart working usufruisce di permessi durante la giornata, il monte ore teorico sarà ridotto di conseguenza. Qualora il tempo lavorato, al netto dei permessi, risulti inferiore alla soglia minima prevista per l’erogazione del buono pasto, quest’ultimo non verrà riconosciuto.
Un beneficio che rafforza il valore del lavoro agile
L’introduzione di questa norma rappresenta un segnale positivo per tutti i dipendenti pubblici che lavorano in smart working. Garantire il diritto ai buoni pasto anche per chi lavora da remoto non solo elimina possibili disparità di trattamento, ma rafforza anche la percezione del lavoro agile come una modalità lavorativa a tutti gli effetti equiparabili a quella tradizionale.
Con l’adozione di regole chiare e trasparenti, il nuovo CCNL delle Funzioni Centrali dimostra come sia possibile conciliare innovazione e tutela dei diritti dei lavoratori, contribuendo a costruire un ambiente lavorativo più equo e inclusivo.
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