Martedì 11 febbraio, nell’aula del Consiglio della Regione Toscana approderà la discussione per la votazione del testo licenziato dalla Commissione Sanità relativo alla proposta di legge dal titolo “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi della sentenza n. 242/19 della Corte costituzionale” promossa dall’associazione Luca Coscioni. Lo scopo di tale operazione è l’introduzione del suicidio medicalmente assistito, in altri termini, dell’eutanasia. Siamo in presenza di un tema capitale per la vita sociale e politica del Paese e in caso di approvazione il timore è anche che ciò possa rappresentare solo il primo passo per l’estensione del riconoscimento della legittimità di tale pratica sul resto del territorio nazionale.
Altre Regioni, nei mesi scorsi si sono trovate a fare i conti con la medesima istanza, ma in nessuna di esse finora l’operazione ha avuto successo: in Friuli Venezia Giulia, Lombardia e Piemonte ha prevalso la pregiudiziale di costituzionalità posta da alcuni consiglieri; in Veneto, nonostante fosse favorevole a tale scelta anche il presidente leghista Luca Zaia, per un voto la legge non è passata. Anche in Toscana le faglie di frattura sono simili. Il tema attraversa trasversalmente i partiti, per quanto la sinistra sembri abbastanza compatta, salvo singoli casi. Chi spinge per l’approvazione lo fa sostenendo che ciò permetterebbe alla Regione Toscana di distinguersi come faro di questo “nuovo diritto”. L’oggetto del contendere, ribadiamolo se mai ce ne fosse bisogno, resta divisivo, proprio perché siamo in presenza di una materia che riguarda la coscienza prima che “la bandiera” di appartenenza.
Inoltre, dato di primo rilievo, come obiettato dai consiglieri di centro destra anche della Toscana, di una materia che esula dalle competenze regionali, essendo di pertinenza del Parlamento nazionale. L’associazione Coscioni e i sostenitori del sì fanno appello alla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale che ha dichiarato l’art. 580 c.p. costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, a determinate condizioni, agevola l’esecuzione dell’altrui suicidio, depenalizzando così forme eutanasiche. La Commissione Sanità in queste settimane ha audito i soggetti delle professioni e associazioni della società civile che hanno portato esperienze e contributi sul tema. Le opposizioni hanno presentato i loro emendamenti.
Tanti, attorno a questa battaglia hanno iniziato a coinvolgersi, indicando un risveglio della coscienza personale e una sensibilità che mostra come il tema, se posto pubblicamente e spiegato fuori da una narrazione univoca e volutamente approssimativa, rappresenta un tema rovente nel dibattito e che sta a cuore alla gente. I Vescovi non hanno fatto mancare la loro parola. Proprio la loro presa di posizione in una nota della Conferenza Episcopale Toscana del 28 gennaio u.s. aiuta ulteriormente a chiarire che il dibattito, in questa fase più propriamente politico, è prima di tutto una questione culturale e di civiltà. La nota della Conferenza Episcopale Toscana pone infatti l’accento su tre aspetti cardine della questione. Il primo è il richiamo ad alcuni passaggi della recente Dignitas infinita pubblicato di recente dal Dicastero della Fede, indicando come esso sia un testo attuale e al passo con i tempi circa la visione che nasce dall’esperienza cristiana e offra un contributo significativo su temi di grande drammaticità come quello presente.
Il secondo riguarda il fatto che la Toscana, con la sua storia plurisecolare, si pone, al contrario del primato per il quale oggi alcuni vorrebbero fosse riconosciuta, ai primi posti della classifica quanto ad accoglienza della vita e del suo accompagnamento in tutte le condizioni, compresa la sofferenza; testimonianza ne sono gli ospedali nati nel medioevo, gli orfanotrofi e gli ospizi, le Misericordie e le associazioni di volontariato che in questa regione ancora oggi rappresentano punte di eccellenza, di generosità e di dedizione umana, una storia che ha posto la Toscana come faro di civiltà e di vero progresso all’insegna dell’umanità e dell’amore, in Italia e nel mondo. Infine, il richiamo alla vita come valore assoluto, inviolabile, inattaccabile per nessuna ragione. Certo, davanti alla sofferenza nessuno può parlare per giudizi fatti, ma la negazione della vita resta un’opzione inaccettabile in ogni caso.
La domanda che occorre fare alle Istituzioni e alla politica, più che l’introduzione di leggi disumane, è semmai un’altra: quando si dice di essere impegnati nell’alleviare le sofferenze degli ammalati, si sta facendo veramente tutto il possibile? C’è ad esempio tutto l’aspetto delle cure palliative che resta ancora troppo poco praticato e per il quale sembra che non vengano fatti investimenti adeguati. E quanto all’assistenza umana e spirituale negli ospedali? – perché il dolore passa dal corpo, ma cambia l’anima. E circa la creazione di nuovi hospice e il potenziamento di quelli già esistenti? Sarebbe opportuno che su questi ambiti i fondi fossero ampliati e si ponessero tutte le risorse di cui si dispone per un reale accompagnamento sanitario e umano che metta al centro la dignità della persona. Perché il punto, volutamente sempre taciuto dai promotori dell’eutanasia resta il seguente: i dati dicono che chi sceglie la via del suicidio, medicalmente o non medicalmente assistito, nella maggioranza dei casi lo fa perché vive una condizione di solitudine.
Viene allora il sospetto, come richiamato dal consigliere della Lega Giovanni Galli che la sinistra Toscana in realtà non voglia dare una risposta istituzionale ad un tema delicato come il fine vita, ma voglia intestarsi una battaglia ideologica libertaria. Ci sono associazioni, volontari, organizzati a loro volta in gruppi o a livello personale, che si mettono a disposizione degli altri, che dedicano la propria vita o parte di essa a farsi presenza e ad accompagnare l’altro fin nei momenti più bui dell’esistenza. Incrementare il sostegno economico, fattivo e operativo, sussidiariamente, a questi tipi di iniziative darebbe alla Regione Toscana il vero primato, evitando strumentalizzazioni capaci solo di giocare con facili scorciatoie per ridurre, inutile nasconderselo, i costi della spesa pubblica, scelte che pesano enormemente sopra al bilancio di umanità di una regione, di una nazione, del suo popolo.
Per chi auspica l’approvazione della legge, se la proposta passasse, si tratterebbe di una conquista di civiltà. Quale? viene da chiedersi, visto che la vera civiltà, da Ippocrate, sul cui giuramento i medici di ogni tempo giurano il proprio impegno al servizio della vita, fino a quanto richiamato ancora una volta dalla Chiesa con Dignitas infinita, è quella che pone al centro la sacralità della vita e la sua dignità. Senza ribadire questo, in parole, politica, opere e missioni, la società finisce per disintegrarsi. Questo riguarda ognuno di noi, ma l’11 febbraio prossimo, nella sala del Consiglio Regionale riguarderà direttamente la coscienza di ogni consigliere, soprattutto di quelli cattolici e di quelli aperti alla categoria dell’umanità, indipendentemente dalla bandiera sotto cui hanno scelto di militare. (Foto: Imagoeconomica)
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