Pierluigi Russo, la nuova Agenzia italiana del farmaco Aifa

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Le sperimentazioni cliniche sono un fattore di sviluppo del Paese: generano valore per il servizio sanitario nazionale, per il sistema industriale e per la società nel suo complesso. Per questo è importante che l’Italia recuperi una visione ampia di sviluppo e i nostri centri di ricerca recuperino attrattività e performance nella ricerca biomedica fino al livello di sviluppo commerciale. Parola di Pierluigi Russo, direttore tecnico-scientifico dell’Agenzia italiana del farmaco.

In questa intervista, facciamo il punto sulla nuova Aifa che, dopo venti anni dalla sua istituzione, ha cambiato assetto. L’Aifa è l’autorità nazionale competente per l’attività regolatoria dei farmaci: governa la spesa farmaceutica, segue il ciclo di vita del medicinale per garantirne efficacia, sicurezza e appropriatezza e l’accesso sul territorio nazionale, gestisce i processi autorizzativi per le sperimentazioni cliniche, la negoziazione del prezzo dei medicinali a carico del Ssn, ecc.

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Istituita con decreto legge 269/2003, Aifa ha iniziato la sua attività nel luglio 2004. Lo scorso anno, esattamente venti anni dopo dunque, la riforma ne ha modificato l’organizzazione e il funzionamento. E il 2025 si apre con i primi segnali della attesa maggiore efficienza dell’ente: il riferimento è alla riduzione dei tempi per la presentazione e l’approvazione dei dossier farmaceutici. «I dati – dice Russo – evidenziano un trend in costante miglioramento, che fa ben sperare per un’ulteriore riduzione dei tempi delle procedure e un più rapido accesso dei cittadini ai farmaci rimborsati dal Servizio sanitario nazionale».

Ma partiamo dal fare chiarezza, partiamo dalla nuova Aifa. Cosa è cambiato, dott. Russo?

«I provvedimenti legislativi adottati da questo Governo e i successivi decreti attuativi hanno previsto l’istituzione di un’unica Commissione scientifica ed economica (Cse), che unisce le funzioni della precedente commissione tecnico-scientifica e del comitato prezzi e rimborso, e una riorganizzazione interna dell’agenzia. La legale rappresentanza dell’ente è in capo al presidente, che diventa organo, e sono state istituite due direzioni generali, una direzione tecnico-scientifica e un’altra amministrativa con funzioni di rispettiva competenza».

Un nuovo assetto per snellire auspicabilmente i processi decisionali?

«L’intento dichiarato del legislatore è portare all’ottimizzazione e snellimento delle procedure burocratiche, ridurre ed efficientare le tempistiche di conclusione dei procedimenti dell’agenzia e, in generale, perseguire un complessivo efficientamento dell’ente».

In questa direzione vanno i dati emersi dal monitoraggio delle tempistiche delle procedure di approvazione della rimborsabilità dei dossier farmaceutici?

«La trasparenza è uno dei primi obiettivi. Quindi, quando abbiamo strutturato i primi ordini del giorno della Cse abbiamo comunicato in piena trasparenza, per ogni procedura esaminata dalla commissione, il timing con cui il medicinale è in iter, a partire dal superamento dal check amministrativo. E proprio nell’ottica della trasparenza, le analisi pubblicate sul portale di Aifa possono essere replicate da chiunque, mettendo insieme le informazioni contenute negli ordini del giorno della Cse.

Oltre alla riduzione della durata delle procedure di ammissione alla rimborsabilità del Ssn sottoposte alla valutazione della Commissione, altro aspetto importante è la prioritizzazione: le procedure vengono infatti ordinate e affrontare dalla Cse per priorità rispetto alla tutela della salute, parliamo quindi, in ordine decrescente di durata, di farmaci oncologici, nuovi farmaci autorizzati a livello europeo, nuovi farmaci orfani o le estensioni di indicazioni terapeutiche. E viene posto un diverso livello di priorità a tutte quelle procedure che attengono all’autorizzazione di nuovi confezionamenti o variazione del regime di rimborsabilità o rinegoziazioni, sempre usando un criterio che ha a che fare con la durata di permanenza in iter».

Sempre per migliorare l’accesso ai farmaci e la loro rimborsabilità è stato istituito anche il Tavolo tecnico di coordinamento Aifa-Regioni? 

«L’obiettivo è supportare una gestione anticipata e coordinata tra le attività amministrative di natura tecnica, che vengono portate a compimento dall’agenzia, e le azioni che si devono determinare a livello regionale. Da qui l’istituzione di un tavolo collaborativo, in cui da una parte confluiscono le informazioni da parte di Aifa, utili per gli adempimenti successivi da parte delle regioni, e dall’altra gli input da parte delle regioni rispetto a eventuali criticità attuative o per esempio in merito al controllo dei dati di monitoraggio utili per le attività di governance».

A inizio anno avete presentato il “Rapporto nazionale sulle sperimentazioni cliniche dei medicinali” da cui si evince che il sistema Italia tutto sommato regge, ma gli spazi di miglioramento sono ampi e vanno esplorati. In sostanza, lei dice che non possiamo accontentarci della stabilità delle sperimentazioni cliniche non facendo nulla per ridurre la distanza almeno con gli altri paesi europei, considerando che in Germania, Francia, UK e Spagna il numero delle sperimentazioni negli ultimi dieci anni è di gran lunga superiore e che la ricerca clinica è un volano per lo sviluppo del paese.

«Esattamente. Vanno quindi create le condizioni affinché le potenzialità dei nostri centri di ricerca entrino in contatto con il contesto industriale, scalando i paradigmi della ricerca biomedica fino al livello di sviluppo economico e sociale. Possiamo e dobbiamo quindi fare di più, per recuperare attrattività e performance. A questo può contribuire il contesto regolatorio, creando condizioni favorevoli, e in tal senso Aifa nel 2024 ha emanato due linee guida, una sulle semplificazioni delle sperimentazioni cliniche autorizzative e l’altra sugli studi osservazionali.

Ma gli interventi di natura regolatoria, caratterizzati anche dal passaggio a regime del nuovo regolamento europeo sulle sperimentazioni cliniche, sono solo un tassello del puzzle.

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La frequenza delle sperimentazioni di fase 1 e 2 in Italia è tra le più basse in Europa. Indubbiamente abbiamo dei centri clinici di eccellenza e abbiamo tenuto sulle sperimentazioni di fase 3. Ma c’è molto da lavorare».

In che direzione allora?

«Innanzitutto, è da porre in essere in molti centri che possono fare ricerca pre clinica e clinica un necessario cambio di mentalità. C’è bisogno di creare un volano traslazionale che consenta poi di portare gli ottimi concetti sviluppati in questi centri a livello di sviluppo commerciale, quindi di sviluppo di valore per il paese.

D’altro canto è in corso da diversi anni una perdita di attrattività complessiva dell’Europa, dove registriamo una riduzione del numero delle sperimentazioni complessive. Nel campo dello sviluppo di nuovi medicinali la fanno da padrone gli Stati Uniti con un ruolo sempre più crescente dell’Asia.

È necessario quindi un cambio di passo, sia a livello nazionale sia a livello europeo».

Direttore, Silvio Garattini nel suo nuovo libro contesta l’approvazione di tutto e dice basta ai farmaci fotocopia.

«Eliminare i prodotti copia non crea un vantaggio per i pazienti e nemmeno per la competizione. Tra l’altro parliamo di farmaci che in alcuni casi sono perfettamente sostituibili, ma in altri casi no, perché la stessa indicazione terapeutica non significa che siano uno la mera copia dell’altro. Quindi dare un armamentario terapeutico al medico, che può apprezzarne le distinzioni dal punto di vista clinico terapeutico, è utile. Così come lo è dare più opzioni terapeutiche alle regioni in modo che quando si raggiungerà la perdita della copertura brevettuale ci sarà maggiore competizione all’interno delle procedure di acquisto.

É una questione complessa. Ed è riduttivo pensare che risolveremmo i problemi della spesa sanitaria avendo un solo farmaco per ogni indicazione terapeutica. Anzi, probabilmente si determinerebbe un aggravio dal punto di vista della gestione clinica del paziente, senza avere un vantaggio economico.

Inoltre, si tenga presente che avere molti farmaci copia nei biosimilari ha rappresentato un valore importante per l’Italia che, come indicato nel rapporto Osmed sull’uso dei farmaci, ha la più alta  percentuale di penetrazione dei biosimilari tra i paesi europei».

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Quali sono le priorità in questo momento per il mondo del farmaco?

«Volendo adottare una prospettiva di registrazione di piccolo cabotaggio, quindi andando all’operatività, la Legge finanziaria ha sancito un passaggio epocale approvando una norma che ridefinisce e rivoluziona l’approccio dell’agenzia. Per lo meno rispetto alla valutazione e gestione dei farmaci innovativi. E su questo fronte stiamo lavorando.

Giorni fa abbiamo avuto una commissione straordinaria nell’ambito della quale è stato analizzato un primo documento su cui lavoreremo ulteriormente fino all’emanazione di una determina Aifa che espliciti i criteri per accedere al fondo farmaci innovativi e l’elenco dei medicinali innovativi.

Il legislatore prevede inoltre di destinare 100 milioni di euro delle risorse stanziate per il fondo farmaci innovativi al finanziamento e quindi al rimborso delle regioni per l’uso e le prescrizioni degli agenti anti infettivi per le infezioni da germi multiresistenti.

Questa è una priorità assoluta individuata dal ministero della Salute, per un problema che flagella in particolare l’Italia, e su cui è opportuno lavorare e studiare per identificare i migliori modelli di impiego di questi medicinali, per evitare che diventino, col passare del tempo, un’arma spuntata, compromettendo quindi la sopravvivenza dei pazienti fragili».

Direttore, per chiudere: è iniziato il mese delle malattie rare. Cosa fare per velocizzare la disponibilità dei farmaci orfani?

«Le malattie rare hanno già una classificazione e caratterizzazione specifica all’interno delle procedure di prezzo e rimborso e di ammissione alla rimborsabilità da parte del Ssn.

Detto questo, è importante che le procedure di valutazione vadano più spedite e seguano una modalità organizzativa che consente di concludere i procedimenti più velocemente. E da questo punto di vista il modello lavorativo della nuova Commissione scientifica ed economica è effettivamente un modello più efficiente rispetto al precedente, perché consente di esaminare fin dalla prima seduta, contestualmente, sia gli aspetti di valutazione tecnico-scientifica – per esempio se il medicinale è innovativo, se rappresenta un vantaggio terapeutico aggiuntivo per il Ssn, se le evidenze prodotte sono solide, ecc. – sia gli aspetti economici – per esempio se viene proposto a un prezzo costo-efficacia per il Ssn, ecc.

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Questo ci consente di condurre una valutazione tecnico-scientifica concomitante con la negoziazione, con la conseguente riduzione delle tempistiche che stiamo registrando in Cse. Parliamo di una riduzione importante, di circa il 50%.

È importante però fare un’ulteriore precisazione: il report che abbiamo pubblicato riguarda l’analisi delle tempistiche inerenti nello specifico il funzionamento della Commissione scientifica ed economica.

Chiaramente, invece, le tempistiche collegate all’accesso di un medicinale a carico del Ssn originano da altre informazioni che hanno a che fare con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il successivo recepimento di questi atti a livello regionale, ecc.

Quindi in un’accezione più ampia i nostri dati non indicano una riduzione del tempo all’accesso, ovvero il tempo che divide il check amministrativo e la data della pubblicazione in GU, ovvero del recepimento da parte delle regioni. Questo è un processo che ha bisogno di tempo per essere messo in atto. Ma i dati preliminari che abbiamo pubblicato sono di buon auspicio».



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