Traffico di rifiuti: sequestrato impianto a Onano, arrestato l’amministratore

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Traffico illecito di rifiuti, sequestrato impianto a Onano e arrestato il suo amministratore. Nove, in totale, le ordinanze di custodia cautelare eseguite dai carabinieri in tredici province, tra cui quella di Viterbo. I reati, contestati a vario titolo, sono associazione a delinquere, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, impedimento al controllo e gestione illecita di rifiuti.

Il ruolo della Eko e del suo amministratore Claudio Botticelli

Al centro dell’indagine dei militari del nucleo operativo ecologico, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, l’impresa Eko di Onano. Gli indagati, “mediante la predisposizione di mendace autorizzazione ambientale che attestava, in capo alla Eko, la disponibilità di un impianto autorizzato al trattamento dei rifiuti nonché per il tramite dell’utilizzo di formulari recanti indicazioni mendaci in ordine al luogo di conferimento per il successivo recupero, effettuavano molteplici operazioni illecite di movimentazione di ingenti quantità di rifiuti industriali, provenienti da Puglia e Campania e dirette per l’illecito smaltimento nella stessa Puglia, Calabria, Campania e Basilicata, che venivano smaltiti o previo sversamento sul suolo o abbandonati all’interno di capannoni in disuso”.

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L’amministratore della Eko è Claudio Botticelli, 66enne di Albano Laziale. Gli inquirenti lo descrivono così: “Amministratore unico della società Eko, titolare di impianto utilizzato falsamente, per mezzo di mendace autorizzazione ambientale, come destinatario di rifiuti di fatto smaltiti illecitamente in siti non autorizzati”. Secondo l’accusa, inoltre, sarebbe “risultato essere falsamente destinatario di 3mila 339 tonnellate di rifiuti, di fatto, tutti illecitamente smaltiti in siti non autorizzati con il ruolo di organizzatore”.

Le indagini

Le indagini, lunghe e complesse, sono iniziate a giugno 2023 e sono durate diversi mesi, interessando diverse regioni. Grazie anche a intercettazioni, videoriprese e pedinamenti, sarebbero emerse una “serie di condotte illecite”. L’attività “ha consentito di accertare a carico indagati, che si associavano tra di loro, plurime attività organizzate finalizzate al traffico illecito di rifiuti. Mediante la predisposizione di mendace autorizzazione ambientale che attestava, in capo all’impresa Eko di Onano, la disponibilità di un impianto autorizzato al trattamento dei rifiuti nonché per il tramite dell’utilizzo di formulari recanti indicazioni mendaci in ordine al luogo di conferimento per il successivo recupero, effettuavano molteplici operazioni illecite di movimentazione di ingenti quantità di rifiuti industriali”. Rifiuti “provenienti da Puglia e Campania e diretti per l’illecito smaltimento nella stessa Puglia, Calabria, Campania e Basilicata (in località nelle province di Taranto, Cosenza, Avellino e Matera), che venivano smaltiti o previo sversamento sul suolo o abbandonati all’interno di capannoni in disuso”.

L’illecita filiera del commercio di rifiuti

Analizzando le modalità degli sversamenti, gli investigatori focalizzando la loro attenzione su quella che definiscono “una ben strutturata organizzazione criminale, dedita allo smaltimento di rifiuti speciali di origine campana”. I rifiuti speciali venivano organizzati in balle reggiate, composte prevalentemente da scarti provenienti dal trattamento dei rifiuti speciali/industriali e frazione indifferenziata di Rsu, nonché scarti tessili. Dopo essere stati raccolti e trasportati, invece di essere conferiti in siti di smaltimento e/o di recupero autorizzati, dopo essere stati prelevati dai luoghi di produzione, sarebbero stati “trasportati e smaltiti abusivamente in terreni ovvero in capannoni abbandonati, così realizzando una vera e propria filiera del commercio illecito di rifiuti che ricomprendeva la fase di consegna, ricezione nonché intermediazione, trasporto e smaltimento abusivo”. Il tutto “al fine di conseguire un ingiusto profitto, rappresentato dal risparmio di spesa, derivante dalla mancata attivazione delle corrette procedure di gestione dei rifiuti prescritte dalla legge”.

Durante le indagini sono stati analizzati anche i meccanismi dei traffici. “Realizzati – riportano gli investigatori – secondo procedure collaudate, fondate sulla classificazione fittizia dei rifiuti da parte degli impianti di produzione, con redazione di falsa documentazione indicante siti di destino inesistenti, che consentisse di giustificare il trasporto dei rifiuti e il successivo illecito abbandono in siti abusivi, di volta in volta individuati. La vicinanza con la Campania, principale area di provenienza dei rifiuti, e la vastità e l’orografia del territorio pugliese hanno contribuito notevolmente al perpetrarsi dei traffici illeciti”.

Il traffico illecito si sarebbe fermato a Villapiana e Cassano allo Ionio (Cosenza), Ferrandina (Matera) e Pulsano (Taranto), dove gli investigatori hanno individuato i siti di abbandono degli ingenti quantitativi di rifiuti. Le aree interessate, alcune di particolare pregio naturalistico, affacciate su strade comunali e provinciali a ridosso delle aree rurali più isolate, sarebbero diventate autentiche discariche abusive a cielo aperto, dove i rifiuti, una volta scaricati, in alcune circostanze sarebbero stati dati alle fiamme, rendendo l’aria irrespirabile.

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Profitto di un milione di euro

Gli indagati avrebbero avuto dall’attività un profitto di circa un milione di euro, somma di cui è stato disposto il sequestro per equivalente. Nel corso dell’operazione sono state sequestrate anche tre società di trattamento/recupero rifiuti: a Onano, Giugliano (Napoli) e San Martino Valle Caudina (Avellino). Sigilli anche a tre capannoni industriali a Pulsano (Taranto) e Cassano allo Ionio (Cosenza), a due terreni agricoli in Villapiana (Cosenza) e a 25 automezzi (rimorchio e motrice).

In nove sono finiti agli arresti domiciliari: autisti, organizzatori dei trasporti, intermediari e gestori formali e di fatto delle società responsabili. “L’applicazione della misura cautelare per gli indagati è finalizzata a impedire il reiterarsi dell’attività criminale, attraverso ulteriori illeciti abbandoni di rifiuti e ad evitare l’alterazione delle fonti di prova attraverso la predisposizione di documentazione volta a dimostrare il preteso regolare smaltimento dei rifiuti”. Altre 34 persone sono indagate a piede libero.



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