La professione infermieristica nella transizione digitale, FNOPI a “Health for dreamers” #adessonews

Con Health for Dreamers – l’anteprima del Festival del Digitale Popolare in corso a Torino – TrendSanità ha portato in piazza San Carlo le eccellenze dell’innovazione e del mondo della sanità. Talk visionari e laboratori aperti a tutti per capire come Intelligenza Artificiale, Realtà Virtuale, Big Data e molto altro possano (e debbano) contribuire a una sanità in continuo miglioramento.

Per la FNOPI, ha partecipato il consigliere nazionale Pietro Giurdanella, con uno speech sul tema “La professione infermieristica nella transizione digitale”, di cui riportiamo il testo di seguito.

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In che modo l’Intelligenza Artificiale e, più in generale, la trasformazione digitale modificheranno l’evoluzione delle professioni sanitarie e del mercato del lavoro?
Questa è la domanda che appassiona gli studiosi e anima il confronto.
A 60 anni esatti dalla pubblicazione del celebre saggio di Umberto Eco, siamo ancora a dividerci tra Apocalittici e Integrati.
Cambiano i media e le tecnologie di riferimento, ma non cambia l’approccio di analisi.
Prima di tutto, lo scenario di riferimento.
Si passa da un tiepido livello 1, caratterizzato da una prestazione digitale che non potrà competere con l’umano intelletto, ad un livello 10 nel quale si ipotizza un mondo popolato da androidi, dove le persone saranno relegate ai margini dell’impero.
Durante questi animati dibattiti a cui spesso partecipo, in rappresentanza dell’Ordine nazionale degli Infermieri, penso spesso ai falciatori di Tolstoj, ben descritti nel celebre romanzo Anna Karenina, piegati per giorni interni a mietere erba in campi sterminati, sotto la pioggia o il sole cocente.

Questi contadini non hanno battuto le macchine, né si può dire che la mietitrebbia abbia sostituito loro.
E’ successo semplicemente ciò che si ripete dalla scoperta del fuoco in avanti: l’evoluzione del sapere e delle tecnologie ci accompagna fin dalla notte dei tempi, migliorando la qualità della vita e il lavoro di ciascuno di noi.
A patto di saperla governare e comprendere, questa evoluzione.

L’applicazione delle tecnologie digitali a supporto dell’innovazione del sistema sanitario, per rendere più efficienti i servizi erogati in prossimità, rappresenta senza dubbio un fattore determinante per la sostenibilità in una fase di profonda transizione demografica, epidemiologica e sociale del nostro Paese.

Come FNOPI abbiamo lavorato, in questi anni, a un position statement sull’argomento.

Riteniamo che il processo evolutivo in atto debba essere accolto positivamente, purché si realizzi una crescita armonica e sinergica di tutti gli attori coinvolti nel processo di trasformazione digitale.

E’ necessario assicurare l’introduzione dei nuovi processi, mediati e supportati da tecnologie digitali, in maniera ordinata all’interno dei processi organizzativi esistenti, adeguando le normative di riferimento, puntando su nuovi profili di competenze e di responsabilità dei professionisti, valorizzando l’apporto dell’equipe di cura, lavorando per mitigare gli effetti deleteri del digital divide come impegno verso la costruzione di sistemi digitali inclusivi che garantiscano usabilità e multicanalità integrata, garantendo ai Professionisti Sanitari le digital skills e le digital e-Health skills, attraverso percorsi di formazione continua obbligatori ed incentivati.

La forza trasformativa in atto avrà un impatto rilevante sulle Professioni Sanitarie, sui Cittadini e più in generale su tutto il Sistema Salute. Si gioca tutto sull’equilibrio tra queste tre dimensioni. FNOPI ritiene che la Sanità Digitale sia, a certe condizioni, un’occasione per la tutela della salute nel Paese, cui le professioni infermieristiche possono dare un importante contributo ed essere a loro volta valorizzate.

La diffusione di servizi digitali e la spinta al digitale e ai sistemi on-line rischiano di aprire, almeno nel breve e medio periodo, un nuovo divario, escludendo molti cittadini che presentano diverse forme di fragilità (deficit sensoriali, di reddito, di istruzione, di connettività, di lingua, ecc.).

Se la presa in carico della persona avviene a casa o in prossimità, essa è un tutt’uno con una realtà più complessa fatta della casa dove la persona abita, dell’ambiente che la circonda, del contesto delle relazioni familiari, dei cibi che ha a disposizione, dell’aria che respira, dei desideri e delle speranze che la animano. È una visione olistica dell’assistenza che porta la malattia dentro la vita e non pretende di gestirla dal letto di ospedale. Ed è un ripensamento non di facciata, che supera la visione burocratica e geografica delle ripartizioni territoriali e che richiede istituzioni aperte e flessibili che organizzino risposte intersettoriali ai bisogni di salute. Questa visione va letta come un requisito, dove i luoghi lo consentono, come le città, o come una metafora, dove i luoghi non lo consento, come le aree interne.

In tutti i casi il criterio di prossimità è centrale.

Nel nuovo paradigma, l’ultimo miglio rappresenta il luogo di coinvolgimento attivo delle persone assistite e dei loro caregiver, anche grazie all’utilizzo di dispositivi per l’auto monitoraggio e l’archiviazione dei dati sanitari, nonché l’impiego di dispositivi per la tele-assistenza, gestita dall’infermiere di famiglia e di comunità in rete con tutti i professionisti socio-sanitari che compongono l’equipe multidisciplinare.

Agli Infermieri di Famiglia e Comunità, in questo nuovo scenario, viene richiesto di combinare alle conoscenze cliniche, inedite competenze tecnologiche, organizzative (per coordinare la risposta ai bisogni assistenziali) ed educative (per favorire l’empowerment delle persone assistite e dei caregiver).

Come vedete, dunque, la nostra non è una presa di posizione o una sterile rivendicazione: le professioni infermieristiche, proprio per il loro indissolubile legame ai concetti di relazione, presa in carico, comunicazione… sono e restano quelle attorno alle quali far ruotare questo nuovo concetto di assistenza digitale: la tecnologia aggiunge valore se consente l’erogazione di nuovi servizi, più sostenibili, più personalizzati, capaci di rilevare bisogni di salute oggi poco o per nulla presidiati.

Se venisse usata per trasformare in digitale percorsi e processi che oggi sono analogici, sarebbe uno spreco. Uno spreco che il nostro Paese non potrebbe permettersi.

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