L’omaggio alla geniale follia di Enzo Jannacci si estende a uno dei più prolifici periodi della comicità, quello del Derby, troppo spesso ingiustamente relegato a un’ironia troppo milanese e che invece ha fatto da apripista a un modo di fare ridere che tuttora riscuote un grande successo.
Così, dopo gli ottimi risultati dell’anno scorso con “Ci vuole orecchio”, Elio torna in Puglia – il 10 febbraio sarà al Teatro Verdi di San Severo, l’11 al Petruzzelli di Bari, il 12 all’Orfeo di Taranto, con una scommessa altrettanto affascinante: “Quando un musicista ride” (guarda caso, ancora il titolo di un brano di Jannacci, Sanremo 1998), con la regia di Giorgio Gallione. Si gioca con la musica, si ride a crepapelle e si riscopre quella genialità un po’ matta che solo artisti come Dario Fo, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Cochi e Renato (e una lista infinita di altri) sapevano tirar fuori. Lo spettacolo cita quegli anni in cui cantare una canzone scanzonata poteva essere più rivoluzionario di mille comizi, e loro, con una risata e una strimpellata, ti facevano riflettere senza nemmeno volerlo. Con Elio, “una squadra” di valenti musicisti: Alberto Tafuri al pianoforte, Martino Malacrida alla batteria, Pietro Martinelli al basso e contrabbasso, Matteo Zecchi al sassofono e Giulio Tullio al trombone.
Elio, come nasce l’idea di questo nuovo omaggio alla comicità?
«Lo spettacolo di Jannacci rispondeva a una mia esigenza, avevo voglia di interpretare un artista che era stato per me un grande punto di riferimento. Non era mai stato per il grande pubblico, bensì più per intenditori, e poi ero legato affettivamente a lui perché il mio papà andava in classe con lui, e quindi sin da piccolo avevo tutti i suoi dischi in casa. Non avevamo grandi aspettative, invece si è rivelato un successo durato tre anni, e che sono certo andrà avanti anche in futuro. Con Gallione abbiamo così pensato a uno spettacolo nuovo, allargando il cerchio intorno a Jannacci, quindi Fo, Gaber, Cochi e Renato».
Un umorismo unico, originale, all’avanguardia in alcuni casi almeno vent’anni avanti.
«Sicuramente riconoscibile, caratterizzato da una vena di assoluta follia. Parliamo di un repertorio anche di 50 anni fa, ed è straordinario che l’effetto che fa sul pubblico. A me piace la provocazione, e la proposta di questo materiale avanguardistico mi fa chiedere: siamo andati avanti di 50 anni, o rispetto ad allora siamo invece andati indietro?».
E quale risposta si è dato?
«Non ho dubbi: siamo ritornati indietro, purtroppo. Io sono degli anni Sessanta, noi siamo cresciuti in quel terreno culturale lì, i ragazzi di oggi restano sbigottiti».
Punta anche a sfatare il mito di una comicità che veniva considerata “troppo milanese”?
«È innegabile che quello fosse un tipico umorismo settentrionale, ma detto questo se prendiamo per esempio le canzoni di Jannacci e gli togliamo l’accento, si scopre che lui ha raccontato storie in cui tutti si possono riconoscere. È per questo che anche nel precedente spettacolo ho incontrato tantissimi fan di Jannacci anche al Sud».
Emerge anche il piacere dei comici di ritrovarsi allora, per partorire quel “cazzeggio intelligente”.
«Beh, certamente i personaggi del Derby erano quelli che si incontravano in piena notte, c’era una grande voglia di inventare. In quel “cazzeggio” c’era qualità, e colpisce soprattutto quel senso di libertà che invece faccio fatica a individuare oggi. E lo dico, si badi bene, sottolineando che questo spettacolo non abbia alcunché di “nostalgico”, è solo un’osservazione su quanto sia facile perdere la libertà creativa, e quanto sia necessario reimpossessarsene. Penso ai social: lì appena osa, viene subito processato e condannato dal tribunale virtuale».
E i social oggi vengono utilizzati dai comici per esibirsi. Ma non è che così si perde il riscontro del confronto diretto con il pubblico che solo il teatro può dare?
«Certamente. Negli anni ‘60 ti gettavano nella fossa dei leoni dei più piccoli teatrini, dell’avanspettacolo, e solo se eri davvero bravo venivi fuori. Con il web non c’è nulla di tutto questo, il contatto con il pubblico è irripetibile e necessario per chi vuole fare quest’attività».
Nota a margine per i suoi fan: quando tornerà con Cordialmente assieme alle Storie Tese su Radio Deejay?
«Ma questo rientra nel piano diabolico di Linus per allontanarci dalla radio senza farsene accorgere (ride, ndr). No, scherzi a parte, con lui abbiamo un rapporto di grande amicizia, adoriamo fare la radio, e non è detto che in realtà non la faremo ancora».
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