Cosenza, la sanità ferma nel piazzale dell’Annunziata

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Ammalarsi costa troppo qui da noi e la Calabria ha già speso tutto per la sua sanità. Per oltre trent’anni il sistema salute è stato l’albero della cuccagna della politica. E col passare del tempo il debito è cresciuto a dismisura tanto da non essere più in grado di quantificarlo con precisione. C’è voluto il commissario-governatore Roberto Occhiuto per circoscrivere compiutamente quel buco nero che, per troppo tempo, e senza alcun controllo, ha inghiottito denari e speranze. E ora, Occhiuto sta provando a rimettere ordine tra i tanti problemi sparsi come il seme buono in ogni settore della sanità. Dagli ospedali ridotti alla canna del gas e senza personale al sistema di emergenza urgenza che continua a vivere di alti e bassi. Le prime linee degli ospedali soffocano, dappertutto, e in tutta Italia. Ma l’emergenza del Paese qui diventa un’altra cosa. In Calabria tutto ha un sapore di solitudine e di resa, di sofferenza e di lotta, di dolore per la malattia e di fuga per inseguire cure e speranza di guarigione. Ma nei Pronto soccorso, di questi tempi, i viaggi possono anche essere quelli da un ospedale all’altro, in attesa di trovare un ricovero, una barella libera in un corridoio gelido, tra una riforma e un nuovo riordino della rete sanitaria.

In prima linea

Servono nuove strutture, serve altro personale. Il progetto del nuovo ospedale di Cosenza si accende e si spegne come un luna park (anche se adesso sembra viaggiare verso la destinazione finale di Arcavacata). In questi ultimi anni, però, la luce del nuovo Hub ha finito per coprire quel bagliore rosso della spia che segnala il quotidiano sovraffollamento dei Pronto soccorso. Non c’è mai posto negli ospedali, tutte le aree mediche sono occupate. Un allarme inascoltato all’interno di un sistema “tritacarne” che concepisce il paziente critico come una sorta di fantoccio inanimato, un numero, un pacco trasportato da una struttura all’altra perché, nella migliore delle eventualità, venga “preso in carico” altrove. E così i viaggi spesso terminano nel piazzale dell’“Annunziata” dove capita spesso che le ambulanze restino in coda con pazienti da scaricare perché nella prima linea le barelle sono tutte occupate. Lunedì sera ce n’erano una decina ad aspettare. E di tratta di mezzi che spariscono dalla mappa delle disponibilità del pronto intervento, con chiamate di soccorso girate, inevitabilmente, ad altre Pet sul territorio e inevitabili ripercussioni sulle capacità di risposta entro i tempi di allarme target previsti dai lea per l’emergenza-urgenza.

Organizzazione

Ma perché i mezzi di soccorso (avanzato e non) arrivano tutti a Cosenza? È una specie di risiko. Il peccato originale dell’assedio al Pronto soccorso è la mancanza dei filtri del territorio. Dagli Spoke inviano pazienti per consulenze di secondo livello. E, arrivano pure i malati critici, in codice rosso o gialli. Tutti all’Hub con le ambulanze d’istituto del 118 che hanno, per missione, il dovere di portare il paziente nel punto più utile per la patologia da trattare. Ma tutte le malattie (o quasi), inevitabilmente, portano all’Annunziata perché ci sono ospedali Spoke con piante organiche appassite e reparti chiusi o senza posti letto. Nella prima linea dell’Hub convergono, pure, le ambulanze delle croci private che, per legge, devono portare il paziente nel primo e più vicino ospedale. Siccome la maggior parte degli interventi è nel perimetro dell’area urbana, è inevitabile che i mezzi raggiungano l’ospedale civile, nonostante, spesso, si tratti di codici bianchi o azzurri. Un iperafflusso che è aggravato dagli accessi individuali. Sono sciami di umanità che, da ogni angolo di questa sterminata provincia, si ammassano nella bolgia dell’“Annunziata” e restano lì in attesa d’un responso. Aspettano ore anche solo per un raffreddore o per un controllo della pressione. Accessi impropri, li definisce la letteratura sanitaria. Ma sono ingressi che generano caos. La colpa non può essere certo di chi lavora in un reparto di emergenza-urgenza ridotto ad accampamento. In quelle stanze, con i pazienti, ci sono da gestire le pericolose intemperanze dei parenti che, spesso, trasformano quelle stanze di sofferenza in covi di rabbia.

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Record accessi

In questi ultimi giorni si sono raggiunte punte di 200 accessi al giorno. Ieri mattina se ne contavano un’ottantina. Tra questi 25 pazienti chirurgici e altri 14 di medicina. Il resto lo fa la carenza di posti in reparto, in tutti i reparti, di tutti gli ospedali. Il nuovo primario, Roberto Ricchio, è un medico esperto al quale Cosenza e la sua provincia chiedono un prodigio: restituire la normalità a un reparto che da anni è ridotto a un girone infernale.



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