L’attivista libico Husam El Gomati è stato preso di mira dal software israeliano di sorveglianza di Paragon Solutions. El Gomati ritiene che dietro all’attacco ci siano i servizi segreti italiani. La causa sarebbe il suo lavoro di denuncia della corruzione in Libia e del coinvolgimento italiano.
Husam El Gomati è un attivista libico che vive in Svezia e che da anni denuncia attraverso le piattaforme social la corruzione, le violazioni dei diritti umani e molti altri illeciti che avvengono nel suo Paese. Ma negli ultimi giorni è noto soprattutto per essere uno dei 90 bersagli del software di sorveglianza “zero click” Graphite, prodotto dalla Paragon Solutions, la società israeliana che ha preso di mira anche il direttore di Fanpage.it, Francesco Cancellato.
Tramite l’installazione di questo software l’ente governativo che ha commissionato alla società Paragon l’attacco ai dispositivi è riuscito a mettere le mani non solo sulle conversazioni intrattenute su chat criptate dagli obbiettivi dell’attacco, ma anche su dati, documenti, e informazioni contenute nei telefoni. Su questa vicenda ancora tutta da chiarire, e su cui il governo ha già negato il suo coinvolgimento, El Gomati, intervistato da Fanpage.it, ha tratto invece le sue conclusioni: “Sappiamo con certezza che ci sono 90 persone in tutto il mondo i cui telefoni sono stati intercettati e che almeno quattro di questi sono giornalisti o attivisti la cui storia è legata all’Italia in un modo o nell’altro. Non posso sapere con certezza chi sia stato, non ne ho le prove, si tratta solo di un’ipotesi basata su quello che è accaduto, ma se penso alla cronologia della mia vicenda penso che si adatti perfettamente alla narrativa secondo cui i servizi segreti italiani siano dietro a tutto questo.”
D: Per quale motivo pensa di essere stato preso di mira?
R: “Sono un imprenditore di 37 anni. Dopo l’uscita dalla mia azienda, mi sono concentrato a tempo pieno sull’attivismo in Libia, parlando di corruzione, pubblicando notizie su base giornaliera. Sono tra le persone che pubblicano materiale su un canale Telegram, è un movimento fatto da giovani e patrioti che lavorano in tutti gli organi governativi della Libia. È come una copia molto economica di WikiLeaks, diciamo così [ride, ndr]. In questo modo ho potuto assistere quotidianamente a fughe di notizie da ogni tipo di settore, dal governo alla sicurezza. Abbiamo mostrato in dettaglio la corruzione nel settore petrolifero, e abbiamo spiegato, con l’aiuto di ingegneri e altri esperti del settore, come venivano sfruttate le ricchezze libiche. Abbiamo pubblicato immagini che vengono da fonti della polizia stessa sui crimini commessi dalle milizie e sono immagini molto, molto crude di massacri che non vengono indagati perché gli individui che li hanno commessi sono i capi delle milizie e gli organi di controllo.”
D: E in che modo queste cose hanno a che fare con l’Italia?
R: “L’Italia ha un interesse enorme in Libia. Riguardo alle politiche migratorie che gli italiani hanno provato a fare in Libia, che è come se avessero cercato di trattare direttamente con le milizie, non con il governo. Sperano che quelle milizie fermino la “loro” ondata migratoria. Una delle storie che ho pubblicato riguarda l’uccisione a sangue freddo di 17 persone. L’individuo responsabile di questo crimine è stato diverse volte in visita in Italia. Ci sono centinaia di foto che lo ritraggono in Italia.”
D: I media italiani stanno collegando la presenza dello spyware sul suo telefono con il caso Almasri. A che livello pensa che ci sia questa correlazione?
R: “No, non credo che ci sia un collegamento diretto con Almasri. Il caso Almasri è durato solo un paio di settimane, mentre questa situazione va avanti da più tempo. Quindi non credo che il fatto di essermi occupato di Almasri sia stato il motivo scatenante. Ma naturalmente è evidente che c’è un continuo interesse a spiarmi.”
D: In che periodo sospetta che abbiano iniziato a prenderla di mira?
R: “Il dispositivo infetto l’ho acquistato a novembre. Quindi c’è un lungo periodo di tempo in cui credo di essere stato infettato: stando a quanto dice Whatsapp, fino a dicembre. Si tratta di quasi due mesi di attività.”
D: Molte settimane prima del caso politico che riguarda Almasri.
R: “Esattamente.“
Il 31 gennaio scorso, dopo aver ricevuto un avviso da parte di Meta riguardo all’attacco subito dal suo dispositivo, Husam El Gomati si è fatto avanti su X, per denunciare di essere anche lui tra i soggetti colpiti dallo spyware. Qualche ora prima, lo stesso giorno, l’attivista viene citato per la prima volta in assoluto sulla stampa italiana in un articolo de Il Giornale, in cui viene presentato come un rifugiato responsabile di un leak di documenti che svelavano l’identità di quattro membri dei servizi segreti italiani, oltre che della diffusione di documenti creati ad arte dalla frangia dei servizi segreti libici che si oppongono alle relazioni con l’Italia.
D: Sulla stampa italiana lei è stato raffigurato come un rifugiato.
R: “Non sono un rifugiato. Mi sono trasferito in Svezia circa dieci anni fa. Avevo un’azienda, dopo essere uscito dalla mia azienda ho iniziato la attività di attivista in Libia a tempo pieno, nel 2021.”
D: Sul Giornale viene scritto che lei ha rivelato le identità di quattro membri dei servizi segreti italiani.
R: “No, io ho pubblicato il passaporto di un solo individuo, il 25 gennaio. E ho altri quattro passaporti. Ho condiviso questi passaporti con delle persone che so essere collegate con gli italiani per verificarli, ma non li ho pubblicati.”
D: Nell’articolo l’hanno anche accusata di avere una relazione particolare con il miliardario libico Isma’il al-Shtawy e di avere avuto un ruolo nello smistamento in Europa dei feriti libici della rivolta anti-Gheddafi tra il 2012 e il 2013.
R: “Il fatto che io sia coinvolto, come si dice, nella questione dei feriti è falso. Non ho mai lavorato in qualsiasi altra cosa legata a questo ambito nel 2012 o nella mia vita. Con Isma’il al-Shtawy non ho nessun rapporto speciale. È la prima volta che mi viene detta questa cosa. L’ho intervistato una volta sulla piattaforma Clubhouse, e per altro ero contro di lui. Ma l’episodio è disponibile anche su Youtube.”
D: C’è qualcosa che vuole aggiungere dopo tutta questa vicenda?
R: “Sì, questa è però una mia opinione: tanti italiani sono contro il fenomeno migratorio, ma quello che la Meloni sta cercando di fare e che stanno facendo in questo momento non aiuta. Avere a che fare con i criminali, gli assassini, in Libia, non aiuterà a fermare l’ondata. In realtà, credo di poter fornire alcuni numeri che dimostrano il contrario. Quelle persone stanno ricevendo i soldi e costruiranno infrastrutture più complesse per aumentare il traffico degli esseri umani. In un modo o nell’altro l’Italia è coinvolta nelle violazioni dei diritti umani.”
a cura di Luigi Scarano e Selena Frasson
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