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Il 110% fa record ma a cifre basse #adessonews

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In Veneto il maggior numero di pratiche per Superbonus 110% d’Italia, ma spesa media per edificio tra le più basse. Lo dice l’ultimo report della Cgia di Mestre, sui dati ufficiali aggiornati al 31 agosto scorso. Sono ben 59.652 le asseverazioni depositate nella nostra Regione, il 5,6% rispetto al numero di edifici esistenti. L’incidenza più alta, a fronte di una media del 4,1% a livello nazionale che si traduce in un 5,4% a Nordest e in un 4,5% a Nordovest (e che scenda al 4,9% al Centro e al 2,9% nel Mezzogiorno). In tutto, gli oneri a carico dello stato per le detrazioni maturate per i lavori conclusi, nel solo Veneto ammontano a 11,6 miliardi di euro, che si traducono però in 194mila euro per unità immobiliare, contro i 247mila euro della media nazionale: il 21% in meno.

Un valore lontanissimo dai 401mila euro della Valle d’Aosta (prima in questa speciale classifica), e i 299mila euro della Basilicata (seconda) seguita (con 298mila euro per edificio) della Liguria. Sotto quota 200mila euro medi a pratica soltanto il Veneto, appunto, la Sardegna (187mila euro) e la Toscana (182mila euro).

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Gli oneri complessivi a carico dello Stato per le detrazioni maturate in Veneto hanno raggiunto complessivamente gli 11,6 miliardi di euro (pari al 9,5% della spesa totale). In particolare, 5,55 miliardi di euro riguardano i 10.321 condomini che hanno presentato istanza per accedere al bonus; altri 3 miliardi di euro riguardano le 27.182 case singole, mentre oltre due miliardi di euro sono appannaggio di 22.149 unità immobiliari funzionalmente indipendenti.

“In linea generale – commentano dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre – possiamo affermare che i proprietari di immobili in Veneto sono stati i più solerti a utilizzare questo bonus, anche se il valore economico medio degli interventi portati a detrazione è stato tra i più contenuti del Paese. In un momento così delicato, dove con la prossima legge di bilancio verranno chiesti sacrifici a tutti, aver speso oltre 6 punti di Pil per efficientare uno sparuto numero di abitazioni, fa arrabbiare chiunque abbia un minimo di buon senso”.

In linea generale, con il Superbonus 110%, lo Stato ha speso “una cifra spaventosa pari a 123 miliardi efficientando una quota infinitesima di alloggi presenti nel Paese. Non solo, stando alle prime indiscrezioni, sembrerebbe aver favorito maggiormente i proprietari di immobili con una buona-elevata capacità di reddito, anziché rivolgersi in via prioritaria alle famiglie meno abbienti che, in linea di massima, presentano una probabilità maggiore di risiedere in abitazioni in cattivo stato di conservazione e con un livello di efficienza energetica molto basso”.

Il tutto, tra l’altro, senza che ci sia unanimità nel ritenere che il bonus contribuirà davvero ad abbattere le emissioni di inquinanti in misura importante. Ancorché non ci siano valutazioni scientifiche rigorose sotto il profilo ambientale, l’abbattimento di Co2 sarebbe molto contenuto. “Secondo la Banca d’Italia – la critica della Cgia – le prime evidenze dimostrerebbero che nello scenario migliore i benefici ambientali del Superbonus compenserebbero i costi finanziari sostenuti in quasi 40 anni. Non solo, ci sono alcuni esperti internazionali che sostengono che la riduzione delle emissioni ottenuta con l’applicazione del Superbonus poteva essere maggiore, se si fosse incentivata l’elettrificazione dei sistemi di riscaldamento degli ambienti, la cottura di cibi e la produzione di acqua sanitaria. Insomma, in alternativa al gas-metano, sarebbe consigliabile utilizzare vettori elettrici (come le pompe di calore e le piastre a induzione), che sono significativamente più efficienti delle tecnologie che impiegano fonti fossili”.

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Per la Cgia, “chi politicamente ha voluto e continua a difendere questo provvedimento, sostiene che non si debba guardare solo alla spesa che lo Stato si è fatto carico fino ad ora, ma anche agli effetti economici positivi che esso ha generato. Vale a dire più gettito (Irpef, Ires, Iva, eccetera), più occupazione, più Pil, più risparmio energetico e meno emissioni di inquinanti. E’ un’obiezione legittima che, tuttavia, è facilmente confutabile dalla tesi sostenuta da tempo dalla Cgia: se invece di ricorrere al Superbonus per incentivare quasi esclusivamente gli interventi di edilizia privata ci fossimo avvalsi di questa misura per demolire e ricostruire solo gli edifici residenziali pubblici, le conseguenze appena richiamate dai ‘sostenitori’ del 110% sarebbero state praticamente le stesse. Con 123 miliardi di euro avremmo teoricamente potuto costruire 1,2 milioni di alloggi pubblici, 400mila in più di quanti sono presenti nel Paese. Con una differenza sostanziale: nel secondo caso avremmo compiuto un’azione di giustizia sociale che la misura attualmente in vigore ha paurosamente disatteso”.





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