Lo sport potrebbe insegnare la bellezza di ogni persona su questa terra

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Hai mai pensato che si possa stare meglio al mondo praticando dello sport? E anche migliorarlo insieme agli altri? Quando ero ragazzino a scuola mi avevano insegnato il contrario. Avevo un professore di educazione fisica che mi bacchettava ogni volta che andavo in palestra perché ero il contrario dell’agilità quando salivo sugli attrezzi e mi prendeva in giro perché a calcio non ero capace di fare rimbalzare il pallone sul mio piede.

Ogni volta che cominciava la sua lezione di educazione fisica mi sentivo un disadattato perché per lui lo sport lo potevano fare soltanto quelli che erano dotati e tutti avrebbero dovuto sapere, tramite i suoi continui rimproveri, chi invece non lo era. Per me la sua lezione era sempre una gogna personale che mi faceva sentire inferiore ai miei compagni. Era quindi totalmente inutile che mi impegnassi per migliorare, perché il mondo si divideva tra i talenti naturali e gli incapaci.

Poi con il tempo, quando ho cominciato a correre alla montagnetta di San Siro, ho scoperto negli anni ‘80 una scuola di vita che non conoscevo. Mi ritrovavo nell’ora di pausa pranzo con un gruppo di persone che correvano attorno all’Ippodromo e sulle balze del Monte Stella. Non importava chi arrivasse prima, anche se ognuno di noi dava sempre il massimo. Contava invece la gioia di stare assieme. Così ho cominciato a partecipare a gare in pista, a maratone di corsa e di sci, e persino ai triathlon.

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Non mi importava il piazzamento, ma la sensazione di essere soddisfatto di avere dato il massimo delle mie possibilità. Trovarsi assieme a migliaia di persone alla partenza della maratona di New York, della Marcialonga, della Vasalopet in Svezia, mi faceva sentire la bellezza di essere parte della moltitudine. In quei momenti sentivo quasi l’amicizia di tutto il genere umano. Poi c’era il colpo di sparo dello starter e il fiume dei partenti si allungava. E quando arrivavo al traguardo stremato, guardavo certamente l’orologio per vedere il mio tempo, ma ero comunque sempre felice di esser arrivato alla fine.

E qualche volta pensavo a quel professore del Berchet che voleva lo sport solo per i migliori. Un giorno mi capitò di intravederlo in un campo sportivo e di vedere una sagoma poco atletica che aveva perso il fisico del bullo, mentre io mi sentivo in perfetta forma. Risi dentro di me e mi trattenni dal dirgli che ero contento di avere fatto il contrario di quanto mi aveva insegnato.

Di questi tipi che vorrebbero che lo sport fosse un mondo che dividesse in vincenti e perdenti e che segnasse la diseguaglianza tra esseri umani ce ne sono tanti. Li ritrovi tra i genitori che fanno fare dello sport ai figli soltanto con l’idea che diventino campioni e magari calciatori di successo e li rimproverano se le loro ambizioni sono frustrate, li vedi nelle gare amatoriali dove ci sono quelli che quando ti superano o ottengono un buon risultato, amano dileggiare con cattiveria chi è arrivato dietro di loro. Leggi i loro articoli nei giornali sportivi, dove molti giornalisti parlano solo del vincente, pronti poi a scaricarlo in modo impietoso quando una gara o una partita vanno male, e mai invece danno importanza ai valori etici dello sport. Per loro un campione non è mai un atleta che si deve comportare come un uomo, ma solo un atleta che deve arrivare prima dell’altro ad ogni costo con tutti i mezzi.

Lo sport, come del resto la vita, è una forma di agonismo dove ogni persona ha la possibilità con la sua volontà di realizzare il suo talento, ma è un agonismo che deve valere per tutti, dove ogni essere umano può avere la possibilità di competere e per questo ognuno deve essere amato per il coraggio che dimostra quando si mette in gioco. Nello sport di oggi sono presenti due filosofie contrapposte e certamente non cambieranno negli anni, ma ogni volta i comportamenti in una direzione o in un’altra dipenderanno dalle scelte delle persone. Lo sport è una grande occasione per scoprire gli altri, sentirsi in relazione con il prossimo, lottare contro ogni forma di odio. Non c’è niente di più bello di ritrovarsi in una gara non competitiva come quella che organizza in tutto il mondo ogni sabato Parkrun, una associazione di runner all’avanguardia. Nelle iniziative organizzate da Parkrun si ritrovano giovani e meno giovani, donne e uomini di diversi paesi, religioni e culture. Chi vi partecipa ha la sensazione che siamo tutti cittadini di un solo mondo senza appartenenze.

È questo il vero spirito olimpico che tutti citano, ma che viene spesso dimenticato. Tanti anni fa, nel 2003, ho voluto che il primo Giardino dei Giusti di tutto il mondo fosse realizzato proprio vicino ad un campo sportivo, il 25 aprile, dove si trovavano i giovani alle pendici del Monte Stella di Milano. Per me lo sport permetteva di immaginare la bellezza della persona umana da preservare ovunque. E oggi vedo nello sport un campo importante per difendere dei valori etici ed umani, che purtroppo qualcuno vuole mettere in discussione, affermando la supremazia del proprio ego, della propria nazione, e persino di quella dell’uomo sulla donna o negando chi ha scelto volontariamente il proprio genere.

Essere giusti nello sport, come abbiamo voluto sottolineare nella campagna che lanciamo a Milano in occasione delle Olimpiadi, significa preservare il valore di essere parte di una sola umanità. Per questo, pensando al ragazzino che si sentiva frustrato dal suo professore di educazione fisica che amava solo i bulli mi appello a tutte le associazioni sportive e alle scuole di Milano affinché possano dedicare una gara o un avvenimento sportivo a questi valori. Se ci riusciremo, come sportivi che amano l’amicizia nello sport, ognuno di noi potrà vincere le prossime Olimpiadi nel senso più alto.

Nella foto in copertina un’iniziativa organizzata da Parkrun. Credits: Wikimedia Commons

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