Watt, ritmi, alimentazione: dagli U23 al WorldTour il debutto di Epis

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Il primo impatto con il WorldTour è un momento speciale per ogni giovane ciclista e Giosuè Epis lo ha vissuto in Australia, al Tour Down Under. Il corridore dell’Arkea-B&B Hotels ha affrontato il passaggio dagli under 23 alle corse più importanti del calendario internazionale, tra ritmi elevati, numeri di potenza da interpretare e una gestione dell’alimentazione ancora più accurata.

Tra fughe, wattaggi e sensazioni nuove, Epis ci racconta la sua esperienza nel grande ciclismo. L’ex Zalf è passato dalla devo team alla prima squadra del team bretone. Segno che nel corso del 2024 ha convinto i suoi tecnici al grande salto.

Epis (classe 2002) ha esordito nel WorldTour al Tour Down Under lo scorso gennaio (foto Facebook – Team Arkea)
Epis (classe 2002) ha esordito nel WorldTour al Tour Down Under lo scorso gennaio (foto Facebook – Team Arkea)
Giosuè, debutto nel WorldTour in Australia: come è andata?

Come prima corsa, forse è stata la migliore per iniziare nel WorldTour. Il viaggio in Australia non è semplice, quindi molti corridori preferiscono iniziare la stagione in Europa, rendendo il livello meno stellare rispetto ad altre gare. Il clima era buono, faceva caldo ma non troppo, e le strade australiane non erano pericolose. Anche i percorsi non erano troppo impegnativi, quindi per un giovane che si approccia al WorldTour, il Tour Down Under è una scelta ottimale.

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Che differenze hai notato rispetto alle gare under 23 a livello di potenza e ritmo?

Ho iniziato a rendermi conto del livello generale del gruppo. La principale differenza è che, pur facendo numeri importanti, anche più di 400 watt per tanti minuti, ti giri e in gruppo ci sono ancora 130 corridori e non 30, come accade spesso negli under 23. Il livello medio è alto per tutti, quindi anche spingendo watt importanti, i corridori che restano in gara sono tanti. Questa è una delle difficoltà del WorldTour.

Quali valori hai espresso in corsa rispetto agli allenamenti, magari di questo inverno? Sono stati tanto diversi?

Non è tanto una questione di numeri assoluti, perché in allenamento si possono raggiungere wattaggi simili su sforzi brevi. La differenza sta nel farli più volte durante la gara e con la fatica accumulata. Parliamo di 5 minuti a 6 anche 7 watt per chilo per restare competitivi e non tutti i giorni si riesce a performare al massimo. Sono ancora giovane e devo fare esperienza, ma questi numeri verranno con il tempo.

Epis in fuga nella 4ª tappa, al fianco di Schmid che poi vincerà (foto Getty)
Epis in fuga nella 4ª tappa, al fianco di Schmid che poi vincerà (foto Getty)
Chiaro, poi avverrà anche un adattamento fisiologico…

Sì, già negli allenamenti successivi ho visto che la gamba era diversa. Vuoi o non vuoi, correre nel WorldTour ti cambia il motore. Sei giorni di corsa con il caldo in Australia mi hanno fatto tornare a casa con sensazioni migliori rispetto a quando sono partito. Accumulare esperienza e chilometri in gruppo è fondamentale per crescere.

Hai vissuto una fuga importante: come l’hai gestita?

Venivo da tre giorni complicati perché avevo sbagliato l’approccio alla corsa e avevo faticato molto, soprattutto nella terza tappa. Nella quarta non avevo aspettative, anche perché la sera prima non ero stato bene. In partenza ero tranquillo e ho seguito l’azione di due corridori, anche perché le indicazioni della squadra erano quelle di cercare di andare in fuga. Le gambe giravano e mi sono ritrovato all’attacco. Quando poi Mauro Schmid ha deciso di accelerare, ho fatto fatica, ma è tutta esperienza.

Visto che parliamo di valori, dacci un po’ di numeri della fuga…

Fino ai 90 chilometri dall’arrivo, in salita viaggiavamo tra i 320 e i 330 watt. Poi Schmid ha parlato a tutti noi della fuga e ci ha detto chiaramente che avremmo dovuto accelerare, così ha alzato il ritmo a 370-380 watt in salita, che per me sono valori importanti. E infatti poi da cinque che eravamo, siamo rimasti in quattro. In pianura, quando si tirava, non quando si stava a ruota sia chiaro, non vedevi mai meno di 400 watt, con velocità che si aggiravano intorno ai 50 all’ora.

In effetti sono numeri importanti. E ti hanno colpito queste differenze rispetto agli under 23?

Più che la differenza sulla durata totale della gara, quello che mi è rimasto impresso è quando il gruppo decide di fare la corsa: cambia tutto. Un divario che diventa ancora più ampio dopo quattro o cinque ore di gara. Quando il ritmo si alza e iniziano a spingere 6-7 watt per chilo, se non sei almeno al 95 per cento della condizione non puoi reggere. E quelli sono i wattaggi del ritmo per tutti, non per l’attacco. La vera differenza è qui: la corsa resta sempre tirata e quando arriva l’accelerazione decisiva, bisogna avere gambe fresche per rispondere.

Epis è arrivato all’Arkea (devo) lo scorso anno…
Epis è arrivato all’Arkea (devo) lo scorso anno…
Cambiamo, in parte argomento, come ti sei gestito dal punto di vista alimentare?

In squadra abbiamo persone che si occupano della nostra alimentazione e in Australia l’organizzazione della corsa era ottima. In hotel avevamo pasta, riso, pollo, pesce: si mangiava bene, come in Europa.

E in corsa?

Erano tappe corte, ma intense, e se non ti alimenti bene rischi di andare fuori giri. L’obiettivo era di restare sui 100-110 grammi di carboidrati all’ora.

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E ci sei riuscito bene?

Sì, perché già prima di diventare professionista avevo lavorato su questo aspetto e in squadra mi seguono attentamente. Una cosa che mi sono accorto con le corse a tappe e quest’ultima in particolare, è che l’alimentazione è fondamentale non solo per la gara, ma soprattutto per il recupero. Se non mangi bene, il giorno dopo non recuperi. Hai mal di gambe. E questo vale anche per gli allenamenti. Se fai uno sforzo intenso e non mangi correttamente, il giorno dopo non recuperi al meglio.

Quindi hai sentito differenze nel mangiare bene? Ti sei mai “dimenticato” perché preso dal ritmo?

Come ho detto, ci ero abituato sin dagli under 23, quindi ero abbastanza tranquillo. So che oggi per performare è necessario stare intorno ai 100 grammi di carboidrati all’ora e su quelli mi attesto.

Grandi trenate durante il Down Under e la consapevolezza di essere tornato a casa con qualcosa in più nel motore (foto Getty)
Grandi trenate durante il Down Under e la consapevolezza di essere tornato a casa con qualcosa in più nel motore (foto Getty)
Prima hai parlato di un approccio sbagliato nelle prime tappe. Puoi dirci di più?

Le prime tappe sono state un calvario perché ho sbagliato l’approccio. Io ho bisogno di fare chilometri prima di una gara per “sgolfarmi” e questa volta per vari motivi non l’ho fatto nel modo giusto. Ero troppo scarico. Anche l’adattamento al caldo ha inciso. Inoltre, ho esagerato un po’ con le porzioni di carboidrati nei giorni prima della corsa, presentandomi al via un po’ appesantito. Poi col passare dei giorni ho preso il ritmo.

E invece, Giosuè, cosa ti ha colpito di più a livello umano ed emozionale?

Trovarmi in gruppo con corridori come Geraint Thomas, Alberto Bettiol e molti altri è stato incredibile. Era il sogno di un bambino che si avverava. Osservavo come si muovevano, cosa mangiavano, come affrontavano la gara. Sono tutti ragazzi tranquilli e questo fa capire che a volte i giovani arrivano con troppa ansia e tensione. Se riesci a liberare la mente, vai più forte.

Che bilancio fai di questa esperienza?

Anche se i risultati non sono stati eclatanti, è stata un’esperienza che mi servirà per il futuro. Ho capito come gestire meglio i giorni prima della corsa, l’importanza dell’alimentazione e ho avuto un assaggio del livello del WorldTour. Adesso ho più consapevolezza su dove devo migliorare.





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