i tifosi ti chiedono di non calpestare storia e tradizioni. Chi si fa interprete di passione e cicatrici? Il bilancio non è l’unica cosa che conta. Così il giocattolo rischia di rompersi dopo oltre un secolo

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Cara Juventus,


visto che mi pare che di juventino ti sia rimasto poco, voglio scriverti una lettera aperta per ricordarti che i tifosi, che ti chiedono di non calpestare storia e tradizione nel nome del bilancio e dell’immagine, hanno dentro il loro cuore passione e cicatrici che meritano di essere tenute sempre ben presenti e rispettate. Passione e cicatrici che DEVONO essere patrimonio di chi rappresenta in campo e fuori questa società, altrimenti il giocattolo costruito in più di un secolo rischia di rompersi, perdendo la sua identità.

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Cicatrici, dicevo. Stiamo agli ultimi 40 anni e non scelgo un arco temporale a caso, ma quello che inizia nel 1985. Il 29 maggio di quell’anno è la notte della tragedia dell’Heysel: il sangue di 39 tifosi riempie la coppa “maledetta” in uno stadio scelto dalla Uefa nonostante a contenere l’annunciata ondata di hooligans ci fossero reti da pollaio. Una ferita così non si rimargina mai, neanche nel cuore del fuoriclasse di quella squadra (e personalmente ritengo di questi 40 anni), che infatti l’anno successivo smette prematuramente di giocare: Michel Platini.


Iniziano anni calcisticamente difficili finché sembra che il ritorno alla luce sia prossimo: le coppe (Italia e Uefa) con Dino Zoff alla guida nel 1990, al termine di una stagione iniziata con la tragica morte di Gaetano Scirea. È solo un’illlusione, però, perché nell’estate delle “Notti magiche”, Boniperti e Zoff vengono mandati in soffitta come ferri vecchi, al loro posto il calcio “yuppie” di Maifredi e Montezemolo, che di juventino ha poco o nulla a partire dallo stadio, monumento allo spreco. Naufragio, si torna alla juventinità: riecco Boniperti e Trapattoni. Torna la Coppa Uefa e si mettono le basi per un grande ciclo: la Triade (solida, pragmatica e “cattiva”) con Lippi, poi Ancelotti e Capello.


Piovono titoli: scudetti; Coppe nazionali;  persino lei, la “maledetta” coppa con le orecchie, peccato che a sollevarla non possa esserci anche Andrea Fortunato, portato via a 24 anni da un terribile male. Di Ancelotti resta quello che ad oggi è l’ultimo trofeo europeo, l’Intertoto. Anche in quel periodo non mancano offese e accuse intorno al processo doping, da cui la Juve esce assolta, anche se molti ancora oggi non sanno leggere la sentenza. 


Poi arriva il 2006, con Farsopoli, un’altra cicatrice che non si cancella. Juve azzerata, umiliata, vilipesa senza difese. Anzi, anche a causa di un fronte interno. Con il tempo emerge la verità, ma non interessa a nessuno, basta una prescrizione…Finché resistono i campioni che hanno accettato la serie B, la Juve resta juventina e resiste pur senza vincere. Poi si perde il DNA ed è tracollo calcistico, di prospettive, di dimensioni.

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In versione “Conte di Montecristo” riemerge Andrea Agnelli. In un paio d’anni, passando per un settimo posto, con Marotta (proprio lui) e Conte non solo riporta la Juve nella sua storia con il super record dei 9 scudetti consecutivi, ma realizza Stadium (poteva mancare l’accusa di “acciaio scadente” in Procura?), Continassa, JHotel, Museo, Seconda squadra, JWomen, un patrimonio che ad oggi non ha eguali in Italia ed è tra i più importanti in Europa.


Negli ultimi anni sbaglia anche lui, il bilancio va in sofferenza. Di nuovo il Tribunale (in una Procura che non era competente ad indagare), con i vertici societari azzerati.  Di nuovo la Figc che calpesta ogni parvenza di diritto togliendo ad un bilancio già claudicante i milioni della Champions.


Ed ora eccoci, cara Juventus, ad oggi. Una storia come questa, con passaggi “nella polvere” e “sull’altar” (non cito a caso il 5 maggio…), con grandi gioie e terribili ferite non solo sportive, non si cancella e va tramandata. Per non farla diventare lettera morta serve che in campo e fuori ci sia chi l’ha fatta propria e vissuta. Oggi chi può dirsi in grado di ricoprire questo ruolo? E chi si fa interprete di passione e cicatrici dei tifosi? Non stupitevi se il cuore bianconero sta con Danilo messo alla porta o si sente trafitto dai patti politici con chi ha affossato la società e preso in giro i suoi sostenitori. Attenzione, perché la storia insegna che senza DNA juventino non c’è Juventus. E allora, cara Juventus, prendo in prestito Nanni Moretti: “Fai qualcosa di juventino”. Non è il bilancio l’unica cosa che conta…

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