L’Irpef è diventata l’imposta più evasa, facendo scendere al secondo posto l’Iva. A dirlo è il comandante generale della Guardia di finanza, Andrea De Gennaro, in audizione alla Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria, che ha sottolineato come questa cubi «un ammontare raggiunto nel 2021 di oltre 33 miliardi, ovvero circa il 46% del tax gap tributario complessivo». Nel dettaglio, rispetto al 2017, nel 2021 c’è stata una riduzione di circa un quarto del gap complessivo, per un ammontare di 26 miliardi di euro, quasi interamente determinata dalla riduzione del tax gap relativo alle entrate tributarie (24,6 miliardi di euro). «Oltre il 70% di questa contrazione, pari a circa 17,8 miliardi di euro, è dovuto alla diminuzione del gap Iva che si è dimezzato», ha spiegato la Gdf.
Il motivo?
Secondo De Gennaro questo è dovuto alla messa in campo di misure ad hoc per contrastare l’evasione Iva a partire dal 2017. Si parla di un pacchetto di misure, come l’introduzione dello split payment, diventato operativo nel 2015, la graduale estensione a settori quali l’edilizia e il commercio prodotti petroliferi ed energetici del reverse charge per transazioni tra imprese e l’introduzione della fattura elettronica. Questi sono esempi «di come la digitalizzazione, anche applicata ai meccanismi di funzionamento di un tributo e non solo all’attività ispettiva, abbia potuto incisivamente contribuire al contrasto dell’evasione fiscale».
Bonus: in tre anni 9 miliardi di falsi crediti
Nell’ambito delle attività di contrasto alle frodi, per quanto riguarda i bonus, la Guardia di finanza ha scoperto e sequestrato, negli ultimi 3 anni, circa 9 miliardi di euro di crediti inesistenti: «Si tratta di crediti fiscali falsi che, se non fossero stati sequestrati, sarebbero stati compensati con debiti tributari veri, comportando una perdita di gettito erariale di pari ammontare».
Il problema principale è legato alla natura della cessione dei crediti, visto che da quando è stato introdotto il superbonus, è stata del tutto sconvolta, rendendo facile aggirare le norme (mal scritte) messe in campo. De Gennaro ha infatti ricordato che «i molteplici benefici fiscali introdotti negli ultimi anni in materia edilizia ed energetica, quali i bonus per il ripristino delle facciate, la ristrutturazione, la riqualificazione degli edifici e l’adeguamento sismico del parco edilizio», erano «originariamente cedibili attraverso il cosiddetto sconto in fattura» o la cessione a terzi del credito. Lo scopo, di questi meccanismi, era quello di consentire l’immediata monetizzazione del beneficio, soprattutto durante il periodo del Covid per cercare di far riprendere l’economia. Le attività investigative, tuttavia, avevano «messo in luce sin da subito grandi rischi di frode e di riciclaggio derivanti dalla circolazione illimitata e non adeguatamente presidiata dei bonus». Dinamica che si è trascinata per anni, e alla quale, a partire dal governo Draghi si è cercato di mettere una pezza. La conclusione è stata, poi, trovata dall’attuale ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha limitato sempre di più l’uso del superbonus per cercare di evitare ulteriori danni ai conti dello stato.
Nei giorni scorsi lo stesso commissario europeo agli Affari economici, Paolo Gentiloni, ha spiegato che per quanto riguarda il debito italiano «non c’è dubbio che nel fatto che dopo una riduzione negli anni immediatamente successivi alla pandemia ci sia una stabilizzazione con qualche addirittura rialzo del debito», questo in parte è dovuto «al protrarsi dell’impatto di quello che noi italiani chiamiamo il superbonus. E quindi è abbastanza assodato, che nell’insieme questa misura, che pure aveva delle ragioni comprensibili, è uscita un po’ fuori dal controllo e ha avuto un impatto certamente più negativo che positivo»,
Tutela dei dati
Dopo gli ultimi casi di violazione di dati De Gennaro ha spiegato che il tema della sicurezza dei dati dei contribuenti «è centrale» e «deve essere affrontato pragmaticamente, coniugando i principi di carattere generale, che governano la normativa, con concrete iniziative tecnologiche e operative». «Il prezioso patrimonio informativo di cui la Gdf dispone – ha sottolineato De Gennaro – se da un lato rappresenta una risorsa imprescindibile e un valore aggiunto, dall’altro va gestito prudentemente, poiché le informazioni reperibili presentano, in ragione del contesto, un elevato grado di sensibilità e delicatezza». Proprio per questo, e per cercare di evitare il ripetersi degli ultimi avvenimenti che «la normativa interna è stata recentemente aggiornata e a ottobre il Comando generale ha emanato una nuova circolare che, anche alla luce degli accadimenti, ha aggiornato e migliorato le procedure di controllo agli accessi a tutte banche dati, in particolare quella tributaria, dove c’è il maggior numero di accessi».
E quindi, per evitare accessi generalizzati e indiscriminati, «sono stati previsti differenti livelli di inserimento e di consultazione dei dati personali, in modo tale che l’utente abbia accesso alle sole informazioni per le quali ha ricevuto una specifica autorizzazione e che sono strettamente necessari per le attività di servizio alle quali è deputato: è stato pertanto previsto un sistema di abilitazione alle banche dati mediante il quale viene limitata la visibilità e l’operatività con riguardo alle sole informazioni rispondenti al livello di autorizzazione concessa».
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