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Farmaceutica in Italia, una “locomotiva” frenata dal payback #finsubito prestito immediato


Garantire la sostenibilità del sistema sanitario, promuovere la competitività del settore farmaceutico e attrarre investimenti strategici, eliminando le criticità di natura normativa che impediscono il pieno raggiungimento del potenziale del comparto farmaceutico. Primo tra tutti, il payback. È questo l’appello arrivato dalle industrie del farmaco in occasione dell’evento “Payback farmaceutico: sostenibilità e certezza del diritto come base per una leale collaborazione”, promosso da Johnson & Johnson Innovative Medicine, presso il Centro Studi Americani a Roma, con il patrocinio di Farmindustria.

All’evento, hanno preso parte: Marcello Cattani, presidente Farmindustria; Emanuele Monti, presidente della commissione Welfare Regione Lombardia ed Executive Board Member dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa); Massimo Garavaglia, presidente della Commissione Finanze del Senato; l’Onorevole Annarita Patriarca, componente della commissione Affari Sociali della Camera; Claudia Biffoli, Divisione Biotecnologie e Farmaceutica del MIMIT, Rick De Lambert, Senior Commercial Officer U.S. Embassy e Mario Sturion, Amministratore Delegato di Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia.

L’incontro ha evidenziato l’importanza di creare un quadro normativo stabile e certo per l’industria farmaceutica, la cui produzione nel 2023 ha raggiunto i 52 miliardi di euro e che si trova, però, a fronteggiare una serie di ostacoli, tra cui il payback che ha raggiunto livelli insostenibili sull’attrattività degli investimenti. Si è discusso della necessità di adottare scelte che delineino un contesto favorevole al pieno sviluppo industriale. Il settore, infatti, costituisce una risorsa fondamentale dell’economia nazionale ed europea, giocando un ruolo chiave per il progresso della medicina e per la crescita economica dell’Europa e del Paese: solo nel 2023, le aziende hanno contribuito all’economia del Paese – considerando il contributo diretto e indiretto – con circa 19,7 miliardi di euro, attraverso investimenti in produzione e R&S, stipendi e contributi, imposte dirette specifiche e IVA.

Focus principale degli interventi dei relatori istituzionali, della comunità scientifica e degli esperti, l’opportunità di rivedere e limitare l’impatto del meccanismo del payback nel suo attuale impianto – costato quasi 20 miliardi di euro dal 2013 al 2023, se si considerano tutte le forme di payback vigenti – inserendo meccanismi che possano garantirne la prevedibilità, in modo da tutelare le legittime aspettative delle aziende nel delineare i loro piani industriali.

Così, durante l’evento, sono stati presentati nuovi dati ed evidenze qualitative sul meccanismo del payback. Da un lato, un paper di Domenico Siclari, ordinario di Diretto dell’Economia all’Università “La Sapienza” di Roma – dal titolo “Le criticità del payback nel mercato farmaceutico. Ragionevolezza del meccanismo, certezza del diritto, programmabilità degli investimenti, tutela dell’innovazione” -, che ne interroga la compatibilità con le norme europee e nazionali. Dall’altro un report di PwC, che inquadra il payback all’interno degli ostacoli di natura fiscale, che potenzialmente possono portare a ridurre l’attrattività dell’Italia per gli investimenti nelle Life Science. Secondo lo studio, l’Effective Tax Rate (ETR) delle imprese farmaceutiche italiane è mediamente più alto di quello delle imprese di altri settori; gravano, infatti, sul comparto, carichi fiscali più onerosi sotto diverse forme, tra cui il payback. Dall’elaborazione realizzata da PwC dei dati del comparto emerge che se si considerasse il payback (1,83%, 5% e sforamento per acquisti diretti) come se fosse un’imposta, l’ETR medio delle imprese farmaceutiche raggiungerebbe il 78% rispetto al 24% dell’ETR del resto delle imprese italiane.

Secondo Domenico Siclari, l’aspetto più problematico del payback, dal punto di vista del buon funzionamento del mercato farmaceutico, è il continuo stato di incertezza in cui versano gli operatori: infatti benché l’obbligo di restituzione finanziaria sia previsto per legge nei suoi tratti essenziali, non può essere preventivato nella sua concreta incidenza a carico di ciascuna impresa. L’imprevedibilità degli effetti del payback rende impossibile agli operatori effettuare una previsione dei costi futuri e una programmazione razionale degli investimenti.

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“Il meccanismo del payback, così com’è strutturato, risulta iniquo e irrazionale in un’economia di mercato”, ha spiegato Siclari, sostenendo, dunque, la necessità di rivedere e correggere il payback, “altrimenti continuerà a penalizzare non solo la competitività e la capacità di innovazione delle aziende farmaceutiche, ma la loro stessa sopravvivenza. Senza dimenticare che senza gli investimenti adeguati, la ricerca si ferma e con essa la possibilità di sviluppare nuovi farmaci, a discapito dei pazienti, che dovrebbero essere i principali beneficiari delle politiche sanitarie, ha aggiunto.

“Per noi è imbarazzante continuare a discutere e di arrivare a celebrare i 20 anni del payback farmaceutico. Il tema non è la singola misura da correggere, ma quale strategia il nostro Paese intenda avere per l’industria farmaceutica”, ha detto il presidente di Farmindustria, Marcello Cattani.

La farmaceutica, ha proseguito il presidente di Farmindustria, “ha un saldo commerciale positivo sia in Europa, come primo tra i comparti hi tech, sia in Italia dove è il secondo in generale dopo la meccanica. Il governo ha sempre dichiarato di riconoscere il valore strategico dell’industria farmaceutica con l’intenzione di sviluppare piani per i comparti che creano maggiore vantaggio competitivo, ma poi si interviene con misure che penalizzano chi produce, fa ricerca investe e crea occupazione”.

Commentando la Legge di Bilancio in discussione in Parlamento, Cattani ha fortemente criticato “il mancato aumento del tetto di spesa e la difesa di un corporativismo inaccettabile, come quello dell’art. 57, che colpisce l’industria” togliendogli lo 0,65% delle loro quote di spettanza per distribuirle ai grossisti”.

Per Cattani è poi “necessaria una riforma profonda del payback per permettere all’industria farmaceutica di offrire un contributo importante alla crescita economica e sociale del Paese”. Se invece sarà confermato come una misura strutturale e “le aziende presenteranno ricorsi, noi ci costituiremo ad adiuvandum”, ha annunciato.

Anche per Emanuele Monti, Presidente Commissione Welfare Regione Lombardia ed Executive Board Member dell’Aifa, è arrivato il momento di “rivedere il sistema del payback e delle pressione fiscale generale per un settore così importante del Paese come quello farmaceutico”. Anche perché l’evoluzione della domanda di salute e dunque della spesa sanitaria “non può essere affrontata con meccanismi meramente contabili”.

Sottolineando il lavoro che l’Aifa sta svolgendo sul fronte della riorganizzazione – “un lavoro che ha già permesso di dimezzare i tempi di accesso ai farmaci” – Monti ha quindi sostenuto come un capitolo di questo lavoro di riorganizzazione potrebbe essere investito, secondo Monti, “per trovare il modo di ridurre il peso amministrativo e burocratico che oggi pesa sulle aziende in considerazione di tutte le procedure a cui devono assolvere”.

“Il sistema sanitario – ha concluso Monti – è cambiato e richiede il coinvolgimento di tutti gli attori, inclusi Terzo Settore e Patient Advocacy Groups (PAGs). In un contesto globale che investe 2.000 miliardi in ricerca, l’Italia, seppur leader manifatturiero in Europa, deve attrarre più investimenti, affrontando sfide come l’HTA, l’European Health Data Space e le terapie digitali”.

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Sulla necessità di rivede il payback ha concordato il presidente della commissione Finanze del Senato, Massimo Garavaglia: “È un meccanismo che distorce il mercato e frena gli investimenti in un settore che per l’Italia è strategico”. Allora “dobbiamo ripensare alla contabilizzazione della spesa farmaceutica come investimento, superando il sistema dei tetti di spesa. Una sperimentazione di questo genere potrebbe essere avviata su una parte del fondo dei farmaci innovativi, monitorando che ci sono farmaci che restituisco risultati maggiori dei costi”.

La previsione di un tetto al payback, per Garavaglia, “è una soluzione percorribile, perché almeno mette un freno al meccanismo ,e gestibile dal punto di vista dei tendenziali di finanza pubblica. Tuttavia, si stratta di un correttivo nelle more di realizzare una riforma generale della governance della spesa farmaceutica”. Il punto, infatti, “è trovare copertura finanziaria all’eliminazione del payback”.

Quanto alla manovra, Garavaglia ha auspicato la cancellazione dell’art. 57, “perché non ha senso penalizzare le aziende farmaceutiche per favorire i grossisti”. Perplessità, da parte del presidente della commissione Finanze del Senato, anche alla norma approvata con il Decreto Fiscale sulle modalità di riparto dello sforamento, “che va a premiare le Regioni che ha sforato di più. Io capisco l’importanza di sostenere le Regioni in difficoltà, ma questa soluzione è peggio del problema, perché è prevedibile che, con questo sistema, il prossimo anno assisteremo a sforamenti ancora più consistenti”.

“Siamo consapevoli che il sistema Italia debba diventare più competitivo per attrarre investimenti delle aziende farmaceutiche rispetto al quadro internazionale. Compito della politica è creare il quadro che consenta alle aziende di investire”, ha detto l’Onorevole Annarita Patriarca. “È necessario – ha aggiunto – rivedere il sistema dei tetti di spesa farmaceutica per consentire una programmazione da parte delle aziende. La proposta del tetto ci trova a grandi linee concordi per rendere più competitivo il Paese. Siamo sempre stati dalla parte di chi crea innovazione e crediamo nella collaborazione pubblico-privato per razionalizzare il sistema e renderlo in grado di dare risposte concrete al sistema Italia”, concluso Patriarca annunciando che per la manovra “sono in preparazione più di un Ordine del giorno”.

Tutto ciò avviene in un contesto in cui l’industria, a livello europeo, si trova di fronte a una serie di sfide – oltre a quelle di natura normativa – legate ai crescenti costi di ricerca e sviluppo e alle misure di austerità fiscale progressivamente introdotte dai vari governi. In parallelo, il settore farmaceutico europeo è sempre più sotto pressione dalla concorrenza di Cina e USA.

“Stiamo vivendo un momento strategico per l’industria farmaceutica”, ha detto Claudia Biffoli. “Come Paese il nostro approccio è quello di seguire in maniera coordinata e attenta i tavoli europei. A livello nazione, i tavoli sulla farmaceutica e biomedicale riprenderanno presto il loro lavoro e dovranno adottare questa strategia di condivisione e coinvolgimento di tutti gli attori del sistema in un’ottica di semplificazione. Serve una visione strategica per definire una politica industriale per il sistema delle life science di cui tutti sentono il bisogno attraverso la proposta di un libro bianco per il settore industriale delle life science”, ha concluso Biffoli.

In uno scenario di forte competizione globale, l’Italia può difendere e far crescere il suo comparto farmaceutico solo adottando regole che lo riconoscano come strategico e promuovano la competitività. Tuttavia, l’attuale gestione della spesa farmaceutica, soprattutto con il meccanismo del payback, pesa sulle aziende, limitando inevitabilmente gli investimenti per aziende come Johnson & Johnson Innovative Medicine, che hanno fatto dell’Italia un pilastro per l’innovazione terapeutica e la produzione farmaceutica avanzata.

Lo scorso giugno, infatti, l’azienda ha annunciato un investimento di 580 milioni di euro nei prossimi cinque anni, di cui 125 milioni di euro andranno a sostenere un aumento della capacità produttiva e a costruire le competenze per il futuro. Inoltre, negli ultimi cinque anni, l’azienda ha investito quasi 50 milioni di euro in Italia (+11,7% ogni anno dal 2019) e ha gestito 114 studi clinici e collaborato con 993 centri di ricerca in Italia, offrendo accesso alle cure a più di 5.000 pazienti.

Senza una stabilizzazione del sistema, tuttavia, c’è la possibilità che le conseguenze sulle aziende siano significative, con il concreto rischio che si possano tramutare in un blocco degli investimenti, compromettendo la capacità di garantire un mercato interno stabile e forniture farmaceutiche adeguate.

“I dati presentati oggi evidenziano come l’imprevedibilità del payback influenzi negativamente il nostro settore, ostacolando la pianificazione aziendale e minacciando sostenibilità e innovazione. È una situazione che ha un impatto sulle aziende, ma anche sui cittadini, perché le nostre aziende creano soluzioni per la salute”; ha spiegato Mario Sturion, Amministratore Delegato di Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia.

“La riduzione delle risorse – ha argomentato – compromette lo sviluppo di nuovi farmaci e la salute pubblica. Le incertezze normative rendono l’Italia meno competitiva in Europa. Proponiamo quindi un dialogo strutturato tra istituzioni, compreso il Mef, e le imprese, tetti di spesa realistici e misure a mitigazione del payback in un’ottica di ripensamento generale della governance della spesa farmaceutica, per una programmazione sostenibile che favorisca il progresso scientifico e il benessere dei pazienti. Dobbiamo correggere questo sistema distorsivo e auspico che la discussione promossa con questo evento sia di aiuto per percorrere questa strada”, ha concluso Sturion.

A chiudere l’evento, Rick de Lambert, Senior Commercial Officer, U.S. Embassy, che sottolineando il forte legame tra Italia e Usa, nonché gli importanti investimenti che le aziende statunitensi hanno compiuto in Italia, ha auspicato che “la collaborazione tra i nostri due paesi in questo settore possa restare attiva e fruttuosa”.

“L’Italia – ha detto – si distingue per l’alta qualità della ricerca scientifica, in particolare nel settore della Scienza e della vita. Il quadro normativo in cui si opera è essenziale per continuare a sostenere questa capacità. Nei prossimi anni sono attesi investimenti importanti. Se l’Italia vuole essere parte dei cambiamenti in atto, dovrebbe ripensare il payback e diventare un Paese Innovation-friendly”, ha concluso.

 

 

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