«Noi siamo pronti a votare anche domani, dobbiamo vedere con le opposizioni di riuscire a trovare un nome di alto profilo. Vediamo se domani o in settimana, comunque la situazione si sblocca». Le affermazioni del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani sono risuonate come l’ennesimo allarme sulla possibilità che oggi sulla Consulta alle ore 13, quando i deputati e i senatori saranno chiamati a votare in seduta comune, arrivi un’altra fumata nera. Affermazioni pronunciate ieri, a poche ore da un vertice dei leader del centrodestra tenutosi a palazzo Chigi. In serata l’accordo non era ancora siglato ma dato comunque per molto probabile, la convinzione è che nelle poche ore che mancano alla votazione si farà di tutto per arrivare al semaforo verde. C’è la pressione del Colle e della Consulta, l’urgenza è quella di eleggere i quattro giudici mancanti dopo tanti tentativi andati a vuoto. Da qui il cauto ottimismo che si respira nella maggioranza e nell’opposizione affinché sia la volta buona. Si tratta infatti del tredicesimo scrutinio per un giudice e del quarto per tre giudici. Le interlocuzioni tra le forze politiche continueranno oggi. Il quorum richiesto è quello dei tre quinti dei componenti dell’Aula, i nomi che verranno indicati – a meno che non si vada nuovamente con la scheda bianca – dovranno passare il vaglio dei parlamentari. E la linea emersa per ora sarebbe quella di non inserire politici nella rosa. Nel centrodestra c’è chi sostiene che l’indicazione sarebbe arrivata direttamente dai piani alti istituzionali, in realtà il Colle «vigila» sui criteri con cui verranno designati i nuovi membri, ma fa sapere di non avere nulla da ridire su un passaggio dal Parlamento direttamente alla Consulta. Lo schema resta lo stesso: due nomi di riferimento della maggioranza, uno dell’opposizione e un esterno. Per FI in campo c’è ancora Pierantonio Zanettin, ma non disdegnerebbe un nuovo ruolo neanche il sottosegretario alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto. Ma i forzisti – fonti parlamentari riferiscono che la partita è stata orchestrata, oltre che dal vicepremier Antonio Tajani, anche dall’ex braccio destro di Silvio Berlusconi, Gianni Letta – potrebbero virare su un’altra figura. Tecnica. Anche se nei gruppi azzurri potrebbero registrarsi delle resistenze. Si era parlato dell’ex magistrato Tiziana Parenti, si sarebbe poi sondata la pista Augusta Iannini, magistrato e moglie di Bruno Vespa, alla fine potrebbe uscire dal cilindro l’opzione Andrea Di Porto, docente alla Sapienza di Roma, che nel 2015 era nel collegio difensivo di Fininvest contro la richiesta di Bankitalia di cedere la quota di Mediolanum. «Parliamo di giuristi di altissimo profilo, vediamo se la scelta sarà di eleggere parlamentari o non parlamentari», ha detto il leader azzurro Tajani.
LE ALTRE CASELLE
La casella certa è quella di Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di palazzo Chigi e uno dei padri del premierato. La scelta del Pd dovrebbe ricadere sul costituzionalista Massimo Luciani. Il preferito della segretaria dem Elly Schlein era Andrea Pertici, che ha difeso la procura di Firenze nell’inchiesta Open contro Matteo Renzi. Oltre a Italia viva anche una parte del Pd si è ribellata alla possibilità di convergere sull’avvocato professore ordinario di diritto costituzionale nell’Università di Pisa. Pare che il M5S puntasse sul costituzionalista Michele Ainis, e che si sia opposto a Luciani. Tesi respinta dai pentastellati e anche nel fronte dem (questa mattina ci sarà una riunione congiunta dei gruppi parlamentari) si dicono convinti che non ci saranno distinzioni da parte M5s. ,
Per il quarto posto, quello destinato a un “tecnico”, a favorita è Gabriella Palmieri Sandulli, l’avvocata generale dello Stato sulla quale dovrebbero convergere tutte le forze politiche. Le alternative sono la tributarista Valeria Mastroiacovo e Roberto Garofoli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con Draghi. Le schermaglie di ieri testimoniano il rischio dello stallo, nonostante i continui richiami del Quirinale. Tra l’altro la Consulta ha rinviato la decisione sui referendum sull’autonomia differenziata, posticipando dal 13 al 20 gennaio, termine ultimo previsto per legge, la Camera di consiglio in cui verrà giudicata l’ammissibilità dei quesiti.
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