Allarme dalla fondazione Gimbe: “Troppi tagli alla sanità, il sistema rischia di esplodere”

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La fondazione Gimbe lancia l’allarme: “Troppi tagli alla sanità, il sistema rischia di esplodere”

«I tagli al Servizio sanitario nazionale e il sotto-finanziamento cronico hanno determinato una forte contrazione degli investimenti per il personale dipendente e convenzionato, attraverso misure come il blocco delle assunzioni, i mancati rinnovi contrattuali e un numero insufficiente di borse di studio per specialisti e medici di famiglia. Inoltre, l’assenza di una programmazione adeguata ha aggravato la progressiva carenza di professionisti sanitari, mentre l’emergenza COVID-19 ha consolidato una crisi motivazionale già in corso”: è questo il senso dell’intervento effettuato la scorsa settimana dal professore Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, durante l’audizione dinanzi alla Commissione Affari sociali della Camera dei deputati nell’ambito dell’“Indagine conoscitiva in materia di riordino delle professioni sanitarie”.

Sempre più giovani disertano l’iscrizione a corsi di laurea come scienze infermieristiche e a specializzazioni mediche meno attrattive (come emergenza-urgenza) mentre numerosi professionisti abbandonano il SSN per lavorare nel privato o addirittura all’estero. A ciò si aggiungono i pensionamenti previsti tra medici (ospedalieri e di famiglia), infermieri e altri professionisti sanitari, aggravati da burnout e demotivazione, che stanno riducendo sempre più la forza lavoro della sanità pubblica”, ha aggiunto Cartabellotta.

“Ciò ha inevitabilmente peggiorato la qualità e la sicurezza del lavoro, a causa di turni massacranti in condizioni di carenza di organico. Inoltre, l’aumento dei casi di violenza fisica e verbale ai danni del personale sanitario, soprattutto nei pronto soccorso, ha ulteriormente compromesso la sicurezza e le condizioni di lavoro. Il peso della burocrazia e la scarsa digitalizzazione, infine, complicano il lavoro quotidiano dei professionisti sanitari, alimentando inefficienze e frustrazione”.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Per ottenere una inversione di tendenza e un aumento della quota del Pil destinata al Servizio sanitario nazionale è necessario rivedere sia la qualità che la provenienza delle fonti di finanziamento. E puntare sul capitale umano. “Nel periodo 2012-2023 – ha spiegato Cartabellotta– il capitolo di spesa sanitaria relativo ai redditi da lavoro dipendente è stato quello maggiormente sacrificato”.

In termini assoluti, dopo una progressiva contrazione da 36,4 miliardi di euro nel 2012 a 34,7 miliardi nel 2017, la spesa ha iniziato a risalire raggiungendo 40,8 miliardi nel 2022, per poi scendere a 40,1 miliardi nel 2023.

Tuttavia, in termini percentuali sulla spesa sanitaria totale, il trend rileva una lenta ma costante riduzione: se nel 2012 rappresentava il 33,5%, nel 2023 si è attestato al 30,6%. «Se la spesa per il personale dipendente si fosse mantenuta ai livelli del 2012, quando rappresentava circa un terzo della spesa sanitaria totale, negli ultimi 11 anni il personale dipendente non avrebbe perso 28,1 miliardi, di cui 15,5 miliardi solo tra il 2020 e il 2023, un dato che evidenzia il sacrificio economico imposto ai professionisti del SSN», ha commentato Cartabellotta.

NUMERO DI DIPENDENTI DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Per l’anno 2022, ultimo disponibile, la Ragioneria generale dello Stato certifica un totale di 681.855 unità di personale dipendente, pari ad una media nazionale di 11,6 unità per 1.000 abitanti con nette differenze regionali: da 8,5 unità per 1.000 abitanti in Lazio e Campania a 17,4 unità per 1.000 abitanti in Valle D’Aosta. Per il presidente Cartabellotta “questi dati portano a due considerazioni generali. Nelle prime 5 posizioni si collocano tutte le Regioni e Province autonome a statuto speciale di più piccole dimensioni (Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Province autonome di Trento e Bolzano) oltre alla Liguria. Al contrario, al di sotto della media nazionale si trovano tutte le Regioni in Piano di rientro, tutte del Centro-Sud, oltre alla Lombardia».

SPESA PRO-CAPITE PER IL PERSONALE DIPENDENTE

Con riferimento alla spesa sanitaria 2023 la spesa pro-capite per il personale dipendente nel 2023 è stata di 672 euro, con differenze significative tra le regioni: dai 1.405 euro nella Provincia autonoma di Bolzano a 559 in Campania.

SPESA PER UNITÀ DI PERSONALE DIPENDENTE

Per l’anno 2022, mettendo in correlazione le unità di personale dipendente con la spesa pubblica totale, la spesa per unità di personale a livello nazionale è pari a 57.140 euro, con 49.838 euro nel Veneto a 81.139 euro nella Provincia autonoma di Bolzano. Tutte le Regioni sottoposte a Piano di rientro (praticamente tutte quelle del Sud, ad esclusione della Basilicata) mostrano paradossalmente valori superiori alla media nazionale.

«Quest’inedito indicatore– ha commentato Cartabellotta– dimostra che l’ottimizzazione della spesa pubblica per il personale sanitario è stata gestita in maniera molto differente tra le Regioni. Quelle più virtuose nell’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni registrano una spesa per unità di personale dipendente più bassa. Un risultato verosimilmente dovuto sia alla riduzione delle posizioni apicali, sia ad un più elevato rapporto professioni sanitarie/medici, che consente di ridurre la spesa mantenendo una maggiore forza lavoro per garantire l’erogazione dell’assistenza sanitaria».

SPESA PER FORNITURA DI PERSONALE SANITARIO

«La carenza di personale sanitario”, ha detto ancora il presidente della Fondazione Gimbe, “unita all’impossibilità per le Regioni di aumentare la spesa per il personale dipendente a causa dei tetti di spesa, negli anni ha alimentato il fenomeno dei “gettonisti”: medici, infermieri e altri professionisti sanitari reclutati tramite agenzie di somministrazione del lavoro e cooperative, con i relativi costi rendicontaticome spese per beni e servizi».

Microcredito

per le aziende

 

Secondo un report dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), relativo al periodo gennaio 2019 – agosto2023, il fenomeno era già molto evidente nel 2019, con una spesa complessiva di quasi 580 milioni di euro. Nel 2020 il valore è crollato a 124,5 milioni di euro, per risalire negli anni 2021-2022, fino a raggiungere, nel solo periodo gennaio-agosto 2023, a 476,4 milioni di euro, un valore doppio rispetto all’anno precedente.

PERSONALE DEL SSN E BENCHMARK INTERNAZIONALI

Per l’anno 2022 il report del Ministero della Salute riporta un totale di 727.169 unità di personale: 625.282 dipendenti del SSN (86%), 84.452 dipendenti delle strutture equiparate a quelle pubbliche (11,6%), 8.839 universitari (1,2%) e 8.596 con altro rapporto di lavoro (1,2%). Di queste unità, il 72% è rappresentato dal ruolo sanitario, il 17,6% dal ruolo tecnico, il 9,9% dal ruolo amministrativo, lo 0,2% dal ruolo professionale e lo 0,3% da qualifiche atipiche.

Medici

Nel 2022 i medici che lavoravano nelle strutture sanitarie erano 124.296: 101.827 come dipendenti del SSN e 22.469 come dipendenti delle strutture equiparate al SSN. La media nazionale era di 2,11 medici per 1.000 abitanti, con un range che varia da 1,80 della Campania a 2,64 della Sardegna. L’Italia si colloca sopra la media OCSE come numero di medici in servizio (4,2 contro 3,7 medici per 1.000 abitanti), ma con un gap rilevante tra i medici attivi e quelli in quota al SSN. Nel 2022, il numero di laureati in Medicina e Chirurgia è stato di 16,7 per 100.000 abitanti, un dato superiore alla media OCSE che è di 14,2.

“Oltre ai medici di famiglia”, ha ribadito Cartabellotta, “le carenze riguardano alcune specialità di fondamentale importanza per il funzionamento del SSN che non sembrano essere più di interesse per i giovani medici: medicina d’emergenza-urgenza, medicina nucleare medicina e cure palliative, patologia clinica e biochimica clinica, microbiologia, e radioterapia. Specialità per le quali la percentuale di assegnazione delle borse di studio per l’ultimo anno accademico è stata inferiore al 30%”.

Infermieri

Nel 2022 il numero di infermieri che lavorano nelle strutture sanitarie è di 302.841: 268.013 come dipendenti del SSN e 34.828 come dipendenti delle strutture equiparate al SSN. La media nazionale è di 5,13 per 1.000 abitanti, con un range che varia da 3,83 della Campania a 7,01 della Liguria. L’Italia si colloca notevolmente al di sotto della media OCSE (6,5 contro 9,8 per 1.000 abitanti).

Nel 2022, il numero di laureati in Scienze Infermieristiche è stato di 16,4 per 100.000 abitanti, un dato significativamente inferiore alla media OCSE di 44,9: difficilmente la situazione potrà migliorare, visto che per l’Anno Accademico 2024-2025 nel Corso di Laurea in Scienze Infermieristiche sono state presentate solo 21.250 domande per 20.435 posti. L’Agenas (Agenzia per i servizi sanitari regionali) ha stimato in 20-25 mila infermieri di famiglia e di comunità la necessità per la riorganizzazione dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR».

 «La crisi del personale sanitario”, ha concluso Cartabellotta, “non è solo una questione economica, ma una priorità cruciale per la sostenibilità del SSN. Liste di attesa interminabili, pronto soccorso affollati, impossibilità di trovare un medico di famiglia hanno un comune denominatore: la carenza di professionisti sanitari, la loro disaffezione e il progressivo abbandono del SSN. È urgente rilanciare le politiche sul capitale umano per valorizzare la colonna portante della sanità pubblica, rendendo nuovamente attrattiva la carriera nel SSN e innovando i processi di formazione e valutazione delle competenze professionali. Senza questi interventi, il SSN non sarà in grado digarantire universalmente il diritto alla tutela della salute, rendendo vano qualsiasi tentativo di arginare questa crisi».

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