Il Serenissimo. Zaia: “Già a Treviso ho corso contro il centrodestra”. Il Doge potrebbe vincere anche in solitaria

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 


“Adda passà ‘a nuttata”. Citando Eduardo De Filippo, il presidente del Veneto Luca Zaia ha preso tempo con il governo nella trattativa sul terzo mandato, consapevole della sua forza in regione. Un braccio di ferro tra il Doge e la premier Giorgia Meloni non conviene alla destra, locale e nazionale. Così, ribadendo il suo impegno per i concittadini e la Lega, nella conferenza stampa tenuta a Venezia Zaia ha sdoganato la possibilità di una corsa solitaria, contro la sinistra e anche la destra. Senza un altro mandato, infatti, il richiamo elettorale della sua lista, unita a quella della Lega, come commentano alcuni sondaggisti ad HuffPost, renderebbe “la partita a tre molto aperta”.

A Palazzo Balbi, a Venezia, Zaia avrebbe preferito parlare solo di sanità, di Veneto e del “Bacanal del gnocco”, il carnevale di Verona. Sa bene però che, dopo l’impugnazione governativa della legge campana sul terzo mandato, i cronisti sono accorsi nel capoluogo veneto per saperne di più su una sua ricandidatura. Una rottura con Meloni, nel caso in cui Fratelli d’Italia si opponesse al terzo mandato, è una “roba che rischia di diventare naturale se c’è un muro contro muro”, ha spiegato Zaia.

L’amministratore del Veneto, come si è definito lui stesso esaltando lo spirito imprenditoriale, ha nascosto tra le ripetute domande la possibilità di una divisione, favorita anche da ricorsi storici: “A Treviso (elezioni per la provincia del 1998 ndr) ho corso in solitaria contro un centrodestra che governava già da un anno a Roma”. Tradotto: ci ho già provato e ho già vinto una volta, non sfidatemi di nuovo. Anche perché, dice ancora Zaia, “è giusto che tutti dicano la loro ma serve una sintesi e questa sintesi non può prescindere dalla soluzione su terzo mandato”.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Zaia è in scadenza ma manca quasi un anno alla sua elezione e il governatore lo sa: “Dieci mesi sono un’era glaciale in politica”, un periodo durante il quale il governo “ha tempo per pensare e trovare una soluzione”. Il messaggio è diretto a Roma, perché “se c’è lo sblocco dei mandati è innegabile che mi ricandiderei”. A chiederlo, ha ripetuto a più battute, “sono i veneti”. Il prossimo per lui, avendo recepito la legge sul limite dei mandati solo nel 2012, quando era presidente già da due anni, sarebbe il quarto incarico. All’insegna del Veneto First, Zaia si è detto “a disposizione prima dei cittadini poi della Lega, infine del centrodestra”. Una gerarchia chiara, che spiega bene la distanza tra le discussioni romane e quelle venete in merito alla partita del Nord-Est. “Spiace che personalizzi, la norma esiste da tempo, il centrodestra saprà scegliere il candidato migliore”, si limita a replicare il senatore di Fratelli d’Italia, Luca De Carlo, candidato in pectore dei meloniani.

Tenendo a mente il nodo terzo mandato – “anomalia” su cui Zaia trova “inaccettabile le lezioni da bocche sfamate per trent’anni in Parlamento” – bisogna ragionare sulla reazione leghista davanti a un candidato imposto da Roma. Nel Nord-Est, dove si moltiplicano i richiami “a una corsa solitaria della Lega” espressi dall’assessore veneto Roberto Marcato e dal segretario regionale locale Alberto Stefani, il Carroccio starebbe valutando di presentare una sua lista contro tutti. Questo accadrebbe se non si trovasse un accordo in Parlamento sul terzo mandato o comunque su un nome leghista per il dopo-Zaia. Ecco, con queste premesse e quindi in una partita a tre (centrosinistra, destra e Lega), il governatore “partirebbe favorito, se candidato”. Lo conferma Giovanni Diamanti, presidente di Youtrend e stratega vincente di molte elezioni amministrative, anche in Veneto (Sergio Giordani a Padova, Damiano Tommasi a Verona e Giacomo Possamai a Vicenza).

La premessa è d’obbligo: “In Veneto la destra è sempre andata unita e rompere lì darebbe vita a una frattura nazionale”. Tenendo conto di tutto questo, insiste Diamanti, e con una lista della Lega associata a quella del governatore, ecco che “Zaia sarebbe favorito se si candidasse direttamente lui, perché altri nomi della Lega non sono la stessa cosa”. Senza una deroga concessa a Zaia, e con la sola presentazione della sua lista a sostegno di un candidato leghista contro Meloni e Schlein, “la partita sarebbe comunque aperta, perché la Lega ha altri buoni candidati (il sindaco di Treviso Mario Conte o il segretario regionale Stefani), ma Zaia non trasferirebbe il suo consenso a loro in automatico”. A render ancor più incerto il quadro, spiega Diamanti, c’è la posizione di FdI, “che non ha un nome forte”, e la spinta del centrosinistra che, in un’eventuale corsa a tre, “sarebbe più competitivo”, perché in Veneto le condizioni del campo progressista “sono molto diverse rispetto al 2020”. Diamanti poi esclude ogni pretesa di Forza Italia: “Flavio Tosi ha autorevolezza, soprattutto a Verona, ma il suo partito non può esprimere un candidato governatore in Veneto”.

Il brand Zaia può essere decisivo ma dire quanto vale una sua lista oggi è difficile. Per stimare le formazioni civiche i sondaggisti preferiscono arrivare più a ridosso del voto. Cinque anni fa, quando il presidente veneto trionfò con un plebiscitario 76,8%, la sua lista arrivò prima con il 44%. “Non abbiamo dati ma la popolarità di Zaia in Veneto è molto alta”, spiega ad HuffPost Rado Fonda, direttore dell’istituto di sondaggi Swg, ricordando che il governatore “raccoglie voti anche all’esterno del perimento della Lega”. Insomma, qualora si candidasse lui, anche da solo, “partirebbe in testa alla linea di partenza”, mentre se mettesse la sua lista a sostegno di un altro leghista “l’effetto sarebbe forte ma non così tanto”. In questa battaglia, che vedrebbe la Lega avversaria di FdI e del centrosinistra, secondo il direttore di Swg, giocherebbe un ruolo anche Giorgia Meloni: “Se la premier entra nella partita regionale, sposta”, perché a sostegno del governatore nel 2020 “hanno votato molti ex leghisti” che, senza una sua candidatura, “preferiscono Fratelli d’Italia”. 

Resta sullo sfondo la questione di Venezia: il capoluogo andrà al voto nel 2026, con altri comuni veneti, e anche per questo Zaia ha puntualizzato le sue perplessità al governo sulle tempistiche. “L’elezione regionale sarebbe nell’ottobre prossimo e fare una campagna elettorale in estate, senza election day, per ritrovarsi di nuovo alle urne, tra aprile e maggio 2026, per i comuni, Venezia compresa, raddoppia i costi e danneggia l’affluenza”. La speranza del presidente veneto è quella di far slittare il voto regionale alla primavera dell’anno prossimo, accorpandolo a quello cittadino e soprattutto prendendo tempo con Meloni, che “adda passà a nuttata”.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Cessione crediti fiscali

procedure celeri

 

Source link