Gli asset sostenibili in gestione hanno raggiunto il livello record di 3,5 miliardi di dollari nella
prima metà dell’anno, con un incremento del 7,7% su base annua. I patrimoni in gestione in
asset sostenibili (AuM) rappresentano il 7% degli AuM totali a livello globale. Questo è il
risultato della performance del mercato e della raccolta netta. Se gli AuM del settore privato
fossero l’unica leva utilizzata per colmare il gap di finanziamento, avremmo necessità che il
totale degli AuM crescesse di almeno dieci volte entro il 2030 (con un fabbisogno medio di 7
milioni di dollari di finanziamenti annuali).
Tuttavia, se si considerano i flussi netti verso i fondi sostenibili in tutto il mondo, la domanda
si sta indebolendo. Ad oggi, infatti, gli afflussi totali ammontano a 20 miliardi di dollari,
rispetto agli oltre 100 miliardi di dollari del 2022 e del 2023. Ciò riflette un chiaro
rallentamento nel 2024. È importante però notare che gli afflussi erano già al di sotto del
fabbisogno finanziario negli anni precedenti.
Il successo del riorientamento dei flussi di capitale verso gli asset verdi richiede qualcosa di
più che la semplice introduzione di standard e best practice, regolamentandone la vendita.
Richiede soprattutto che i governi stimolino la domanda. Le modalità con cui stimolare la
domanda saranno prioritarie nell’agenda della COP29. Diverse le opzioni in campo, che
vanno dai partenariati di finanziamento pubblico-privato all’istituzione di incentivi o
regolamenti per reindirizzare i capitali e colmare gradualmente il divario di finanziamento.
A proposito delle nuove normative, consideriamo che mentre gli operatori di mercato stanno
attualmente rivedendo il loro portafoglio prodotti per garantire la conformità alle linee guida
ESMA sulla denominazione dei fondi, alcune autorità di regolamentazione locali devono
ancora comunicare il recepimento delle linee guida stesse. Il settore è desideroso di valutare
se le linee guida sulla denominazione dei fondi diventeranno lo standard di mercato o se
saranno adattate alle pratiche locali già esistenti. Il risultato sarà importante per plasmare il
futuro del panorama della gestione patrimoniale e influenzarne la competitività.
Un’altra considerazione è la mancanza di chiarezza sull’applicazione delle linee guida agli
strumenti di finanziamento verdi dedicati, come i green bond. In effetti, le linee guida
dell’ESMA richiedono che gli emittenti rispettino gli standard del Paris-Aligned Benchmark
(PAB). I criteri relativi ai PAB, come la derivazione del 50% o più dei ricavi dalla produzione
di energia elettrica con un’intensità di gas serra superiore a 100gCO2e/kwh, potrebbero
effettivamente escludere gli emittenti di servizi pubblici che sono stati attivi nel mondo dei
green bond, utilizzando i proventi per finanziare la loro capacità di produzione di energia
rinnovabile. La potenziale esclusione di questi emittenti vanificherebbe gli sforzi per
accelerare il finanziamento di questi asset e amplierebbe ulteriormente il divario per i
finanziamenti verdi.
Nel complesso, le linee guida sulla nomenclatura dei fondi sono benvenute se le applicazioni
locali sono coordinate, creando un campo di gioco unico per le case prodotto e gli investitori
per quanto riguarda l’intenzione e lo scopo delle strategie ESG. Ciò sarebbe coerente con la
graduale evoluzione dell’SFDR, che dovrebbe introdurre un sistema di categorizzazione per
rendere più facile agli investitori comprendere e confrontare i profili di sostenibilità dei fondi.
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