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Il mito dell’Albania. Gli effetti del turismo di massa sugli abitanti e l’ambiente #finsubito prestito immediato


di Lucrezia Tiberio e Arlis Alikaj

L’anno scorso, oltre mezzo milione di italiani ha visitato l’Albania, tra spiagge mozzafiato e catene montuose incontaminate. Possiamo dire di aver conosciuto la cultura albanese, o ci siamo semplicemente concessi una vacanza a basso costo, adottando le stesse pratiche predatorie del turismo di massa?

Nel 2021 il numero totale di cittadini stranieri che hanno visitato l’Albania è aumentato del 114% rispetto ai due anni precedenti, raggiungendo i 5,7 milioni. Il maggior numero di visitatori internazionali nel 2021 proveniva da Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro, Grecia e Italia, con 354.370 turisti. Da allora, il turismo in Albania è più che raddoppiato. L’anno scorso il paese ha registrato il record di ingressi, è stato il quarto Stato a livello mondiale per la maggiore percentuale di incremento degli arrivi turistici internazionali. E la robusta ripresa del turismo ha contribuito alla crescita economica.

Ma quest’anno le cose non sono andate come previsto, nonostante l’obiettivo dichiarato da parte del governo fosse quello di raggiungere i 14 milioni di turisti, in un paese con la terza diaspora più grande del mondo e in cui quasi la metà degli albanesi è emigrata. Tra gennaio e maggio, l’INSTAT, l’istituto di statistica albanese, ha riferito che circa 3,3 milioni di stranieri avevano visitato il paese nel primo semestre; ad agosto erano 8 milioni i turisti dichiarati, e così è sfumato l’obiettivo annunciato dal ministero del Turismo. Lungo tutto il litorale albanese i resoconti ufficiali hanno infatti confermato che il numero di visitatori in arrivo era ben al di sotto di quanto previsto.

Di cosa parliamo in questo articolo:

La strategia del governo albanese: turismo a ogni costo

Finita l’estate, ci si interroga sui motivi per cui non siano stati raggiunti i risultati preventivati dal governo e dai media. Ina Zhupa, deputata del Partito Democratico di opposizione al premier Edi Rama, ha raccontato a Valigia Blu che i milioni di turisti sbandierati nei titoli di giornale sono il risultato di una strategia politica ben precisa. Innanzitutto, dice Zhupa, “le stime del Governo non sono reali. I 10 milioni di turisti sono basati sul conto degli ingressi nel paese”. La maggior parte non è costituita da turisti, ma si tratta degli emigranti che rientrano in visita alle famiglie durante l’estate, o i residenti del Kosovo che trascorrono una giornata in Albania. Secondo le stime che si leggono sui media 3,8 milioni di kosovari hanno visitato l’Albania durante la stagione turistica, “ma questo significherebbe, considerando gli abitanti del Kosovo, che tutti hanno fatto due viaggi in Albania durante l’estate. I numeri fallaci hanno creato un altro problema: le strutture ricettive e gli hotel hanno alzato i prezzi sulla base di queste stime”.

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Costruzione abbandonata a Lin

Dopo aver superato la dittatura comunista negli anni ’90, l’Albania ha affrontato un periodo travagliato, di collasso economico e disordini sociali, protrattosi fino alla fine del 1997. In quegli anni la voce dei cittadini albanesi, in condizione di estrema povertà, ha faticato a trovare spazi politici, anche di messa in discussione delle scelte dei governi. Anche nel caso del recente boom turistico, la voce dei cittadini è stata quasi del tutto inesistente nei racconti assillanti dei media sia albanesi che italiani, impegnati a elencare per quale motivo l’Albania fosse la destinazione perfetta, fatta di persone ospitali e prezzi competitivi. Le conseguenze di questo turismo, invece, si sono manifestate nello sfruttamento ambientale e culturale, accentuando la distanza tra le decisioni politiche, spesso guidate dal profitto, e le esigenze della comunità locale. 

Marco S. lavora in Albania da diversi anni nella cooperazione e lo sviluppo delle aree rurali e ha assistito all’arrivo dei turisti in prima persona. Secondo la sua testimonianza i telegiornali parlano insistentemente di turismo, e non solo durante l’estate, di boom di arrivi e della ricchezza che questo porterà. La propaganda del Governo albanese, che non ammette contraddittorio, quando sui social sono circolate foto e video di spiagge vuote dell’estate appena trascorsa, con distese di lettini e ombrelloni abbandonati, ha tacciato alcuni di essere i “disertori dell’Albania”. 

Dal 2021 la compagnia low cost ungherese Wizz Air ha immesso nel mercato i primi voli disponibili diretti dall’Italia a Tirana. Nonostante l’11% degli stranieri non europei in Italia sia di origine albanese, fino al 2020 esisteva una sola compagnia cubana, Panorama Blu, e i voli erano molto costosi. Il governo, quindi, ha messo in atto una campagna promozionale e commerciale, senza affrontare le tante criticità quotidiane del paese, dai problemi di governance alla complessa tutela dell’ambiente. “Questo fa parte di una fortissima campagna promozionale; io guardo spesso il tg qui in Albania e tutto l’anno si parla di turismo, per fare in modo che tutti sappiano che c’è stato un enorme aumento. Non c’è nessun approccio critico, ma solo un continuo riferimento agli articoli della stampa italiana sulle “splendide spiagge di Ksamil e Durazzo”, viene quasi da pensare che ci sia una strategia comunicativa, con il supporto di agenzie all’estero, e con un investimento massiccio per mostrare a tutti i risultati dell’attuale governo”. 

Al netto della strategia comunicativa del governo, ci sono delle criticità non affrontate come la redistribuzione degli introiti e la tutela ambientale. “C’è un gettito fiscale enorme, un intensificarsi di movimento, ma anche il fatto che l’Albania non sia più questo posto reietto d’Europa: ci sono degli aspetti positivi del turismo. Il punto è quanto questi introiti vengano distribuiti in un paese che soffre di concentrazione di potere economico. Il turismo non è di per sé un settore che arricchisce la popolazione. La manodopera è stagionale, a basso prezzo”, racconta Marco.

La gestione dell’aeroporto di Tirana è la stessa dei distributori di benzina, le importazioni delle Mercedes, la Kastrati Group, che si dice – scrive in un articolo su Reportagen Marzio G. Mian – abbia finanziato anche i lavori del nuovo aeroporto di Valona. Recentemente, inoltre, il governo ha promosso nuove misure che agevolano gli investimenti privati, esacerbando le differenze sociali ed economiche del paese. “Il settore economico è debole, il turismo è una manna dal cielo, ma la gestione delle costruzioni, dei rifiuti, degli hotel e degli stabilimenti portano a forti investimenti di capitali. E non serve sempre dire da dove vengano questi capitali”, spiega ancora Marco. Il turismo è funzionale anche a questo; i settori che vengono di conseguenza premiati sono quelli per i quali serve un forte investimento iniziale, “non sempre trasparente”. E così l’assenza di competitività tra le aziende “rende complesso creare un turismo favorevole per gli albanesi e rispettoso del territorio”.

Spiaggia di Valona

La prima vittima del turismo di massa: l’ambiente

Il grande assente nel dibattito pubblico mediatico e politico sul turismo è l’ambiente, nonostante l’Albania abbondi di bellezze paesaggistiche rare, dalle coste spettacolari alle alte montagne, fino al lago più antico d’Europa. L’esclusiva focalizzazione sul turismo come volano del paese influenza, tra le altre cose, la percezione pubblica anche dei problemi ambientali, oscurando del tutto la discussione sulla tutela degli ecosistemi. Ahmet Mehmeti è un esperto di Environment protection e vive a Elbasan, seconda città più popolosa dell’Albania, tristemente nota per l’enorme impatto dell’industria metallurgica sulla salute dei residenti e che conserva quell’atmosfera lugubre post dittatura. Le conseguenze del turismo di massa, dice, sono evidenti “nell’inquinamento dei corpi idrici, tra cui fiumi, laghi e mari”. 

La perdita di biodiversità in Albania comporta la diminuzione di risorse naturali, che sono tra le principali attrazioni per i turisti. La ricchissima biodiversità del paese, dalle valli montane alle coste, fino ai parchi nazionali che ospitano specie rare di fauna e flora, è stata un elemento chiave per il turismo del paese. Tuttavia, la perdita di questo prezioso patrimonio naturale, dovuta all’urbanizzazione eccessiva, ai cambiamenti insostenibili del territorio e allo sviluppo incontrollato, non solo impoverisce l’ambiente, ma mette a rischio anche il futuro del turismo, limitando la capacità di attrarre visitatori nazionali e internazionali. Secondo Ahmet l’incentivazione del turismo ha portato alla costruzione di superstrade, strutture alberghiere e aeroporti, come si vede nelle lagune di Valona e a Kukes. “Questi aeroporti vengono costruiti in aree protette, causando lo spostamento di uccelli e altre specie endemiche. E il Consiglio dei Ministri ha emanato nuove leggi per facilitare tutto ciò”. I progetti di costruire nuovi aeroporti, e non, ad esempio, di migliorare il trasporto pubblico, vengono giustificati dal Governo proprio sulla base delle aspettative create dalla propaganda.

Cantiere dell’aeroporto di Valona, che si prevede sarà in funzione da marzo 2025

Valona è una città di porto, estremamente urbanizzata, dove prendono forma tutte le contraddizioni dell’Albania moderna, che ha abbandonato l’isolazionismo e si affaccia a un mercato liberista europeo. Il centro città, stracolmo di locali e strutture ricettive a pochissimi metri dal mare, è stato edificato accanto alla laguna di Narta, oasi protetta che ospita quasi tremila fenicotteri e altre specie rarissime. Le proteste degli attivisti contro la costruzione dell’aeroporto di Valona, che si collocherebbe a soli 150 km da quello di Tirana, non hanno trovato molto spazio sui media mainstream, perché il dibattito pubblico non si occupa dell’ambiente, soprattutto se legato al turismo, complice anche la quasi totale assenza di media indipendenti.”. Quest’estate, racconta Ahmet, una discarica a Valona ha preso fuoco, e mentre una nube di fumo nero si dirigeva verso la spiaggia, l’attenzione mediatica si concentrava esclusivamente sul gradimento dei turisti. “In alcuni casi, il turismo porta benefici per chi viaggia e per chi ospita, ma è spesso strumentale ad altri interessi”. Chi oserebbe dire che milioni di turisti non sono un bene per l’Albania? Eppure, questo sviluppo rischia di danneggiare tutto. Ne vale davvero la pena? 

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Laguna di Narta, Valona

Proseguendo lungo la costa albanese si trova Himare, una cittadina costiera di poche migliaia di abitanti di fronte a Corfù, nella regione meridionale di Saranda, quella con le spiagge più gettonate di tutta l’Albania. A inizio ottobre, finita la stagione turistica, i lidi sono quasi deserti e si intravedono moltissime case adibite a bed & breakfast completamente vuote. Sembra quasi irriconoscibile rispetto all’estate, quando è popolata da migliaia di turisti e l’unica strada esistente per raggiungere le altre località è intasata dal traffico. Alex Velcho ha 28 anni, nato e cresciuto in Grecia; la sua famiglia è tornata in Albania dopo la fine della dittatura e ha aperto un piccolo bed & breakfast diventato sempre più popolare e frequentato. Alex vive a Glasgow da ottobre ad aprile e torna a Himare durante la stagione estiva: “quello che ho imparato lì, lo posso portare qui e migliorare il servizio che l’attività della mia famiglia può offrire”. Secondo lui l’arrivo dei turisti è stato positivo per l’Albania, soprattutto per l’immagine del paese; solo così le persone anche dal resto d’Europa, dice, hanno la possibilità di conoscere le tradizioni di un paese così complesso e che ha moltissimo da offrire. “Tanti giovani che hanno lasciato l’Albania torneranno con quello che hanno imparato. Dobbiamo preservare la nostra ricchezza e il nostro paesaggio unico. Qui ci sono molti problemi con il riciclo dei rifiuti, ma le nuove generazioni hanno la possibilità di creare una coscienza anche su questo”. 

Spiaggia di Himare

La questione dello smaltimento dei rifiuti

Proprio lo smaltimento dei rifiuti è un tema cruciale per il paese. Il volume dei rifiuti si è intensificato con l’arrivo di milioni di turisti ogni estate da circa tre anni. “Siamo ancora classificati come il paese con i livelli più alti di rifiuti nella regione, con il 73% dei rifiuti plastici nel Mediterraneo”, dice l’esperto ambientale Ahmet Mehmeti. Le zone più turisitificate come Valona, Durazzo e Lezha soffrono l’aumento di rifiuti da gestire, di un’infrastruttura di smaltimento inefficiente e dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua a causa dell’afflusso di visitatori e della crescita non regolamentata delle strutture turistiche. Inoltre, i problemi di gestione dei rifiuti, inclusi il dumping illegale – lo scarico abusivo di rifiuti – e la cattiva gestione dei rifiuti locali e importati, peggiorano la situazione. La Commissione Europea nel 2019 aveva presentato un report nel quale invitava il governo albanese ad allinearsi alle direttive in materia di reati ambientali, ma ad oggi nulla è stato fatto. Inoltre, anche i mari della costa sono a rischio, con solo il 41,2% delle acque costiere considerate “eccellenti”, uno dei tassi più bassi in Europa, mentre per i laghi e i corsi d’acqua interni la qualità scende ulteriormente. 

Sede del centro per la tutela ambientale di Pogradec, lago di Ocrida

A poche ore di viaggio dalla capitale verso est, si trova uno dei patrimoni naturali più preziosi, il lago transfrontaliero di Ocrida, diviso a metà tra Albania e Macedonia del Nord. È il lago più antico d’Europa e quello che ospita il maggior numero di specie endemiche al mondo. Lo specchio d’acqua patrimonio dell’Unesco è gravemente minacciato dall’inquinamento legato al turismo incontrollato e all’urbanizzazione. Sia la parte macedone che quella albanese del lago stanno soffrendo a causa dell’aumento dei rifiuti e dell’inadeguata gestione delle acque reflue. In particolare, si stima che circa un terzo delle strutture turistiche nei dintorni scarichi i rifiuti direttamente nel lago, compromettendo gravemente la sua biodiversità unica, che include oltre 200 specie endemiche.

Il paesaggio intorno al lago, dalla costa all’entroterra, sembra un cantiere in continua evoluzione. Le regioni costiere, ma non solo, subiscono la pressione di uno sviluppo non regolato, che sta degradando gli habitat naturali, danneggiando la vita marina e contribuendo all’inquinamento delle risorse idriche. La pressione causata dagli informal building sta alterando l’ecologia del lago, con l’immissione di nutrienti che causano la proliferazione di alghe e la riduzione della trasparenza delle acque, un tempo cristalline. Sulle sponde del lago, a pochi chilometri da Pogradec, cittadina di riferimento della parte albanese, si trovano Tushemisht e Drilon, due piccoli villaggi patrimonio dell’Unesco, che conservano ancora molte abitazioni tradizionali albanesi e che vivono in simbiosi con il lago di Ocrida. La deputata Zhupa ha raccontato che il governo albanese, in collaborazione con l’Albanian American Development Foundation, ha avviato un progetto per costruire un parcheggio sotterraneo, nuovi hotel e un centro commerciale, per trasformare Drilon “in un grande resort privato, con una piccola area commerciale”. La fondazione di cui racconta la deputata, nonostante l’omonimia, è diversa da quella voluta dal Congresso americano negli anni 90, che destinava fondi a paesi ex comunisti, come l’Albania, per facilitare il passaggio al mercato liberista. Oggi si tratta di una fondazione che mira a sviluppare accordi commerciali con il settore privato. 

Scarico hotel sul lago di Ocrida

L’Unesco, dice Zhupa, ha pubblicato due rapporti, chiedendo chiaramente di interrompere i lavori a Drilon e Tushemisht, di fermare la costruzione del parcheggio sotterraneo e di evitare ulteriori interventi che non rispettano il patrimonio dell’area. “Tuttavia, i lavori continuano. Le specie endemiche di uccelli non vivono più qui, a causa dei gravi danneggiamenti all’ambiente naturale: le aree verdi sono state cementate, nonostante fosse possibile costruire con materiali meno invasivi, come il legno”. L’impressione è che si stia trasformando quest’area senza un vero motivo. Come conferma Zhupa, non c’è una richiesta turistica così elevata: molti hotel costruiti a ridosso le sponde del lago sono vuoti e i lavori in corso hanno danneggiato la piccola economia locale. “Prima, quest’area era vivace grazie ai mercati locali; ora, con il completamento del progetto, da due anni le attività sono in stallo”.

Gli impatti sulle comunità locali

L’Albania offre un notevole potenziale per il turismo sostenibile; questo tuttavia non riguarda solo la protezione ambientale, ma anche l’inclusione e il benessere delle comunità locali. Le conseguenze sul territorio e sul paesaggio sono così evidenti che anche i residenti hanno l’impressione che il boom dei turisti non abbia portato a un miglioramento delle condizioni di vita nel paese. Blerina è un’insegnante di inglese in pensione e trascorre spesso le vacanze a Pogradec, sul lago di Ocrida. “Qui c’è un turismo che non crea ricchezza. Chi dice che ci sono tanti turisti? È il Governo che lo dice. Chi viene una volta non torna più, in tanti posti manca l’acqua corrente, non puoi bere l’acqua del rubinetto. C’era un programma con un’azienda tedesca per creare un acquedotto, ma non è stato fatto niente”. Blerina è sicura che siano pochissime le persone a beneficiare davvero del turismo che ha interessato l’Albania negli ultimi anni.

Lago di Ocrida

Per la maggior parte si tratta di turismo low cost, che si concentra pochi mesi all’anno, trasforma e inquina le zone costiere e non è interessato a conoscere, e tanto meno ad apprezzare, la cultura albanese. E poi i progetti di creare il turismo di lusso, come nell’isola di Sezan di fronte Valona, dove Jared Kushner, genero di Donald Trump, sta costruendo un enorme resort in un luogo prima incontaminato. Si stima che l’intera operazione, finanziata dal fondo Affinity Partners creato da Donald Trump, supererà il miliardo di dollari e si trova già al centro di accuse di corruzione. “C’è una propaganda pazzesca, soprattutto in Italia, sul turismo e sul fatto che in Albania ci sia un boom economico, ma non è così”, dice Blerina, “le persone qui hanno un tenore di vita di media molto basso e i prezzi continuano ad alzarsi”. 

Sicuramente esiste un impatto positivo del turismo, soprattutto italiano, in Albania, quello di migliorare l’immagine del paese. Oriola è una studentessa di matematica all’università La Sapienza di Roma, è originaria di Lesha, vicino Scutari, e vive in Italia ormai da molti anni. “Devo dire che meno di dieci anni fa essere albanese era ancora qualcosa da guardare con disprezzo. Avevamo difficoltà anche nel trovare una casa in affitto, ma poi le cose hanno cominciato a cambiare intorno al 2020. È come se le persone straniere ci vedessero più civilizzati, grazie al turismo”. 

Mai come quest’anno si è parlato di overtourism nei media e delle conseguenze che provoca sul benessere dei residenti, sulla mercificazione del patrimonio culturale e sulla tutela ambientale. Se in alcune realtà occidentali o europee questo dibattito ha portato a misure di contenimento del turismo di massa, come a Barcellona, Amsterdam o a New York. In Albania c’è il rischio che non ci sia neanche il tempo e lo spazio per mettere in discussione un approccio di consumo e logoramento del territorio che costringe i residenti a subire le conseguenze del turismo di massa, senza possibilità di trarne un reale vantaggio economico e culturale. “Credo che abbiamo una terra bellissima. La mia speranza è che saremo in grado di adattarci al nuovo mondo che sta arrivando in Albania, che sempre più persone possano vedere la natura e vivere l’esperienza che ho avuto io, la natura, il cibo, la vera ospitalità in modo naturale, non forzato. Questa è la mia speranza”.

*Questo articolo fa parte di un progetto di giornalismo investigativo finanziato dal Journalism Fund

Fotografie e immagine in anteprima: Costanza Musto





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