Una recente decisione della corte di Milano ha esaminato un caso riguardante la manutenzione dei bagni comuni in un edificio tipico della città. Scopri di più qui.
Una sentenza recentemente emessa dal tribunale di Milano, la sentenza numero 8442 del 30 settembre 2024, si è occupata specificamente delle case di ringhiera e della mancanza di manutenzione degli spazi e servizi condivisi.
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Le case di ringhiera
Durante il boom economico degli anni ’60, molti immigrati nel Nord Italia trovarono alloggio nelle case di ringhiera, strutture economiche in cui diverse famiglie condividevano spazi e servizi limitati. Questi edifici erano una soluzione per offrire alloggi a costi contenuti ottimizzando gli spazi disponibili.
Queste strutture, che potevano avere da due a sei piani, erano caratterizzate da balconi interni e un cortile comune, con una balconata lungo il perimetro di ogni piano e, spesso, servizi igienici in comune per ciascun piano. È interessante notare come queste costruzioni si siano adattate nel tempo alle normative condominiali vigenti.
La vicenda
Il problema è emerso quando una condomina ha lamentato la mancata manutenzione dei bagni comuni di un palazzo situato a Milano. L’edificio presenta un unico bagno per piano, con tre appartamenti per piano. La situazione si è aggravata poiché i servizi igienici erano talmente degradati da risultare inutilizzabili.
La condomina ha più volte sollecitato il condominio a effettuare le riparazioni necessarie affinché potesse utilizzare i servizi, senza ricevere risposta alcuna.
È evidente che questa situazione ha impedito alla donna di godere appieno del suo appartamento, il quale, per come è stato originariamente progettato, non dispone di servizi igienici privati e si trova con quelli condominiali completamente fuori uso.
L’obbligo di custodia del condominio
Il Tribunale, accogliendo il ricorso della condomina, ha ricordato che il condominio ha l’obbligo di custodia previsto dall’articolo 2051 del codice civile e, di conseguenza, deve prendere tutte le misure necessarie per evitare che i beni comuni causino danni a terzi.
Nel caso specifico, l’inerzia del condominio nel manutenere i servizi igienici, che erano diventati inutilizzabili, ha avuto ripercussioni negative sulla proprietaria dell’appartamento, la quale, per come è strutturato l’edificio, non dispone di servizi igienici privati.
Le prove presentate in tribunale hanno dimostrato che il condominio non ha assolto al suo obbligo di custodia: i bagni al terzo piano erano in condizioni pessime e la mancata manutenzione ha impedito all’attrice di utilizzare o affittare il suo appartamento.
Alla luce di queste evidenze, il giudice ha ordinato al condominio di ristrutturare i bagni ormai in rovina e ha anche stabilito un risarcimento per la mancata utilizzabilità dell’immobile, quantificato in più di 10.000 euro, oltre alle spese legali.
La natura oggettiva dell’obbligo di custodia del condominio
La responsabilità del condominio, secondo l’articolo 2051 del codice civile, è oggettiva. Per stabilirla, è sufficiente che chi denuncia dimostri un legame causale tra il bene custodito e il danno subito. Il custode, invece, deve provare che il danno è stato causato da un evento imprevedibile e inevitabile, indipendentemente dalla sua diligenza.
Un condomino che subisce danni a causa di difetti nelle parti comuni può richiedere un risarcimento ai sensi dell’art. 2051, dato che la manutenzione di queste parti è responsabilità del condominio.
Tuttavia, è importante sottolineare che anche il condomino danneggiato, pur avendo diritto al risarcimento, non è esonerato dall’obbligo di contribuire alle spese per la riparazione delle parti comuni e dei danni alla propria proprietà.
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