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In cantina – Mettersi in gioco con una startup: il futuro del vino in Italia #finsubito prestito immediato


Quando si va al ristorante o in enoteca, spesso, si cerca di andare sul sicuro, andando a individuare quelle bottiglie con un marchio famoso, o aziende già conosciute, anche solo di nome, per evitare ogni problema. Dall’altra parte, c’è però il rischio di perdere di vista quelle realtà nuove, che fanno anche fatica a farsi conoscere proprio perché “oscurate” dai nomi più famosi, che hanno deciso di lanciare la loro sfida, di proporsi con le loro bottiglie, cercando di portare una ventata di freschezza al mondo del vino.

Quello che abbiamo fatto noi di Identità di Vino, per questa newsletter, è stato appunto evidenziare quelle novità nel mondo enologico che più ci hanno convinto, puntando su di loro, nella speranza di non essere smentiti in futuro. Sono le startup del vino, come suggerito da Cinzia Benzi, realtà con alle spalle solo qualche – poche – vendemmie, ma con un carico di entusiasmo che non sempre si riesce a trovare quando andiamo in giro ad assaggiare i vini in Italia e nel Mondo. Quindi apriamo la nostra mentalità, e apriamo anche le loro bottiglie. Sperando di stupirci.

Raffaele Foglia

I Dof Mati, gli scacchi e la giusta mossa

Due ragazze e un grande amore per il territorio e i suoi vini, visivamente raccontato anche attraverso gli scacchi: sono tasselli che dipingono la storia della cantina I Dof Mati a Fara Novarese.

Otto anni fa, due giovani amiche decidono di far rinascere un antico vigneto e terreni agricoli lasciati a se stessi, nel segno di Nebbiolo, Vespolina ed Erbaluce a Ghemme e Sizzano. Oggi a tenere le redini della società è Sara Paladini. Dentro, si respira tutto l’amore per la storia, espresso anche da Palazzo Dessilani dove si trova un vigneto disegnato da un architetto neoclassico chiave come Alessandro Antonelli.

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Ma perché gli scacchi? Perché la cantina dell’Alto Piemonte ha affidato ciascuna delle cinque etichette a un pezzo della scacchiera. Questo in omaggio a una somiglianza naturale che si riassume nella sapienza con le radici nel tempo, nell’importanza della pazienza e dell’attesa, nello sguardo alla successiva mossa che appartiene alla natura, lo storico socio di maggioranza.

Facile inchinarsi al Ghemme Docg, “Il Matto”, che con autorevolezza si fa voce del territorio, ma qui suggeriamo anche il Cavallo ovvero il simbolo accostato al vino che con la sua nobiltà invita a degustare il Colline Novaresi Nebbiolo Doc “Trama”. Elegante ed equilibrato, a partire dall’armonia tra frutti rossi e spezie. Marilena Lualdi

Da sinistra, Sara Paladini, Emanuele Trono con Stefano Quaglierini, e Andrea Polidoro

Da sinistra, Sara PaladiniEmanuele Trono con Stefano Quaglierini, e Andrea Polidoro

Prima Domus, due talenti del vino

Nel 2020 Emanuele Trono e Stefano Quaglierini danno vita al progetto Prima Domus.

Due giovani talenti del mondo del vino, rispettivamente dal Piemonte e dalla Toscana con un ruolo di wine influencer ma con studi enologici alle spalle che li elevano a palati allenati, curiosi e molto eclettici. Parlare con loro ci permette di capire che l’anno che ognuno di noi vorrebbe cancellare dalla memoria per i confinamenti e il non poter viaggiare ha permesso ad Emanuele e Stefano di creare il loro primo vino “Virtus”, nomen omen che si esprime con un blend di 80% Sangiovese, 15% Merlot e 5% Cabernet Sauvignon proveniente da vigneti distesi a Castelnuovo Berardenga.

Un vino che ti spiazza per uno stile dove l’eleganza domina e fa comprendere quante prove, studio e poca improvvisazione abbiamo accompagnato i ragazzi ad esprimersi con le loro idea di vino per i coetanei, per gli esperti e magari anche per un pubblico che beve per cultura. Un sorso ricco di frutto, note tostate dal finale appagante per rendere unico lo scorrere del tempo. Un piacere assoluto che vi garantiamo accade nel degustare questo rosso immediato, fresco, territoriale e, nostro giudizio, di cui si sentirà parlare nel tempo. Una startup che vi invitiamo a monitorare in primis con i profili Instagram di Emanuele @Enoblogger e di Stefano @italian_wines e ovviamente @Primadomuswines e il loro wineclub. Cinzia Benzi

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Contrada Contro e il recupero delle viti maritate

Contrada Contro è il progetto vitivinicolo di progetto di Andrea Polidoro nel cuore dei Monti Sibillini, fra Gualdo e Sarnano, nato con l’idea di coltivare e rivalorizzare le viti centenarie a piede franco della zona.

Andrea ha basato il suo lavoro sul recupero delle viti maritate, tradizionalmente diffuse fino al Dopoguerra e poi abbandonate con l’introduzione dei trattori e gli incentivi a piantare filari, tra gli anni ’60 e ’70. Tra il 2019 e il 2020, la voce di questo giovane appassionato alla ricerca di vecchi vigneti si diffonde e molti anziani lo contattano per affidargli i loro, ormai abbandonati. Nel 2021 che la sua azienda prende ufficialmente forma: una vigna in società, poi altre quattro in gestione, distribuite in diverse contrade. La prima annata fu prodotta nel garage di casa, la seconda in un fondo vicino e ora si vinifica in una vecchia cantina sociale.

Il lavoro in vigna si basa su basse rese e una viticultura non interventista, uve autoctone e miscelate, come si faceva un tempo: Trebbiano, Malvasia di Candia, Santa Maria, Verdicchio e Maceratino. In cantina si svolgono fermentazioni spontanee e si ricerca la massima valorizzazione delle vigne vecchie. Adele Granieri

Una vista dall'alto della Piemontina

Una vista dall’alto della Piemontina

La Piemontina, reinterpretazione del Nebbiolo

Il Nebbiolo è sempre Nebbiolo. Se coltivato alle pendici del Monte Rosa, sui terreni che centinaia di millenni fa costituivano parte integrante della catena montuosa e oggi sono dolci colline rinfrescate dalla brezza di montagna, regala vini dalla inattesa freschezza, con un bel grado di acidità e, della tanto ricercata mineralità. In un panorama di cantine dai trascorsi secolari, la Piemontina è neonata interprete del Nebbiolo novarese. Un progetto avviato nel 2010, grazie alla proprietaria Liudmila Brobova, sotto la guida dell’esperto enologo Mario Ronco.

Venti ettari di vigne di Vespolina, Croatina, Greco Novarese e Nebbiolo, distribuite su 60 ettari di terreni che nel 2022 si è arricchito della nuova e avveniristica cantina di Sizzano. I vini spiccano per spessore ed eleganza come s’addice ai prodotti di questa zona del nord Piemonte. La partenza “ex novo” ha permesso di valutare quale vitigno fosse più adatto a ogni esposizione e sottosuolo, in modo da creare le condizioni migliori per ottenere vini di alta qualità. Fra questi di particolare interesse il Ghemme Doc. Assaggiato nella sua annata 2019, presenta un bel mix tra frutta e fiori, in particolare amarena, rosa e viola, e rimandi di cioccolato fondente, tabacco e cannella. Piacevole in bocca il tannino fruttato, bilanciato da una bella freschezza. Inconfondibile il tratto distintivo della ciliegia sotto spirito. Maurizio Trezzi

Le bottiglie di Ruki Wines

Le bottiglie di Ruki Wines

Ruki Wines, matricole tra Valpolicella e Soave

Ruki è la trascrizione fonetica del termine inglese “rookie”, che vuol dire “matricola”, parola utilizzata nel linguaggio sportivo per indicare un dilettante al suo primo anno di esordio come professionista. E nessun termine è più appropriato per raccontare la storia di tre amici enologi – che si sono conosciuti durante gli studi – e che portano avanti dal 2020 un progetto enologico itinerante. Siamo nelle zone di Soave e Valpolicella e Marco Furia, Gianmaria Ciman ed Enrico Nicolis, sono consulenti per alcune aziende del territorio da cui acquistano uve selezionate per dar vita a tre vini, che vinificano, in totale libertà, ospiti delle aziende produttrici. Le etichette parlano del territorio, naturalmente. 

Il Valpolicella Superiore 2020 nasce da un tema caldo all’interno della denominazione: un Valpolicella del futuro, prodotto da uve 100% senza appassimento. Raccogliendo uve maturate interamente in quelle vigne in cui non è stata fatta una selezione preventiva per l’Amarone – e dove quindi il potenziale enologico è tutto lì, sulla pianta – si ottiene un vino che affina in parte in barrique di rovere francese e in parte in anfora vetrificata. Il Soave 2021 guarda invece alla Borgogna, con una fermentazione in legno su una varietà considerata semplice come la Garganega, che nell’immaginario collettivo affina in acciaio. Infine, il Valpolicella Classico 2023, conviviale e croccante, con il frutto ben in evidenza insieme al pepe bianco della corvina. Un rosso da bersi fresco in stagione calda… easy to drink! Amelia De Francesco

Tommaso Furzi, Tommaso Ciuffoletti e Olmo Fratini

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Tommaso FurziTommaso Ciuffoletti e Olmo Fratini

Cantina del Rospo: naturali sì, ma soprattutto buoni

Nel 2018 la prima vendemmia non ufficiale, poi altre due annate di esperimenti e analisi in vigna e cantina e infine nel 2021 la prima annata vera e propria. Oggi Cantina del Rospo si è fatta un nome nella nicchia di quei vini che senza sbandierare naturalità, cercano pulizia, espressività, consistenza. Il tutto all’interno di un progetto che mira a valorizzare un territorio poco conosciuto, che è quello della Tuscia Toscana, all’estremo confine sud della regione. Tommaso Furzi, Tommaso Ciuffoletti, Olmo Fratini i protagonisti dell’impresa.

Siamo a San Giovanni delle Contee, Comune di Sorano, 150 abitanti molto legati a tradizioni vinicole che sono quelle di un contesto dove tantissimi sono quelli che ancora coltivano la propria vigna e fanno il proprio vino nelle cantine scavate nel tufo. Per questo Cantina del Rospo organizza tutti gli anni una speciale degustazione, in cui stimati professionisti del vino si riuniscono in paese per assaggiare serissimamente quei vini fatti dalle persone del posto. È la Disfida delle Contee ed è ormai un evento a livello non solo locale.

I vini di Cantina del Rospo sono un rosso di Sangiovese, Sciornaia, e un macerato di Trebbiano e Malvasia, Riparelle. Naturali? Più che altro, buoni. ​Leonardo Romanelli

Antonio Intiglietta nelle sue vigne in Puglia

Antonio Intiglietta nelle sue vigne in Puglia

Antonio Intiglietta e l’amore per il Salento

Antonio Intiglietta sa bene cosa significhi la parola artigiano. E ora ha fatto una scelta che lo ha portato a diventare anche viticoltore, oltre che imprenditore. Una scelta dettata dal cuore, prima di tutto.

Antonio e la moglie Liliana Angelillo sono pugliesi di origine, ma ormai da anni milanesi da lungo tempo. Intiglietta, infatti, è presidente di Ge.Fi. Spa, società che organizza in Fiera di Milano la mostra mercato internazionale L’Artigiano in Fiera. Ma non ha dimenticato le sue origini pugliesi, tanto da voler realizzare nel 2015 Tenuta Liliana a Parabita, all’altezza di Gallipoli, nel Salento.

«C’è una scelta di fondo – spiega Intiglietta – ed è stata quella di tornare ai luoghi di origine. Così abbiamo fatto la casa. Poi è arriva la Xilella e mi sono detto: “Non si può stare fermi”. Perché questa terra merita l’eccellenza».

Nasce così il progetto di Tenuta Lilliana. «Per certi versi abbiamo ragionato all’incontrario – ammette – Siamo partiti prima dai terreni e poi siamo passati ai vitigni. Avevo quattro ettari incolti: abbiamo analizzato questa terra, l’abbiamo dissodata, abbiamo frantumato le rocce, l’abbiamo mescolata con la terra rossa…».

Da qui la scelta del vitigno: il Cabernet Sauvignon. Un vitigno che, secondo Intiglietta e il suo staff tecnico, con l’agronomo Andrea Fattizzo, ben si adatta alle calde estati salentine che, d’altra parte, godono della stessa latitudine di altri territori d’eccezione per questa varietà, una su tutte, la California.  «L’obiettivo – conclude– è creare qualcosa di bello e sorprendente che possa essere anche generatore di nuove prospettive. Siamo solo ai primi passi ma, citando ‘Il pranzo di Babette’… Consentitemi di fare il meglio che posso». Raffaele Foglia

Giovanni Aiello con i suoi vini

Giovanni Aiello con i suoi vini

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Giovanni Aiello e i suoi Chakra in Puglia

Giovanni Aiello ha iniziato a vinificare le sue uve dopo un po’ di “esperimenti” a casa, poi dal 2016 ha scelto di imbottigliare piccole quantità fino a fare il grande passo nel 2021 con la cantina a Putignano. Una startup riuscita e realizzata ma che ha visto emozioni, investimenti e tanto amore (non a caso la società che fa capo all’azienda è denominata Enologo Per Amore). Nato e cresciuto in Puglia, oggi è riuscito a realizzare la propria mission nel cuore della Valle d’Itria creando un’esperienza, un legame tra l’uomo, la terra e il cielo.

Da qui è nata l’idea dei Chakra, che da centri energetici del corpo diventano una linea di vini: le etichette vengono dipinte a mano una ad una, come fossero opere d’arte (chi scrive ha contributo a crearne qualcuna durante una visita in azienda) ed i vigneti si estendono per circa 7 ettari a un’altitudine compresa tra i 300 e i 400 metri: le varietà coltivate sono legate intimamente alla tradizione del territorio e quindi vanno dal Primitivo alla Verdeca fino al Maruggio o al Marchione. Oggi la cantina produce oltre 30mila  bottiglie all’anno, ma l’impegno rimane quello di preservare la qualità e l’autenticità di ogni vino. Salvo Ognibene

Cantine Simone Giacomo in provincia di Benevento

Cantine Simone Giacomo in provincia di Benevento

Cantine Simone Giacomo, la tradizione si evolve

Il Sannio, area della Campania in provincia di Benevento, è una terra ricca di storia e di fascino. Questa zona, che prende il nome dall’antico popolo dei Sanniti, è oggi nota per le sue tradizioni agricole, vinicole e per il suo patrimonio storico e naturalistico. Tra i suoi tanti borghi c’è Castelvenere, il cui nome originario era Véneri, da sempre luogo vocato per la viticoltura. In questo delizioso borgo si trova la Cantina Simone Giacomo, una giovane realtà che nasce nello spirito della tradizione storica delle antiche cantine tufacee ipogee di Castelvenere e della compatibilità ambientale.

Da subito Giacomo Simone ha scelto di praticare una viticoltura etica e una lavorazione rispettosa dell’ambiente; inizia a vinificare nel 2015 e nel 2016 esce la sua prima etichetta. Tutto ha inizio dai vigneti del nonno, una realtà che oggi conta circa undici ettari, di cui 8 coltivati a vigneti e 2 a uliveti, con una produzione totale di circa diecimila bottiglie. I vitigni coltivati sono quelli propri di questa zona non solo Falanghina e Barbera del Sannio, ma anche varietà a bacca rossa come Aglianico e Sangiovese e a bacca bianca quali Grieco e Cerreto, questi ultimi cloni locali riconducibili a Malvasia e Trebbiano. Cinque le etichette prodotte tra cui meritevole di menzione il Benevento IGT Creta, il cui nome deriva dalle caratteristiche argillose del terreno della vigna da cui viene realizzato, così come lo chiamava il nonno; un bianco frutto di un blend di queste varietà che regala un vino di grande spensieratezza e personalità. Fosca Tortorelli

Giacomo Palazzolo, Giordano Lorefice e Riccardo Messina

Giacomo PalazzoloGiordano Lorefice e Riccardo Messina

Tenute dei Ciclopi, piacevole novità sull’Etna

Prima c’era il comune impegno per l’Università, ma poi il Covid ha accelerato quella che, da semplice sogno nel cassetto, è diventata una realtà più concreta. Anche se, al momento, non hanno ancora una cantina.

Giacomo Palazzolo, Giordano Lorefice e Riccardo Messina sono tornati alle loro origini, alla Sicilia e in particolare all’Etna. La volontà è semplice: valorizzare le antiche vigne e sviluppare un progetto di vini biologici che rispecchino il territorio. Così, con i loro 4 ettari, hanno iniziato un percorso di produzione, affidandosi alla sapienza di Salvo Foti, enologo di grande esperienza, per uscire con i loro vini, a partire dall’annata 2021. «Puntiamo ad arrivare alle 25mila bottiglie – spiegano – Ma l’anno scorso, per esempio, ne abbiamo realizzate solo 5mila a causa della peronospora».

Il loro Etna Rosso 2022, 80% Nerello Mascalese e 20% Nerello Cappuccio, che affina un anno in acciaio, è un vino molto preciso e rappresentativo della zona. Con maggiore personalità è l’Etna rosso Piede Franco Quota 900: con le stesse percentuali, arriva da vigneti in altitudine, all’interno di un vecchio cratere vulcanico. Affina due anni in barrique, non tutte nuove (alcune arrivano da altre cantine), e il vino dell’annata 2021 è sicuramente di ottima complessità, ma anche fresco e dall’ottima beva. Con uno sguardo verso il futuro. ​RF

 

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