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lo sfogo dell’imprenditore edile di Livorno Il Tirreno #finsubito prestito immediato


LVORNO. «Settantanove adempimenti fiscali in un anno. Solo per questo ci vuole un ufficio e del personale che se ne occupi; altro denaro e tempo sulle spalle di un’azienda per pagare le imposte».

Stefano Frangerini, livornese, a capo dell’omonima azienda edile, tesoriere di Ance nazionale ed ex presidente di Ance Toscana, sa bene che il tempo e i costi che si perdono nei rivoli della burocrazia pesano troppo nella gestione di un’azienda, soprattutto quando diventa di dimensioni medio grandi. Il grido d’allarme sui costi di una lenta pubblica amministrazione che ricadono sulle imprese, è cosa nota.

Sia per mandare avanti una azienda di grandi dimensioni sia una piccola o media LIazienda, magari anche artigiana, la burocrazia e i doveri verso la pubblica amministrazione diventano un pensiero fisso di ogni imprenditore.

«Nelle piccole dimensioni, pensiamo ad un artigiano che per andare dal commercialista perde ore o mezza giornata di lavoro. Spesa di tempo, non lavoro, non profitto che si accumula a danno dell’attività: tempo tolto all’azienda», ripete Daniele Niccolai della Cgia di Mestre.

Stefano Frangerini si trova di fronte, invece, ad altri problemi. «Penso che il danno economico in Italia dei ritardi della pubblica amministrazione sulle imprese sia più alto di quello stimato di 80 miliardi l’anno. Se volessimo parlare dell’Iva a credito si aprirebbe un capitolo senza fine – esclama Frangerini – Con il governo Renzi eravamo giunti a mettere in atto il cosiddetto “reverse charge” (sistema di inversione fiscale) ma applicandolo alle imprese con un fatturato fino a 700mila euro. E fin qui il sistema va avanti. Ma per le imprese e le aziende con un fatturato di oltre 700mila euro, i riaccrediti hanno tempi biblici che si modificano a seconda della liquidità disponibile da ogni singola sede dell’Agenzia dell’entrate. I tempi per il riaccredito Iva sono in genere fra i 15 e 24 mesi; tempi che una azienda non riesce a sostenere o a tamponare».

Entrando nel mondo, di per sé complesso, dell’edilizia e delle costruzioni Frangerini punta l’indice sul difficile meccanismo dei prezzari, valutazione degli strumenti e costo ora/uomo, che la pubblica amministrazione o non aggiorna o non vuole riconoscere.

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«In genere sulle opere pubbliche ci viene riconosciuto un 16 % di costi generali – prosegue l’imprenditore – ma i costi generali oggi arrivano al 24, 25% su ogni lavoro che prendiamo. Insistiamo ad avere il riconoscimento di tutto questo, ma ci viene negato. Si consideri poi il ribasso di appalto, ad esempio, e giungiamo ad avere un margine di pochi punti percentuali sui lavori; parliamo davvero del 4-5 % di margine. Il resto sono tutti costi; attenzione costi giusti, dalla sicurezza sul lavoro alla formazione agli adempimenti, ma che non vengono riconosciuti e rappresentano di nuovo un costo enorme della pubblica amministrazione che poggia sul mondo del lavoro». Poi ci sono i tempi, la poca chiarezza su opportunità di detrazione ed esoneri fiscali, l’approccio sempre più complesso a norme e leggi che si sovrappongono. Insomma, un sistema che senza semplificazione difficilmente sarà competitivo.

 



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