LUCA BUREI, investitore (nella Borsa americana con il suo family office e nei mercati immobiliari Us, spagnolo e italiano), imprenditore (Ravioli Burei) ed ex ceo di L’Oréal America Latina, è uno dei pochi italiani (ma con visione e esperienze internazionali e soprattutto americane) dell’esclusivo club Tiger 21, composto da imprenditori e investitori di successo (circa 1.500 in totale nel mondo).
Quali differenze registra tra fare impresa e finanza in Italia e negli Stati Uniti?
“L’ecosistema imprenditoriale americano è conosciuto per la sua capacità di creare innovative startup che spesso diventano grandi aziende internazionali. In Europa, invece, il percorso imprenditoriale è spesso più complesso”.
Quali sono le ragioni di questa diversità che rende gli Usa l’hub delle nuove imprese?
“Esistono credo tre motivi principali per cui gli Stati Uniti risultano un terreno più fertile. La prima riguarda i finanziamenti per lanciare e gestire un’impresa: negli Usa le idee imprenditoriali e la professionalità trovano facilmente risorse grazie a un sistema di finanziamenti diversificato: venture capital, private equity, business angels, club deals, ’hard money’ e banche. Gli investitori possono contribuire tramite debito o, più comunemente, equity, ottenendo guadagni sui capital gains dell’azienda. L’imprenditore (General Partner) è normalmente colui che prende le decisioni e gestisce e ha una responsabilità economica illimitata, con tutti i suoi averi. Gli investitori (Limited Partners) non intervengono nella strategia, forniscono capitale e hanno responsabilità economica limitata a quanto contribuito nella società”.
Invece in Europa?
“In Europa, invece, il finanziamento arriva principalmente dalle banche, che generalmente richiedono garanzie finanziarie (operazioni back-to-back). Di fatto, solo chi dispone di solidi capitali presso una banca può ottenere un prestito per avviare un’impresa, rendendo così difficile l’accesso per chi parte senza risorse proprie. Negli Stati Uniti, anche chi non ha capitali può avviare un’impresa rivolgendosi a diversi tipi di investitori”.
Il secondo motivo quale è?
“Riguarda il tessuto culturale: la cultura americana favorisce la libera iniziativa e accetta il fallimento come parte naturale del percorso. Cadere e rialzarsi è considerato un segno di determinazione e resilienza, qualità apprezzate che permettono agli imprenditori di tentare, fallire e riprovare. In Europa, invece, il fallimento è percepito come qualcosa da evitare e viene spesso stigmatizzato. La società europea tende a valorizzare percorsi di carriera più sicuri, spesso in grandi organizzazioni”.
La terza ragione che favorisce lo sviluppo dell’impresa negli Usa rispetto all’Italia?
“Tocca il cosiddetto exit: Negli Usa, quando una startup raggiunge dimensioni rilevanti per fatturato o quota di mercato, l’imprenditore e gli investitori hanno diverse opzioni per monetizzare il proprio successo. Esistono principalmente tre strade: essere acquisiti da un’azienda più grande del settore, una soluzione relativamente rara, la quotazione in Borsa (Ipo), una scelta abbastanza frequente, la vendita a un fondo di private equity o a investitori istituzionali, una delle vie più utilizzate. Il mercato delle exit statunitense è molto dinamico e trasparente, offrendo opportunità di guadagno elevate per imprenditori e investitori. In Europa, invece, la forma più comune di exit è l’acquisizione da parte di un’azienda più grande, un’opzione che può risultare difficile da realizzare”.
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