Nella corsa ai bonus edilizi, che l’avvento del Superbonus nel
2020 ha reso più frenetica, gli operatori del settore si sono
spesso affannati per fare tutto per bene, rincorrendo scadenze e
adempimenti sia tecnici che fiscali. In gioco, infatti, non c’è
solo la realizzazione delle opere a regola d’arte, ma anche la
corretta spettanza delle detrazioni cui si accede. Quest’ultima,
però – e spesso lo si dimentica – è strettamente connessa anche
alla buona riuscita degli interventi edilizi, che non è detto siano
privi di difetti.
Non è raro, infatti, che chi ha commissionato i lavori si veda
consegnare opere “insoddisfacenti”, perché ad esempio affette da
vizi e difformità. In questi casi, certamente le tutele da attivare
sono quelle di natura civilistica, che permettono di rivalersi sui
responsabili, dall’impresa che ha realizzato gli interventi al
direttore dei lavori che avrebbe dovuto vigilare sulla loro
corretta esecuzione.
Ma quando sul piatto ci sono anche i bonus edilizi, non si può
restringere il “campo visivo” alla sola normativa civilistica,
perché in tali casi la materia tributaria è ad essa fortemente
interconnessa e, purtroppo, aver realizzato i lavori – benché
difettosi – potrebbe non bastare per salvarsi da conseguenze
fiscali relative al bonus fruito.
I dubbi sono molti, e ruotano intorno a un principio di recente
ribadito dalla giurisprudenza, in base al quale “la sostanza
prevale sulla forma”. Si tratta, come vedremo, di un caposaldo che
può essere tanto una manna dal cielo quanto un problema per i
committenti dei lavori agevolati.
Eseguire i lavori a regola d’arte salva il bonus
La Corte di Giustizia Tributaria (Cgt) di primo grado di Forlì,
a tal proposito, ha emanato lo scorso 9 ottobre la sentenza n.
136/2024, basata proprio sul menzionato principio, con la quale ha
annullato un atto con cui l’Agenzia delle Entrate negava il diritto
al Sismabonus a un contribuente sulla base del suo ritardo nel
deposito dell’asseverazione tecnica richiesta dalla legge.
La Cgt, nel dettaglio, ha dichiarato illegittimo l’avviso di
accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva
disconosciuto la detrazione fiscale per i lavori di miglioramento
sismico, a causa del mancato deposito contestuale alla SCIA del
c.d. Modello B, vale a dire l’attestazione con cui il progettista
dichiara la classe di rischio sismico ante e post intervento, resa
obbligatoria dal DM 58/2017. Ebbene, nell’opinione della Corte una
simile carenza non può portare alla perdita del bonus se nella
pratica i lavori esistono e sono soddisfacenti in termini di
risultati conseguiti.
In particolare, cioè, come spiega il Giudice, “non si può
ignorare che lo scopo che si prefiggeva la normativa (il
miglioramento sismico, ndr.) […] è stato raggiunto e che gli
Enti interessati non hanno mosso contestazioni sugli aspetti
tecnici e procedurali seguiti”.
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