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Il riferimento principale per identificare se un’attività lavorativa possa o meno essere annoverata tra quelle “stagionali”, è contenuto all’interno del Capo III “Lavoro a tempo determinato” del D.Lgs. n. 81/2015, all’art. 21, c.2, 2° periodo, in cui si afferma che le stesse sono quelle “individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi. Fino all’adozione del decreto di cui al secondo periodo continuano a trovare applicazione le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525”.

Definizione di attività stagionali

Il citato decreto del Ministero del Lavoro non risulta ad oggi esistente, e, pertanto, giocoforza, resta quale unica direttiva applicabile l’ultra sessantenne D.P.R. n. 1525/1963 che, al punto n. 48 dell’allegato n. 1, inserisce nell’elenco dettagliato di quelle che, all’epoca, furono identificate quali attività stagionali – prevalentemente in campo agricolo, alimentare e tessile, come detto tutt’ora pienamente valide – , le “attività svolte in colonie montane, marine e curative e attività esercitate dalle aziende turistiche, che abbiano, nell’anno solare, un periodo di inattività non inferiore a settanta giorni continuativi o a centoventi giorni non continuativi”.
È opportuno ricordare che, in merito a quanto sopra, l’Ispettorato nazionale del lavoro è intervenuto con la nota n. 413/2021 per chiarire che le imprese turistiche stagionali, come sopra definite, hanno comunque la possibilità di stipulare contratti di lavoro a tempo indeterminato senza inficiare la stagionalità, in ragione del fatto che abbiano comunque necessità di svolgere attività programmatorie e preparatorie nei mesi di chiusura al pubblico, quali, a mero titolo di esempio, relative ai contratti stipulati con impiegati amministrativi addetti alla contabilità, o con operai che si occupano della manutenzione in senso ampio delle strutture ricettive.
Inoltre, lo stesso D.Lgs. n. 81/2015 concede facoltà alla contrattazione collettiva di individuare ulteriori ipotesi di attività stagionali oltre a quelle contenute nel D.P.R. 1525/1963.

Purtroppo, però, nonostante la delega, la contrattazione collettiva nazionale quasi mai è intervenuta nell’identificazione di precise ipotesi di stagionalità, comportando l’inevitabile ricorso agli accordi territoriali, per la cui applicazione è previsto l’obbligo di adesione alle OO.SS. firmatarie, o a contratti aziendali.

Deroghe e aspetti in comune con i contratti a tempo determinato

Essendo i contratti stagionali un “di cui” dei contratti a termine, è fondamentale avere contezza di quali siano le regole comuni e le differenze fra le due tipologie.

Laddove il legislatore ha voluto escludere i contratti stagionali da determinate limitazioni, è stato chiaro e specifico; per logica deduzione, pertanto, nei casi in cui non sia stata espressamente richiamata l’esclusione, i paletti previsti per i contratti a termine ordinari sono applicabili anche ai contratti stagionali, come ad esempio il numero massimo di 4 proroghe, facilmente superabile con la stipula di un nuovo contratto considerata la non applicabilità dello stop and go, anche se ciò comporta difficoltà oggettive nella gestione amministrativa, per via della liquidazione di tutte le competenze previste per fine rapporto allo scadere del termine contrattuale, indipendentemente dal nuovo contratto.

Stesso discorso vale per il diritto di precedenza, disciplinato ad hoc per i lavoratori stagionali dal c.3, art. 24 del D.Lgs. n. 81/2015: “Il lavoratore assunto a tempo determinato per lo svolgimento di attività stagionali ha diritto di precedenza rispetto a nuove assunzioni a tempo determinato da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali”, nonché per l’obbligo di renderlo noto al lavoratore per iscritto (c. 4, art.24, D.Lgs. n. 81/2015), come recentemente ribadito anche dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza 9444/2024, proprio in funzione della mancata espressa esclusione di tale obbligo.

Le differenze in ambito previdenziale

Per quanto riguarda gli aspetti contributivi, in caso di attività di cui al D.P.R. n. 1525/1963, non sarà dovuto il contributo addizionale NASpI dell’1,40%, nonché l’ulteriore contributo aggiuntivo NASpI dello 0,50% previsto per i rinnovi; laddove le attività stagionali siano invece state definite dalla contrattazione collettiva, entrambe le quote saranno dovute, ad esclusione dei contratti stagionali stipulati in applicazione di avvisi comuni e contratti collettivi sottoscritti entro il 31 dicembre 2011, nonché dei contratti a termine stipulati per attività svolte nel territorio della provincia di Bolzano dal 1° gennaio 2020, definite “stagionali” dai contratti collettivi sottoscritti entro il 31 dicembre 2019.

Inoltre, limitatamente ai lavoratori stagionali del settore agro-alimentare, le aziende con oltre 50 addetti non saranno obbligate al conferimento del trattamento di fine rapporto di tali lavoratori presso il fondo di tesoreria INPS.

Per poter beneficiare di tutte le deroghe esaminate, è fondamentale la puntuale indicazione del riferimento in base al quale il termine apposto al contratto individuale rientri nell’alveo dei contratti stagionali, nonché la corretta valorizzazione dei campi dedicati all’interno dei flussi mensili Uniemens, indicando il codice qualifica all’interno dei dati generali del lavoratore come di seguito specificato:

Tipologia lavoro stagionale

Codice qualifica Uniemens

Attività previste dal D.P.R. n. 1525/1963

T

“Avvisi comuni” o previsti da CCNL sino al 31/12/2011

G

Lavoratori assunti a termine nel territorio della provincia di Bolzano

B

Lavoratori stagionali non compresi nelle ipotesi di cui ai codici T e G

S

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