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L’elenco delle clausole abusive contenute nei contratti di mutuo e finanziamento che consentono al debitore di bloccare il pignoramento immobiliare e l’asta giudiziaria.

Una recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione (la n. 9479 del 6 aprile 2023), nel recepire i principi fissati dalla Corte di Giustizia UE, ha decretato il diritto per il debitore sottoposto a un pignoramento immobiliare, da parte della banca, di presentare opposizione all’esecuzione – e quindi bloccare l’asta giudiziaria – in presenza di un contratto contenente clausole vessatorie. E ciò anche se il decreto ingiuntivo su cui si fonda l’esecuzione forzata è ormai divenuto definitivo.

La questione ha subito aperto un altro fronte: quali sono le clausole vessatorie con le banche? In altri termini, a cosa bisogna prestare attenzione, prima di agire dinanzi al giudice, per verificare se si rientra nel perimetro di questa nuova tutela?

Cerchiamo di fare il punto della situazione e di comprendere appunto cosa può invalidare definitivamente il contratto di mutuo, di fideiussione, di apertura di credito e qualsiasi altro rapporto con la banca, la finanziaria o altro intermediario finanziario.

Il principio fissato dalle Sezioni Unite della Cassazione

Innanzitutto ribadiamo qual è il principio affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione che rivoluziona il mondo dei pignoramenti immobiliari e delle aste giudiziarie. Il consumatore che ha firmato un contratto con una banca o altro istituto di credito contenente una

clausola vessatoria (ossia una clausola a lui particolarmente svantaggiosa) ha il diritto di bloccare l’eventuale pignoramento che sia stato intrapreso nei suoi confronti. E ciò anche se non ha mai presentato opposizione contro il decreto ingiuntivo notificatogli in precedenza dal creditore. Il fatto che tale decreto ingiuntivo sia divenuto definitivo, e quindi non più impugnabile, non rileva affatto. Ciò che conta, per la legge, è prestare massima tutela al consumatore. Così se la banca o la finanziaria ha fatto firmare clausole abusive, l’ipoteca è nulla ed il pignoramento (come la successiva vendita all’asta) vanno bloccate. Il diritto all’abitazione in sostanza prevale nel caso di applicazione di clausole vietate dall’UE.

A tale proposito, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha considerato, da un lato, che la perdita dell’abitazione costituisce una delle più gravi violazioni al diritto al rispetto del domicilio e, dall’altro, che qualsiasi persona che rischi di esserne vittima deve, in linea di principio, poter far esaminare la proporzionalità di tale misura.

Secondo la Corte di Giustizia Europea va bloccato il pignoramento eseguito sulla prima casa del consumatore, se il contratto di mutuo contiene clausole vietate dalla Direttiva UE/93/2013

Questo fa sì che il giudice, d’oggi in poi, prima di concedere un decreto ingiuntivo alla banca dovrà prima verificare se il contratto sulla scorta del quale è sorto il debito contiene clausole vessatorie e dovrà motivare quindi l’eventuale concessione del decreto stesso. E se tale controllo non c’è stato, il debitore potrà presentare una opposizione anche in fase avanzata, ossia a termini già scaduti, quando la casa è all’asta.

La questione più importante è che tale principio, scaturendo non già da una nuova legge ma da una interpretazione fornita dai giudici, ha efficacia retroattiva e quindi si applica anche alle procedure esecutive in corso. Dunque, chi ha un immobile all’asta potrà valutare, insieme al proprio legale, se presentare un ricorso al giudice per chiedere che venga sospeso il pignoramento in attesa di valutare l’eventuale illegittimità del contratto firmato con la banca e, in caso affermativo, annullare tutta la procedura esecutiva.

Come annullare l’asta giudiziaria?

Il principio affermato dalla Cassazione si applica solo a patto che sussistano alcune condizioni. In particolare:

  • il pignoramento non deve essere già terminato: non vi deve essere cioè già stato il provvedimento di assegnazione;
  • il contratto con la banca deve essere firmato da un privato o comunque da un soggetto che non agisce per finalità collegate al lavoro. Quindi la nuova regola non vale per le società, per gli imprenditori o per immobili a uso investimento, per l’acquisto di negozi e così via. Vale solo quando il debitore è un consumatore;
  • il contratto con la banca deve contenere almeno una clausola vessatoria, rientrante cioè nell’elenco indicato dal codice del consumo all’articolo 33.

Vediamo dunque quali sono le clausole vessatorie che invalidano il contratto con la banca e consentono di rimettere in gioco l’asta giudiziaria.

Quali sono le clausole vessatorie con la banca?

Vediamo ora, concretamente, quali sono le clausole vessatorie che possono essere presenti nel contratto con la banca o la finanziaria e che possono invalidare il pignoramento immobiliare.

In linea generale, sono vessatorie quelle clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

Bisogna però fare una precisazione importante. Esistono due tipi di clausole vessatorie: quelle indicate nel codice civile e quelle previste dal codice del consumo. Nel primo caso le clausole vessatorie possono essere ritenute valide se sono appositamente accettate dal cliente (con la doppia sottoscrizione); nel secondo caso la clausola vessatoria è sempre illegittima e non può mai essere sanata.

A ben vedere il codice del consumo prevede due tipi di clausole vessatorie: quelle nella zona grigia (che si presumono vessatorie fino a prova contraria) e quelle nella zona nera (che sono sempre vessatorie).

Il codice del consumo

Quando i clienti di un’impresa sono consumatori, cioè persone fisiche che concludono un contratto fuori dell’ambito della propria attività lavorativa, non è sufficiente la specifica sottoscrizione scritta ai sensi dell’art. 1341 c.c., in quanto si applica il Codice del Consumo (D.lgs. n. 206/2005) che prevede una disciplina specifica.

L’art. 33 del CdC stabilisce ch sono vessatorie tutte quelle pattuizioni che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto .

Una clausola vessatoria ai sensi del CdC è nulla, cioè invalida, anche se il consumatore l’ha sottoscritta specificamente ai sensi dell’art. 1341 c.c., tranne alcuni casi.

Il CdC prevede alcune presunzioni, cioè elenca una serie di clausole che sono considerate vessatorie e quindi invalide.

Le clausole che rientrano nella cosiddetta lista grigia si presumono vessatorie ma l’impresa può dimostrare che la clausola non è in realtà vessatoria per il consumatore.

Le clausole che rientrano nella cosiddetta lista nera sono considerate vessatorie in ogni caso, cioè senza possibilità di prova contraria da parte dell’impresa.

Esempi di clausole della lista grigia (vessatorie salvo prova contraria):

  • escludere o limitare le azioni o i diritti del consumatore nei confronti dell’impresa o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista;
  • imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo;
  • riconoscere solo all’impresa la facoltà di recedere dal contratto, consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia l’impresa a recedere dal contratto;
  • consentire all’impresa di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, tranne nel caso di giusta causa;
  • sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi.

Clausole della lista nera (vessatorie sempre)

:

  • escludere o limitare la responsabilità dell’impresa in caso di morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista;
  • escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti dell’impresa o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte dell’impresa;
  • prevedere l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, di fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.

L’impresa può dimostrare che una clausola della lista grigia non è vessatoria (e quindi è valida) se:

  • è relativa all’oggetto del contratto e al corrispettivo dei beni e dei servizi, purché individuati in modo chiaro e comprensibile;
  • riproduce una norma di legge, tranne quelle che implicano una scelta. Quindi non si applica agli interessi anatocistici che possono essere oggetto di accettazione ma non sono vincolanti;
  • non determina uno squilibrio di diritti/obblighi inerenti il contratto, perché gli effetti negativi sul consumatore sono compensati da altri positivi previsti da un’altra clausola del contratto o di un contratto collegato;
  • è stata oggetto di trattativa individuale, purché effettiva; ciò è molto difficile da dimostrare, impossibile quando il contratto è on line. Quindi il fatto di accettare gli interessi anatocistici potrebbe essere insufficiente.

Clausole vessatorie con le banche

La prima e più frequente è quella relativa al

calcolo degli interessi. In presenza di usura o di anatocismo, il consumatore può bloccare il pignoramento.

Un’altra tipica clausola vessatoria è quella che deroga al foro, stabilendo che il giudice competente per eventuali azioni o opposizioni non è quello della residenza del consumatore (come vorrebbe la legge) ma un altro. Una clausola del genere viene spesso inserita per disincentivare eventuali iniziative giudiziarie da parte del consumatore.

Se si tratta di una clausola che deroga al foro del consumatore la sospensione del pignoramento è totale. Nel caso invece di una clausola che determini interessi eccessivi, la sospensione può essere parziale, limitata cioè solo all’importo in contestazione, mantenendo intatta la procedura per la quota capitale del debito.

È vessatoria la clausola che riconosce alla banca il diritto di recedere dal contratto in mancanza di un giustificato motivo e senza un preavviso ragionevole (salvo nel caso di giusta causa). La legge infatti (art. 1845, comma 3, cod. civ.) stabilisce invece che il preavviso non può essere inferiore a 15 giorni. Così, ad esempio, il debitore che si sia visto revocare il contratto di apertura del credito, con obbligo di restituire in un’unica soluzione e tutto d’un tratto l’intero debito può opporsi al pignoramento. Così come potrebbe chi, per poche rate non pagate nel mutuo sia stato costretto a restituire immediatamente tutto il capitale e gli interessi.

È vessatoria la clausola che attribuisce alla banca la facoltà di dare o meno esecuzione agli incarichi assunti nei confronti del cliente o di stabilire in modo arbitrario le modalità di esecuzione degli stessi, ad esempio negando l’esecuzione di un bonifico.

È vessatoria la clausola sulla prestazione di servizi bancari e finanziari che escludono la responsabilità della banca per fatti non direttamente imputabili ad essa.

È vessatoria la clausola che dà alla banca il potere unilaterale di modificare le condizioni economiche del rapporto senza obbligo di immediata comunicazione al cliente. Si pensi alla clausola che modifichi gli interessi del mutuo o del finanziamento, la durata del finanziamento o le condizioni di rimborso.

Sono altresì vessatorie le clausole inserite nei contratti fra banca e consumatori che indicano un termine non ragionevole per i reclami del cliente in merito alle operazioni effettuate per suo conto dalla banca e le clausole che stabiliscono che le risultanze dei libri e/o delle altre scritture contabili della banca fanno prova nei confronti del cliente.

È anche vessatoria la clausola che impone al cliente di pagare prima di sollevare eventuali contestazioni sulla legittimità del contratto o che esclude o limita le azioni o i diritti del consumatore nei confronti della banca in caso di inadempimento di quest’ultima.

Sono vessatorie le clausole di compensazione automatica, quelle cioè che consentono alla banca di trattenere somme dal conto corrente del debitore per recuperare eventuali crediti derivanti da altri rapporti, come finanziamenti e mutui.

Alcuni contratti di finanziamento possono poi prevedere commissioni nascoste o eccessive, come ad esempio costi di istruttoria, di gestione o di estinzione anticipata del finanziamento. Queste commissioni possono aumentare notevolmente il costo del finanziamento e, se non adeguatamente comunicate, possono essere considerate vessatorie.

Sono vessatorie le clausole di garanzia o fideiussione che impongono al garante obblighi sproporzionati o quando non consentono la revoca della garanzia in caso di modifiche unilaterali del contratto da parte della banca.

È vessatoria la clausola che impone al consumatore, in caso di mancato pagamento di una rata o di ritardo, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente solo se d’importo manifestamente eccessivo.

È vessatoria la clausola che prevede l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.

Ultimo aspetto: la clausola, per essere considerata vessatoria, non deve essere stata oggetto di uno specifico negoziato tra le parti: il che avviene quando è stata redatta preventivamente da una sola parte – in particolare nell’ambito di un contratto di adesione – e il consumatore non ha potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto. Ed è ciò che succede sempre con banche e finanziarie che offrono al cliente dei moduli prestampati su cui questi può solo scegliere se accettare o meno, senza poter influire sul relativo documento e sulle sue clausole.

Il fatto che taluni elementi di una clausola o che una clausola isolata siano stati oggetto di negoziato individuale non esclude l’applicazione del presente articolo alla parte restante di un contratto, qualora una valutazione globale porti alla conclusione che si tratta comunque di un contratto di adesione.

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