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diSimone Bianco e Silvia Seminati

Confermato all’Urbanistica per il terzo mandato consecutivo nelle giunte di centrosinistra: «Dieci anni fa c’era un certa ingenuità. Giorgio Gori ed Elena Carnevali sono diversi, ma hanno la stessa determinazione» 

Francesco Valesini è uno dei veterani delle giunte del centrosinistra: c’era all’inizio dell’epoca di Giorgio Gori, è ancora assessore all’Urbanistica con Elena Carnevali. In tre tornate elettorali non è mai stato candidato, ma la sua presenza in giunta in questo decennio non è mai stata in discussione. Tecnico, ma spesso protagonista delle scelte più politiche dell’amministrazione. Con conseguenti polemiche.

Siete reduci dal primo ritiro della giunta Carnevali. Una tradizione inaugurata da Gori. Quali sono le differenze tra i due sindaci?




















































«Sono diversi, ma il piglio di Elena è simile a quello di Giorgio. C’è un differente approccio caratteriale: lei considera le conseguenze delle decisioni a più ampio spettro, lui andava dritto all’obiettivo. L’insistenza per arrivare al risultato è la stessa».

Quanto è cambiata l’atmosfera in giunta da quella prima seduta nel 2014?

«Dieci anni fa c’era la sensazione di una città da far ripartire. Temi importanti erano senza risposte: stadio, caserme, Centro piacentiniano. C’era una certa ingenuità, anche nello stesso Gori, quella di chi si approccia all’amministrazione per la prima volta e pensa di poter fare tutto subito. Poi abbiamo imparato ad affrontare i progetti secondo tempi e complessità amministrativa. Adesso abbiamo molte partite difficili da gestire, ma anche la tranquillità dovuta all’esperienza».

È stato giusto dare una così forte continuità tra la giunta Gori e la giunta Carnevali?

«Sì, anche come conseguenza dei risultati elettorali. In una città abituata all’alternanza, il grande distacco sul centrodestra ha premiato la continuità. Poi c’è anche la volontà di chiudere alcune partite importanti: ad esempio, ormai tra me e la Montelungo è un fatto personale».

Dopo l’ultimo annuncio sull’accordo è emerso un ostacolo con il ministero. È tutto superato?

«Sì, e non ci sono stati dubbi da parte dell’Università che quella risposta sarebbe stata positiva. C’è stata la firma sull’atto integrativo da parte di tutti i soggetti, ora contiamo di pubblicare il bando di gara prima di Ferragosto».

Quando inizierà il cantiere?

«L’inizio dei lavori è previsto per la tarda primavera del 2025. La prima parte a essere realizzata sarà quella pubblica, nella ex Montelungo vera e propria, con lo studentato e le aule didattiche dell’università. Poi c’è l’area della ex Colleoni su cui è in corso lo studio di fattibilità per realizzare residenze private per studenti e spazi commerciali».

Non c’è il rischio che una parte venga realizzata e l’altra resti sulla carta?

«No, lo garantisce il finanziamento di 34 milioni di euro già deciso da Intesa Sanpaolo. L’unica incertezza che riguarda tutte le opere pubbliche di questi anni è l’influenza che gli scenari internazionali possono avere sui piani finanziari dei lavori pubblici».

L’esplosione dei costi nell’edilizia che peso ha avuto sui grandi progetti in città?

«Il caso della Montelungo è esemplare perché con l’allungarsi dei tempi autorizzativi l’effetto dell’aumento dei prezzi aveva reso il progetto non più sostenibile. Ma anche sulla nuova Gamec siamo partiti da un preventivo di 10 milioni che è salito a 18, senza i 6 milioni di Intesa e i 6 del Pnrr non ce l’avremmo fatta. Il nuovo Palazzetto dello Sport è passato da 10 a 14 milioni: il Comune ha dovuto aggiungere 2 milioni, altri 2 Costim. Arrivare ad accordi in questo contesto non è semplice».

Il nuovo palazzetto era previsto inizialmente che fosse pronto a settembre 2024. È pensabile che apra a settembre 2025?

«No, nella prima versione si ipotizzava un anno di lavori. Adesso abbiamo rilasciato il permesso di costruire, ma stiamo aspettando il progetto esecutivo di parte di Costim per capire i tempi. Consideriamo infatti che questa è un’opera di urbanizzazione legata al progetto Chorus Life, dunque dobbiamo stare ai tempi dell’operatore privato».

I lavori finanziati dal Pnrr in città stanno rispettando le scadenze imposte dall’Ue?

«Sì, dalle ultime ricognizioni è così, non ci sono ritardi, vale sia per la Gamec che per Sant’Agata e gli altri cantieri. Devo dire che finora siamo stati fortunati anche nella scelta delle imprese che stanno rispettando gli impegni».

La fine dell’ondata dei cantieri da Superbonus 110% sta avendo un effetto positivo sulle opere pubbliche?

«Sono convinto che l’avrà nelle prossime gare: ci sarà più partecipazione e più voglia di prendere lavoro».

L’opera Pnrr più rilevante a Bergamo è la nuova stazione ferroviaria, un cantiere di Rfi. Come procede?

«Da settembre-ottobre inizierà la fase più intensa. Ci sarà la demolizione per ricostruire il sottopasso e quindi l’attraversamento dovrà essere garantito con un passaggio provvisorio a raso attraverso il cantiere. Contemporaneamente inizieranno i lavori per le fondazioni della nuova stazione con la rimozione dei binari e l’installazione di quattro gru. Stiamo anche lavorando con Rfi per migliorare la comunicazione ai passeggeri che si dovranno orientare in una stazione trasformata in cantiere e, ad esempio, raggiungere i binari in punti distanti rispetto al solito. Questo è un aspetto da migliorare».

Quello è il primo tassello del maxi progetto Porta Sud. Cosa viene dopo?

«Per realizzare l’integrazione intermodale abbiamo previsto nei progetti di trasferire la stazione del trasporto pubblico a sud dei binari (verso via Gavazzeni), ma per fare questo è necessario lavorare su un’ipotesi di permuta di alcune aree. Dobbiamo mettere intorno al tavolo le ferrovie, cioè Sistemi Urbani, Gruppo Vitali e Arriva, oltre agli enti pubblici: l’obiettivo è trasferire anche il deposito degli autobus e un’ipotesi riguarda gli ex Magazzini Generali di via Rovelli. Terminato il cantiere della stazione, tra il 2026 e il 2027 bisognerà chiudere questo accordo per poter procedere con tutto il resto, dalla nuova via Gavazzeni alle future costruzioni di Porta Sud».

Il recupero dell’ex Reggiani, invece, sembra un’altra volta allontanarsi?

«Sì, parte dell’area è finita in mezzo a questa indagine per frode fiscale e questo ha pesato anche sul dialogo che si era aperto con l’Università. Però siamo fiduciosi che anche grazie ai proprietari dell’altra porzione dell’area si possa evitare che la Reggiani finisca in un procedimento di concordato che renderebbe le cose ancora più difficili».

Su altre aree con criticità ci sono segni di ripartenza?

«Stiamo lavorando su quella dell’Abb Sace, dove il degrado preoccupa il quartiere. Dopo il ridimensionamento dei volumi nel nuovo Pgt, c’è l’interessamento di operatori per uno sviluppo dell’area. Mi auguro ci siano presto novità».

Dopo gli anni del restyling di Sentierone e piazza Dante, qual è il prossimo progetto riguardante il centro?

«La riqualificazione di piazza della Repubblica è un obiettivo e non da oggi. C’è una previsione di 1,5 milioni di euro di spesa. Dovremo stabilire l’effettiva priorità di un progetto che interesserà sia le aree pubbliche in superficie che quelle private sotterranee. Sgomberiamo subito il campo da preoccupazioni: manterremo il giardino pubblico, aumenteremo le piantumazioni, ma daremo una nuova veste a un’area che ormai è un po’ datata essendo stata progettata quasi 70 anni fa. Resterà lo spazio per le auto dell’hotel, ma in una porzione più vicina a via Brigata Lupi. C’era l’ipotesi di ampliare il numero di posti auto nel parcheggio sotterraneo, ma è stata accantonata. In ogni caso anche il privato interverrà sulla sua struttura migliorandone per esempio l’accesso pedonale».

La neo assessora al Verde Oriana Ruzzini sta conducendo una battaglia per tutelare meglio la presenza di alberi nei progetti delle opere pubbliche. Siete allineati?

«Io penso che la capacità di lettura integrata tra verde e opere ci sia sempre stata. Poi avendo fatto tanti interventi sono emersi anche tanti problemi. Non è che in questi anni siamo andati in giro per la città con il gusto di tagliare alberi e la voglia di fare legna: ci sono state situazioni in cui alcune scelte tecniche si sono imposte. Ma abbiamo anche piantato 13 alberi davanti a Palazzo Frizzoni e aumentato di 4 mila metri quadrati il verde nel Centro piacentiniano».

C’è un po’ del suo gusto nelle scelte, qualcuno dice minimaliste o metafisiche, in certe piazze rifatte in questi anni?

«No, perché c’è il rispetto dei progettisti. E poi oggi siamo tutti condizionati da questa esigenza del pronto effetto in cui tutto dev’essere subito fotografabile. Tra dieci anni gli alberi di piazza Dante avranno chiome che faranno un altro effetto, ma d’altra parte la città non è nata come la vediamo oggi, con i viali già alberati».

Piazzale Alpini anche dopo l’installazione dell’inferriata, tra palco per i concerti e tensostruttura, continua a trasmettere un senso di provvisorietà. Ci lavorerete ancora?

«Sì, ma una soluzione definitiva alla piazza sarà possibile solo quando si interverrà su tutti gli edifici dell’isolato, Autolinee comprese. Per il momento la recinzione funziona, anche secondo i gestori dell’area, mentre in effetti andrà trovata una soluzione al dehors con i teli in plastica, che dà un senso di posticcio».

29 luglio 2024 ( modifica il 29 luglio 2024 | 08:19)

 

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