Negli ultimi dieci anni in media il 55% dei capitali investiti a Milano è risultato di origine straniera. L’operazione in via monte Napoleone da 1,3 miliardi di euro è la più costosa mai compiuta in Italia per un singolo edificio
Nei primi sei mesi di quest’anno Milano ha attratto un terzo dei capitali impiegati nel mattone da investimento, espressione con cui si identifica il mercato degli edifici «cielo terra» o degli show room di elevato valore unitario, acquisiti da operatori istituzionali come i fondi immobiliari o i fondi pensione. Con tutta probabilità la quota a fine anno risulterà ancor più alta perché nel terzo trimestre si è perfezionata la transazione monstre con cui Kering (il polo del lusso controllato da François Pinault) ha acquisito l’edificio di via Monte Napoleone 8, dove si trova uno dei più gloriosi locali della città, la Pasticceria Cova, e anche importanti marchi della moda. L’operazione da 1,3 miliardi di euro è la più costosa mai compiuta in Italia per un singolo edificio.
La nostra città detiene anche il record assoluto del valore di una singola operazione, grazie allo storico deal con cui il fondo Sovrano del Qatar ha acquisito nel 2015 Porta Nuova, pagando per il 60% della quota (il 40% era già di sua proprietà) due miliardi di euro.
Se in Italia Milano non ha confronti possibili dal punto di vista dell’attrattività immobiliare (ma va detto che Roma sta aumentando il suo richiamo per gli investitori) anche sul piano internazionale è molto ben posizionata, come rileva un recente studio di Assolombarda, Milano & Partner e, per lo specifico dell’immobiliare, da Jll, acronimo della società internazionale di consulenza Jones Lang LaSalle.
Negli ultimi dieci anni, rileva lo studio, in media il 55% dei capitali investiti a Milano è risultato di origine straniera. Si tratta di una percentuale tra le più elevate nel confronto europeo. Il capoluogo lombardo viene infatti superato da Barcellona (70%), Londra (65%, in calo dopo la Brexit) e da Amsterdam (58%), ma sopravanza Berlino (50%), Parigi e Monaco di Baviera, entrambe ferme a quota 37%. Per quanto riguarda invece il volume degli investimenti nell’ultimo decennio, in media New York e Londra hanno attratto capitali rispettivamente per 32,6 e 25,4 miliardi di euro annui, seguite da Tokyo e Parigi con circa 21 miliardi di euro. Milano è superata da Monaco di Baviera, con 6 miliardi, e da San Francisco (5,6) ma con 3,1 miliardi va oltre i 3 miliardi di Amsterdam e gli 1,7 di Barcellona.
Nel primo semestre del 2024 gli investimenti istituzionali a Milano sono ammontati a quasi 600 milioni di euro, ammontare più alto di quello di Amsterdam (400 milioni) e comparabile con quelli con Barcellona (700 milioni) e San Francisco (900 milioni). Su una scala dimensionale decisamente più elevata, si collocano Londra (7,5 miliardi), New York (8,8 miliardi) e Tokyo (10,2 miliardi). A inizio anno, con i tassi ancora molto elevati, i mercati internazionali hanno registrato un marcato calo rispetto alla media semestrale dell’ultimo decennio e Milano non è risultata indenne, con una riduzione dei volumi del 55,6%. Il terzo trimestre però in Europa e anche in Italia (dove si sono registrati investimenti per 3,2 miliardi, comprendendo anche l’operazione Kering) è in netta ripresa.
Ma su quali immobili puntano gli investitori? A Milano nel 68% dei casi si tratta di uffici e tipicamente sono palazzi con spazi progettati per essere sede di aziende che occupano l’immobile per lungo periodo. Il mercato di questo tipo di edifici in Italia in pratica c’è soltanto a Milano e a Roma, con Torino, Bologna e Napoli che giocano un ruolo marginale. Nel confronto internazionale Milano è leader, visto che a Tokyo gli investimenti in uffici sono il 58%, a Londra il 41%, e nelle altre metropoli la quota è ancora minore. La buona salute del comparto uffici è dimostrata da due dati: il tasso di sfitto in discesa al 9%, i canoni per gli immobili prestigiosi in salita, fino a 750 euro al metro quadrato per anno per le zone top.
L’investimento dei fondi in residenziale a Milano ha un peso residuale (4%) e riguarda soprattutto studentati e Rsa o al più edifici destinati agli affitti brevi mentre nessuno punta su palazzi da affittare a inquilini interessati alla residenza di lunga durata perché la legge italiana in materia fa fuggire gli investitori. A San Franciso ad esempio la quota di residenziale tocca il 60%. In compenso cresce l’interesse per gli alberghi. Molto rilevante infine per la Grande Milano (ma non certo per il suo territorio comunale) è il comparto degli immobili industriali e logistici che vede un aumento della richiesta in locazione.
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