Tu sei il segretario dei radicali, non senti un po’ fuori dal tempo? I Radicali non sono ormai morti in Italia?
Lo erano fino a un po’ di mesi fa, con la precedente presidenza, non temo di dirlo, perché era un gruppo dirigente molto ancorato alla storia, alle vicissitudini, ai fatti, agli avvenimenti e ai pensieri passati dei Radicali. Il fatto che oggi tu mi stia intervistando invece dice proprio il contrario, cioè che in qualche modo un gruppo di giovani – io ho ventuno anni, Filippo Blengino, il nostro tesoriere, ne ha ventiquattro, Maurizio De Grazia, la presidente, ne ha venticinque – può gestire una realtà politica dall’inizio alla fine. Credo che oggi le nostre idee siano molto attuali, riguardino la persona, la sua autodeterminazione, appunto lo Stato di diritto, la lotta alle corporazioni, l’attenzione verso le giovani generazioni. E credo anche che il metodo che noi utilizziamo possa essere vincente, un metodo sicuramente molto forte che tende a fare scalpore, a volte anche a polarizzare o comunque a far parlare di sé, che utilizza il corpo, utilizza la disobbedienza civile, utilizza la non violenza, in modo concreto. Questo metodo oggi può funzionare e noi l’abbiamo provato a declinare anche sulle piattaforme online e sui social portandola a un pubblico che altrimenti non avrebbe probabilmente mai conosciuto i Radicali.
Tuttavia, la comunicazione sui social è spesso anche superficiale.
È molto difficile coniugare una situazione in cui i social sono velocissimi e l’attenzione è molto molto bassa, con i tentativi di non banalizzare completamente dei temi. Quindi c’è un po’ da trovare un equilibrio tra una comunicazione accessibile e rapida e dei contenuti importanti, magari riuscendo anche a coinvolgere esperti, personalità che possono essere dei riferimenti per chi poi ascolta.
Nucleare, sì o no?
Sì
Auto elettriche?
Sì. Non idealizzando, però…
Aborto?
Sì.
Legalizzazione di droghe leggere?
Sì.
Legalizzazione di droghe pesanti?
Sì.
Sovraffollamento delle carceri: amnistia?
Sì.
Libero mercato dell’istruzione, scuola private, paritarie, eccetera?
Ni.
Più sì o più no?
Più no, nel senso che in Italia non partirei da quello. Abbiamo tante altre cose su cui lavorare. Io intanto tenterei di riformare l’istituzione pubblica che abbiamo, che è per vari motivi folle, perché ha orientamento che manca, linee guida dei vari percorsi di studio che sono antiquatissime, sistema che ti fa scegliere quando sei bambino cosa devi fare, una serie di problemi drammatici.
Autonomia differenziata?
No.
Federalismo?
Sì.
Qual è la differenza tra federalismo e autonomia differenziata?
Dipende essenzialmente dal testo che proponi, io per autonomia differenziata intendo ovviamente Calderoli, che per me suona ridicolo. Tra l’altro nel federalismo fiscale tu hai la possibilità a livello regionale, o come lo si vuole impostare, di imporre delle tasse e poi di utilizzare i soldi che ricevi dalle tasse in maniera responsabile; con l’autonomia differenziata invece avremo una tassazione a livello nazionale e poi un investimento a livello regionale, che è una roba schizofrenica. Per cui, insomma, se il tema è rendere più responsabili gli enti locali e le regioni, qualora probabilmente anche loro lo vogliano, dargli la possibilità di gestire una parte del proprio bilancio su più competenze in maniera responsabile, decidendo quali imposte avere e come investire quei soldi, secondo me può non essere sbagliato in principio.
Presidenzialismo alla Meloni cioè premierato?
No.
Pensioni: Salvini o Fornero?
Fornero. Tutta la vita.
Sanità pubblica, privata o mista?
Misto. Il punto è non demonizzare il privato, che per alcune prestazioni può ovviamente affiancare il pubblico senza sostituirlo
Qual è il più grande errore della sinistra italiana?
Raccontare cose lontane in maniera troppo difficile, cioè rispetto a una destra che è riuscita in tutto il mondo a raccontare delle idee, anche molto semplici, spesso non condivisibili, in maniera abbastanza diretta e creando anche delle definizioni che sembrano studiate in laboratorio, basti pensare a “utero in affitto” o “clandestini”, termini che hanno una connotazione che già identifica il problema nel modo culturale della destra e spinge la gente a utilizzare quel linguaggio. I liberali, invece, hanno sempre pensato, anche negli ultimi anni, di poter incidere facendo i centristi moderati, quelli che stanno un po’ a metà, quando in realtà è il contrario, cioè il futuro dei liberali è la motosega. Centrista è una parola terrificante.
La destra viene spesso accusata è di essere ignorante. Qui a Bologna abbiamo il triste esempio di Lucia Borgonzoni, che divenne famosa nel 2021 per aver detto: “Non leggo un libro da tre anni”. Tu quanti libri leggi all’anno?
Una bella domanda. Io cerco di leggere almeno un libro al mese oltre allo studio universitario. Naturalmente con delle grandi difficoltà, soprattutto negli ultimi mesi di campagna elettorale, dopo le europee tra l’altro.
Qual è l’ultimo libro che hai letto?
Il signor ManiNon pensare all’elefante, di George Lakoff, che avevo già letto in inglese. Lui racconta proprio quello che ci siamo detti riguardo alla difficoltà del centrosinistra, delle realtà progressiste, di costruire questa alternativa, anche a livello di comunicazione, rispetto alla destra. Raccontato da un progressista, un liberale come lui. , di Abraham B. Yehoshua, uno scrittore ebreo molto molto. Libro assurdo. L’altro è Ne ho letti due parallelamente.
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