La normativa sul terzo condono edilizio opera esclusivamente con riferimento agli interventi di minore rilevanza, ovverosia restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo. Un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo non può essere sanato.
Il terzo condono edilizio del 2003 è quello più gettonato attualmente, ma è anche quello meno permissivo e più restrittivo, soprattutto in zona vincolata, se paragonato ai precedenti due del 1985 e 1994.
Terzo condono edilizio per il recupero del sottotetto
Oggi vediamo se è possibile, quindi, ottenere la sanatoria straordinaria ex DL 269/2003 per alcuni interventi costruttivi senza autorizzazione edilizia, consistenti, in particolare, nel recupero del sottotetto con sopralzo per formazione di una camera e un bagno, nonché nella realizzazione di un pergolato e di un nuovo camino, oltre che nell’innalzamento delle falde del tetto per circa 30 cm.
Ad una prima lettura degli interventi, balza subito all’occhio come si tratti di opere ‘rilevanti’, appartenenti alla categoria dei cd. abusi maggiori, che, in zona vincolata, sono fuori dal perimetro del terzo condono edilizio, proprio come confermato dal Tar Milano nella sentenza 1590/2024.
La sentenza è molto utile perché fornisce un riepilogo delle regole per quanto concerne il terzo condono edilizio in zona vincolata.
Il ricorso: questi abusi rientrano nella definizione di manutenzione straordinaria?
Con riferimento all’illegittimità del diniego di condono operato dal comune i ricorrenti hanno dedotto che:
- le opere sarebbero state conformi allo strumento urbanistico generale vigente alla data di realizzazione degli interventi abusivi e a quella di entrata in vigore della legge sul condono, a nulla rilevando che tra l’emanazione del D.L. n. 269/2003 e la data di presentazione delle istanze sia stato approvato un P.R.G. maggiormente restrittivo;
- non ricorrerebbero, nelle fattispecie, tutte le condizioni che la giurisprudenza ritiene necessarie al fine di escludere la condonabilità delle opere – cioè l’imposizione del vincolo di inedificabilità prima della esecuzione delle opere, la realizzazione delle stesse in assenza o difformità dal titolo edilizio e la non conformità alle norme urbanistiche – essendo le stesse conformi alle disposizioni di P.R.G. pro tempore vigenti;
- gli abusi sarebbero stati in realtà condonabili (non incidendo sulle altezze, né sui volumi rilevanti dal punto di vista urbanistico-edilizio), essendo peraltro intervenuto nel caso di specie il parere favorevole – seppur mediante silenzio assenso c.d. orizzontale – della soprintendenza competente;
- gli abusi edilizi rientrerebbero nella definizione di manutenzione straordinaria c.d. pesante ovvero in quella di risanamento conservativo.
Terzo condono edilizio: in zona vincolata sanatoria solo per gli abusi minori
Il Terzo condono edilizio non è in ogni caso consentito per gli “abusi maggiori” commessi in zona sottoposta a vincolo posto in epoca anteriore alla realizzazione delle opere, ciò indipendentemente dal tipo di vincolo, se di inedificabilità assoluta o relativa. Dentro la sanatoria straordinaria solo restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria.
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Terzo condono edilizio in zona vincolata: le regole
Prima di tutto, il TAR ricorda le condizioni/regole del terzo condono edilizio (art.32 comma 26 del DL 269/2003, convertito in legge 326/2003), e cioè:
- sono sanabili le tipologie di illecito di cui all’Allegato 1, numeri da 1 a 3, nell’ambito dell’intero territorio nazionale;
- sono sanabili le tipologie di illecito di cui all’Allegato 1, numeri 4, 5 e 6, nell’ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all’articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47;
- “fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora: (…) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
Tradotto per quello che ci interessa nel caso di specie: la normativa sul “terzo condono edilizio” opera esclusivamente con riferimento “agli interventi di minore rilevanza indicati ai numeri 4, 5 e 6 dell’allegato 1 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), previo parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo).
Non sono in alcun modo sanabili gli abusi cd. maggiori, appartenenti cioè ai numeri 1, 2 e 3 del predetto Allegato.
In definitiva, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo non può essere sanato.
Recupero del sottotetto con sopralzo e realizzazione di camere: terzo condono impossibile
Arrivando alle opere specifiche, è evidente che esse non possano rientrare nella categoria della manutenzione straordinaria o del risanamento conservativo (numeri 4, 5 e 6) come paventato dal ricorrente.
Si tratta, infatti, della realizzazione di un sopralzo per la formazione di una camera con un bagno, della costruzione di un camino e di un pergolato e dell’innalzamento delle falde del tetto di circa 30 cm.
L’intervento abusivo ha comportato il sopralzo dell’originario edificio per la realizzazione di un nuovo vano abitativo e di un bagno, con la creazione di una volumetria prima non esistente.
Siamo quindi in presenza di una nuova costruzione e non di una mera attività di manutenzione edilizia, di restauro o risanamento conservativo, il che esclude in radice la condonabilità del manufatto, senza che possa assumere rilievo, a fronte della consistenza dell’abuso, la circostanza che l’opera fosse in ipotesi conforme agli strumenti urbanistici.
La sopraelevazione è un’opera maggiore
I ricorrenti sostengono inoltre che si tratterebbe di interventi di modesta entità poiché il camino costituirebbe un mero volume tecnico privo di autonoma rilevanza urbanistico-funzionale, il pergolato un manufatto da realizzare in edilizia libera e come tale non suscettibile di demolizione, mentre la difformità delle falde del tetto, quantificabile in 30 centimetri, non comporterebbe alcun incremento di volume o di superficie utile, potendosi quindi ricondurre la stessa nella sostituzione di una parte strutturale dell’edificio, se non addirittura nelle tolleranze costruttive.
Ma – evidenzia il TAR – i ricorrenti, in violazione dell’onere probatorio che grava su chi agisce in giudizio, hanno omesso di comprovare le caratteristiche effettive delle opere e si sono limitati a una sintetica descrizione delle stesse, non consentendo quindi al Collegio di cogliere le caratteristiche oggettive dei manufatti realizzati e di verificare, sul piano concreto, la loro rispondenza alle minime caratteristiche menzionate in ricorso e la prospettata “irrilevanza” urbanistica cui si fa riferimento.
Peraltro, già il solo sopralzo delle falde del tetto, anche se di modesta entità, esclude che la fattispecie possa concettualmente essere ricondotta alle categorie di cui ai numeri 4, 5 e 6 dell’Allegato 1, poiché “una sopraelevazione, comportando sempre un aumento della volumetria e della superficie di ingombro, non può qualificarsi come risanamento conservativo o ricostruzione dei volumi edificabili preesistenti, i quali hanno solo lo scopo di conservarne i precedenti valori
Niente terzo condono e demolizione inevitabile.
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