Tra le ultime mosse dell’amministrazione Usa di Joe Biden ci sarà l’accelerazione profonda dei finanziamenti all’industria dei chip ai sensi della strategia promossa nell’ultimo biennio per rafforzare la capacità produttiva di semiconduttori da parte di Washington.
L’amministrazione democratica intende mettere a terra decine di miliardi di sussidi in forma ufficiale al fine di blindare una delle sue maggiori eredità industriali e dare sostanza a programmi che mirano a rivitalizzare la produzione di semiconduttori negli Usa, scesa dal 37% al 10% del totale mondiale nell’ultimo trentennio mentre il mercato prendeva la via dell’Asia.
52 miliardi per i semiconduttori a disposizione dei produttori di chip
Grandi aziende americane e non, a partire dal colosso di Taiwan Tsmc, principale produttore di chip al mondo, hanno annunciato investimenti massicci sul suolo statunitense dopo che nel 2022 il Chips and Science Act dell’amministrazione Biden ha messo a disposizione 52 miliardi di dollari in sussidi e finanziamenti per progetti d’investimento volti a promuovere azioni di insediamento industriale nel settore, “la tecnologia più ricercata al mondo” secondo la Segretaria Usa al Commercio Gina Raimondo. L’investimento sui chip rappresenta la componente più strategica di un piano da 280 miliardi di dollari volto a stimolare l’innovazione negli Stati Uniti.
Corsa ai finanziamenti sui chip
Biden sta lavorando per cercare di piazzare il denaro del Chips Act e Raimondo per formalizzare gli ultimi accordi prima che il 20 gennaio avvenga la fine dell’amministrazione e l’insediamento di Donald Trump, primo fautore in passato dell’attrattività agli investimenti in chip negli Usa che ora è tornato a ritenere il protezionismo daziario verso le importazioni di semiconduttori dall’Asia la mossa decisiva per spronare gli investimenti negli Usa. Ebbene, Biden e Raimondo intendono mettere The Donald davanti al fatto compiuto. E lavorano per il futuro: il Partito Democratico Usa intende ricostruire le sue posizioni politiche anche rivendicando l’eredità di quei piani che Biden ha spinto e che in campagna elettorale Kamala Harris spesso ha dimenticato di valorizzare.
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La regina del Chips Act sarà Tsmc, che riceverà 6,6 miliardi di dollari a fondo perduto e 5 in prestiti a tasso agevolato dal governo Usa per realizzare un impianto in Arizona. Questo amplifica il legame di interdipendenza degli Usa dall’Asia, in termini perlomeno di aziende strategiche. Come ha ricordato il Financial Times, “Tsmc fornisce la maggior parte dei chip all’avanguardia del mondo, tra cui le GPU di intelligenza artificiale di Nvidia. Ma la posizione delle sue fabbriche a Taiwan ha portato a preoccupazioni circa le potenziali tensioni tra Stati Uniti e Cina che potrebbero influire sulla fornitura”.
Inoltre, la singola sovvenzione a fondo perduto di maggior peso è quella che garantirà 8,5 miliardi a Intel per un piano di investimenti volto a garantire il superamento della cronica crisi industriale del gruppo con stabilimenti in Oregon, Ohio, Nuovo Messico e, di nuovo, Arizona. Spazio anche per Samsung, che otterrà 6,4 miliardi di dollari per insediarsi in Texas, e Micron, che ne riceverà 6,14 per investimenti su New York.
La corsa ai sussidi
The Verge ha ricordato che oltre a questi investimenti resta ancora una quota di fondi per sussidi pari a 25 miliardi di dollari inutilizzata ed è qui che Biden potrebbe lavorare per consegnare al Trump 2.0 un Chips Act “blindato”. La domanda, ha proseguito The Verge, non manca dato che “Raimondo ha affermato che i produttori di chip all’avanguardia hanno chiesto 70 miliardi di dollari di finanziamenti per la fabbricazione di chip, più di quanto inizialmente previsto dal governo”.
L’obiettivo del governo Usa è mettere a terra piani di investimento che possano avere effetto entro il 2030 per creare nuovi insediamenti e fare degli States, con la mano visibile dei sussidi, nuovamente un attore industriale importante per dare sostanza e concretezza ai piani di investimento sull’intelligenza artificiale. E anche se contrario al Chips Act, il primo beneficiario di questi progetti a dir poco ispirati al concetto di “America First” potrebbe, paradossalmente, essere il rientrante Trump.
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