Il Ministero della Cultura dovrà risarcire una lavoratrice della Reggia di Caserta per circa 12mila euro, perché riconosciuto colpevole di demansionamento della dipendente. La sentenza di primo grado, emessa dal Giudice del Lavoro del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Valentina Ricchezza, è arrivata dopo più di sei anni dalla denuncia della lavoratrice, difesa dagli avvocati Katiuscia Verlingieri, Emilio Maddalena ed Emilio Lavorgna.
La vicenda, che si trascina da tempo, si è consumata a cavallo della gestione di due direttori della Reggia di Caserta, Mauro Felicori (fino all’ottobre del 2018) e Tiziana Maffei. Proviamo a riassumere il percorso di questa lunga storia. Assunta a gennaio 2007 e inquadrata con la qualifica di Addetto ai Servizi di accoglienza e di Vigilanza posizione economica Area II, livello retributivo F3, la lavoratrice, che chiameremo Caterina, peraltro in possesso di laurea in Architettura, ha denunciato di aver subito un demansionamento, consistito nell’espletamento di mansioni di operatrice e non già di addetta, perché assegnata, senza rotazione, ai varchi molti dei quali sprovvisti di garitta, con espletamento delle mansioni in condizioni ambientali, quanto ai luoghi di lavoro, insalubri.
“Il funzionario dell’epoca, responsabile del personale – racconta Caterina – iniziò a mettere in campo delle azioni ritorsive nei miei confronti: ero stata impiegata nell’area Animazione e Didattica e venivo coinvolta in attività di cerimoniale quando arrivavano ospiti autorevoli. Avevo una competenza specifica. Ero abilitata in più materie artistiche. All’epoca ero anche impegnata in attività sindacali con la Cgil. Forse tutto è cominciato proprio per una questione sindacale. Fatto sta che dal gennaio del 2017 ritornavo ad essere assegnata alla vigilanza e, senza rotazione, anche a quella dei varchi di competenza degli operatori alla vigilanza e non già degli addetti ai servizi di accoglienza e di vigilanza”.
Caterina veniva spostata dunque da queste attività di assistenza culturale alla mera custodia e vigilanza dei cancelli, lontana dalla sede del complesso museale e spesso isolata all’interno del parco della Reggia, perché prima del 2020 non c’erano presidi fisici dentro cui ripararsi in caso di eventi atmosferici. “Facevamo vigilanza all’interno delle nostre automobili – racconta Caterina – d’inverno tenendo i motori accesi per riscaldarci e d’estate lo stesso per rinfrescarci. Spesso non mi potevo spostare nemmeno per andare a prendere un tè, perché chiaramente, stando da sola, si rischiava di essere sanzionata, come mi è successo, dato che avevo abbandonato l’area dove ero stata assegnata. Camminavo sempre con un iPad in mano, proprio per poter inviare pec in continuazione poiché anche per andare in bagno dovevo chiedere il permesso. Addirittura le ferie mi venivano concesse a singhiozzo”.
“Il giudice ha riconosciuto il danno non patrimoniale – dice l’avvocato Katiuscia Verlingieri – che comprende il danno biologico e il danno esistenziale, riconoscendo in pieno anche il demansionamento, come spiega la sentenza emessa dal giudice del lavoro”.
“È stata una vicenda molto dolorosa – confessa Caterina – perché è coincisa anche con un periodo familiare difficile, ma ora spero che le cose ritornino al proprio posto”.
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