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La domanda riconvenzionale rappresenta uno strumento di difesa di cui gode il convenuto (ossia la parte chiamata in giudizio) e che, a certune condizioni, può essere sfruttata anche dall’attore (reconventio reconventionis).

Si tratta di un istituto che consente di allargare l’oggetto originario del giudizio (il cosiddetto thema decidendum), inserendo elementi ulteriori rispetto a quelli dedotti dall’attore. Pertanto, il convenuto non solo può difendersi, ma anche contrattaccare utilizzando proprio la riconvenzionale e chiedendo la condanna dell’attore.

Nella presente guida, analizziamo i requisiti della domanda, i casi in cui può essere esperita e le condizioni di ammissibilità.

La domanda riconvenzionale (o riconvenzione) è la domanda proposta dal convenuto contro l’attore che lo ha citato in giudizio. Il convenuto può:

  • difendersi dalle pretese attoree (ad esempio, negando i fatti),
  • presentare eccezioni (allegando fatti modificativi o estintivi o impeditivi della pretesa attorea),
  • chiedere il rigetto della domanda avversaria,
  • proporre la domanda riconvenzionale.

Con la domanda riconvenzionale, egli chiede al giudice l’emanazione di un provvedimento a sé favorevole; in buona sostanza, il convenuto esercita un’azione vera e propria contro l’attore. La suddetta azione può proporsi anche autonomamente, ossia indipendentemente dall’iniziativa assunta dalla controparte. Proprio per questa ragione, come vedremo, il convenuto deve pagare un autonomo contributo unificato in base al valore della domanda. La riconvenzionale, pur essendo autonoma, può essere “inserita” nel processo in corso per il principio di economia dei giudizi e per evitare giudicati contraddittori.

Il convenuto, a questo punto, assume le vesti dell’attore e l’attore diviene controconvenuto o riconvenuto.

Attore

Convenuto

 

 

Atto di citazione

Comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale

 

Attore diviene controconvenuto o riconvenuto

Convenuto diviene attore

Di seguito, alcuni esempi.

  • Il venditore (attore) cita in giudizio il compratore (convenuto) per ottenere il pagamento del prezzo e il compratore domanda, in via riconvenzionale, la condanna del venditore alla consegna del bene.
  • Il creditore (attore) chiede al debitore (convenuto) il pagamento dell’importo dovuto, il debitore oppone, in via riconvenzionale, un controcredito superiore e chiede la condanna dell’attore al pagamento della differenza.
  • Il locatore (attore) intima lo sfratto per morosità al conduttore (intimato), il quale chiede, in via riconvenzionale, la condanna del proprietario alla refusione delle spese di manutenzione straordinaria da lui sopportate.
  • Il conduttore (attore) conviene in giudizio il locatore (convenuto) per il mantenimento in efficienza della cosa locata; il locatore chiede, in via riconvenzionale, la condanna del conduttore al pagamento dei canoni scaduti.
  • Il proprietario (attore) agisce per la riconsegna di un immobile e l’occupante (convenuto), in via riconvenzionale, formula una domanda di usucapione del bene.

Come vedremo nei paragrafi successivi, il convenuto non può proporre indiscriminatamente qualsiasi domanda riconvenzionale verso la controparte, in quanto l’oggetto del processo è già stato delimitato dalla domanda proposta dall’attore; pertanto, sono ammissibili solo le domande riconvenzionali che dipendono (art. 36 c.p.c.):

  1. dal titolo dedotto in giudizio dall’attore,
  2. dal titolo che appartiene alla causa come mezzo d’eccezione.

2. Domanda riconvenzionale, eccezione, eccezione riconvenzionale

Quando il convenuto viene evocato in giudizio può sollevare eccezioni semplici, eccezioni riconvenzionali e domande riconvenzionali. Vediamo come distinguerle:

  1. l’eccezione tout court allarga l’oggetto della cognizione del giudice, ma resta all’interno dei confini della domanda proposta dall’attore;
  2. con l’eccezione riconvenzionale il convenuto contrappone all’attore un proprio diritto al fine di ottenere il rigetto della sua domanda (è proponibile anche in appello);
  3. la domanda riconvenzione non persegue lo scopo di ottenere il rigetto della domanda attorea (come l’eccezione riconvenzionale), ma è finalizzata a raggiungere un risultato più ampio, come la condanna dell’attore (è esperibile solo in primo grado).

In buona sostanza, la differenza tra eccezione e domanda riconvenzionale riguarda l’oggetto e il risultato perseguito; infatti:

«ciò che distingue l’eccezione riconvenzionale, la cui prima formulazione è ammissibile in appello, dalla domanda riconvenzionale, esperibile soltanto in primo grado, è costituito dalle conseguenze giuridiche che il deducente intende trarre dal fatto nuovo allegato, e, cioè, dal provvedimento che egli chiede al giudice in base a tale fatto: si ha, cioè, eccezione riconvenzionale, allorché l’istanza resti contenuta nell’ambito dell’attività strettamente difensiva e, pure eventualmente ampliando la sfera dei poteri cognitori, lasci immutati i limiti di quelli decisori del giudice, quali determinati dalla domanda dell’attore; si ha, invece, domanda riconvenzionale quando il convenuto chieda un provvedimento positivo, autonomamente attributivo di una determinata utilità, cioè tale che vada oltre il mero rigetto della domanda avversaria, ampliando, così, la sfera dei poteri decisori come sopra determinati» (Cass. 21472/2016).

3. Procura all’avvocato e domanda riconvenzionale

Preme ricordare che la legge non determina il contenuto necessario della procura, limitandosi a distinguere tra procura generale e speciale (art. 83 c.p.c.) e a stabilire che il difensore può compiere e ricevere, nell’interesse della parte, tutti gli atti del processo che dalla legge non sono ad essa espressamente riservati, mentre non può compiere atti che importano disposizione del diritto in contesa, se non ne ha ricevuto espressamente il potere (art. 84 c.p.c.). La procura alle liti conferisce dunque al difensore il potere di proporre tutte le domande che non eccedano l’ambito della lite originaria. La giurisprudenza, proprio in materia di domanda riconvenzionale, si è espressa in questi termini:

«il mandato ad litem, anche quando sia conferito in calce alla copia notificata della citazione, attribuisce al difensore la facoltà di proporre tutte le difese che siano comunque ricollegabili all’originario oggetto della causa, e quindi anche la domanda riconvenzionale, atteso che quest’ultima, anche quando introduce un nuovo tema di indagine e mira all’attribuzione di un autonomo bene della vita, resta sempre fondamentalmente connotata dalla funzione difensiva di reazione alla pretesa della controparte» (Cass. S.U. 4909/2016)

4. Competenza e proposizione della domanda riconvenzionale

Di regola, il giudice competente sulla domanda principale decide anche sulla riconvenzionale che dipenda dal titolo già dedotto in giudizio o che appartenga alla causa come mezzo di eccezione. La trattazione congiunta delle cause connesse viene favorita dal codice anche se può trovare ostacolo nella diversità del rito prevista per ciascuna di esse, ad esempio, rito ordinario, rito del lavoro, rito locatizio, rito camerale e così via. Nondimeno, il simultanues processus viene consentito, nonostante le differenze di rito, nel caso di cause oggettivamente connesse (C. MANDRIOLI –A. CARRATTA, Diritto processuale civile, I, Torino, Giappichelli, 2014, 343).

Vediamo cosa accade nell’ipotesi in cui la riconvenzionale ecceda la competenza del giudice presso cui è radicata la causa.

Se il giudice adito dall’attore per la domanda principale non è competente a conoscere – per materia o per valore – la domanda riconvenzionale sollevata dal convenuto:

  • può rimettere al giudice superiore, competente per la riconvenzionale, entrambe le domande (ai sensi dell’art. 34 c.p.c in quanto richiamato dall’art. 36 c.p.c.),
  • può separare le domande e rimettere al giudice superiore solo la riconvenzionale (ex art. 35 c.p.c. richiamato dall’art. 36 c.p.c.), trattenendo a sé la domanda principale.

    Invece, il giudice adito deve separare le domande (AA.VV., Memento pratico, Ipsoa, 2017, 183):

  • quando la riconvenzionale ha carattere pregiudiziale rispetto alla principale e deve essere risolta con efficacia di giudicato (Cass. 11415/2010);
  • quando esiste una competenza territoriale inderogabile sulla domanda principale (Cass. 3653/1991),
  • quando esiste una competenza per materia inderogabile sulla domanda principale (Cass. 23937/2010),
  • quando esiste una competenza per materia o valore inderogabile sulla domanda riconvenzionale (Cass. 18785/2010)

Il giudice adito territorialmente competente per la domanda principale, lo è anche per la riconvenzionale. Infatti, la riconvenzionale può determinare uno spostamento della competenza solo quando ecceda per materia o valore quella del giudice adito (Cass. Ord. 2416/2006).

5. Termini per la proposizione della domanda riconvenzionale

Nel giudizio di cognizione ordinario, il convenuto può decidere di rimanere inerte o di partecipare al processo. In tale ultimo caso, deve costituirsi in giudizio, depositando la comparsa di costituzione e risposta. Si tratta di un atto difensivo con cui il convenuto può:

  • allargare l’oggetto del processo, ad esempio, sollevando delle eccezioni, ovvero
  • superare i limiti della domanda attorea proponendo una riconvenzionale.

Sia le eccezioni (processuali o di merito) che le domande riconvenzionali devono essere proposte a pena di decadenza (art. 167 c. 2 c.p.c.), così come eventuali chiamate di terzo, nella comparsa di costituzione e risposta da depositarsi:

  • 20 giorni prima dell’udienza indicata nell’atto di citazione (art. 166 c.p.c.),
  • 10 giorni prima in caso di abbreviazione dei termini.

Pertanto, in caso di costituzione tempestiva, il convenuto può proporre la domanda riconvenzionale; invece, in caso di costituzione tardiva (ad esempio, in udienza), può solo svolgere mere difese o eccezioni che siano rilevabili anche d’ufficio, mentre decade dal diritto di proporre la riconvenzionale e la chiamata di terzo.

La ratio della preclusione è ispirata alla necessità di garantire la celerità e la concentrazione del processo; proprio perché viene perseguito un interesse pubblico, l’inosservanza del termine entro cui proporre la domanda è rilevabile d’ufficio, anche in sede di impugnazione, salvo il caso in cui si sia formato il giudicato implicito (Cass. 4901/2007).

6. Vizi della domanda riconvenzionale

La domanda riconvenzionale deve essere circostanziata in fatto e diritto (art. 167 c. 2 c.p.c.).

Se è omesso o risulta assolutamente incerto l’oggetto o il titolo della domanda riconvenzionale, il giudice, rilevata la nullità, fissa al convenuto un termine perentorio per integrarla. Restano ferme le decadenze maturate e salvi i diritti acquisiti anteriormente alla integrazione (art. 167 c. 2 c.p.c.).

I vizi indicati dall’art. 167 c. 2 c.p.c. sono vizi della edictio actionis, pertanto, la sanatoria non ha efficacia retroattiva, come previsto per l’atto di citazione.

7. La domanda riconvenzionale e la mediazione obbligatoria

Il d. lgs. 28/2010 indica le fattispecie in cui, prima di iniziare un giudizio, è obbligatorio esperire il tentativo di mediazione.

Quid iuris in caso di domanda riconvenzionale, proposta dal convenuto, in una delle materie obbligatorie?

La risposta non è univoca, infatti, si segnalano due orientamenti contrapposti.

A) Nessun obbligo di esperire la mediazione a seguito della formulazione della riconvenzionale (Trib. Taranto 02.05.2019; Trib. Roma 18.01.2017; Trib. Palermo 27.02.2016).           
Secondo tale indirizzo, le norme sulla mediazione sono di stretta interpretazione e l’art. 5 c. 1 d. lgs. 28/2010, nel fare riferimento a “chi intende esercitare in giudizio un’azione”, si riferisce al soggetto che incardina il giudizio, ossia all’attore; inoltre, imporre il tentativo obbligatorio, anche nel caso della riconvenzionale, finirebbe per frustrare il principio di ragionevole durata del processo.       
Più specificamente, si riporta quanto affermato nella sentenza del Tribunale di Taranto, Sezione II, del 02.05.2019.

«Le ragioni poste alla base di tale condivisibile indirizzo interpretativo possono essere così sintetizzate:

  1. le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità sono di stretta interpretazione, poiché introducono limitazioni all’esercizio del diritto di agire in giudizio, garantito dall’art. 24 Cost., quindi la locuzione “chi intende esercitare in giudizio un’azione”, contenuta nel comma 1, art. 5, D.Lgs. n. 28 del 2010, sarebbe da intendersi come “chi intende instaurare un giudizio”;
  2. vanno fatti salvi i principi di ragionevole durata del processo e di equilibrata relazione tra procedimento giudiziario e mediazione, indicato nella direttiva comunitaria 2008/52/CEE;
  3. il procedimento di mediazione sulla domanda riconvenzionale non è generalmente idoneo, dopo il fallimento del procedimento di mediazione sulla domanda principale, a porre fine al giudizio ([…]);
  4. l’art. 5, comma 1-bis, D.Lgs. n. 28 del 2010, prevede la facoltà del convenuto di eccepire il mancato tentativo di mediazione, sicché va considerato tale “chi viene citato in giudizio”, e non già “chi, avendo promosso un’azione e, pertanto, notificato ad altri una vocatio in ius, risulti a sua volta destinatario di una domanda, collegata a quella originaria”;
  5. non è opportuno consentire che vengano formulate domande riconvenzionali al solo fine di costringere il giudice a mandare le parti in mediazione, così da dilazionare i tempi del processo;
  6. l’interpretazione propugnata dalla giurisprudenza di legittimità già con riferimento all’art. 46 della L. n. 203 del 1982 e, cioè, che ” l’onere del preventivo esperimento del tentativo di conciliazione … sussiste, oltre che a carico dell’attore che agisce in via principale in giudizio, anche nei confronti del convenuto che proponga una domanda riconvenzionale, secondo uno dei criteri di collegamento previsti dall’art. 36 cod. proc. civ.”(Cass. 18 gennaio 2006, n. 830) dovrebbe riguardare, semmai, la sola domanda riconvenzionale c.d. “inedita”».

B) Obbligo di tentare la mediazione in caso di proposizione della domanda riconvenzionale (Trib. Roma 27.11.2014; Trib. Como, Sez. Cantù, 02.12.2012).
Secondo tale indirizzo, la domanda riconvenzionale è astrattamente idonea a creare un giudizio autonomo e, pertanto, in difetto di mediazione, la domanda sarebbe improcedibile Il suddetto ragionamento trova applicazione anche nelle ipotesi in cui, nel giudizio, sia già stata esperita la mediazione, qualora la domanda discussa in quella sede diverga dall’oggetto della riconvenzionale. In tale circostanza, occorrerà esperire un secondo tentativo mediativo.

Per completezza, si precisa che l’obbligo di mediazione non sussiste per le domande proposte dal convenuto verso il terzo chiamato, infatti:

«la mediazione deve essere esperita unicamente in relazione alle domande proposte dall’attore nei confronti del convenuto ma non con riguardo alle domande proposte da quest’ultimo nei confronti di terzi in quanto:

  1. una diversa soluzione comporterebbe un notevole allungamento dei tempi di definizione del processo, in contrasto con il principio di ragionevole durata dello stesso stabilito dall’art. 111 Cost.;
  2. le disposizioni che prevedono condizioni di procedibilità, costituendo deroga al diritto di azione, sono di stretta interpretazione;
  3. l’art. 5 del d. lgs. 28/2010 menziona solo il convenuto quale soggetto legittimato a dedurre il difetto del previo esperimento del tentativo di conciliazione» (Trib. Mantova 14.06.2016).

8. Tipologie

a) La riconvenzionale dell’attore

La reconventio reconventionis è la controdomanda con cui l’attore replica alla riconvenzionale del convenuto. L’attore può svolgere la reconventio reconventionis nella prima udienza di comparizione delle parti e trattazione della causa (art. 183 c.p.c.). La posizione dell’attore che proponga la riconvenzionale diverge da quella del convenuto, in quando la reconventio reconventionis non è una domanda autonoma, ma viene introdotta solo al fine di consentire all’attore un’adeguata difesa contro l’eccezione o la riconvenzionale del convenuto, a cui deve essere consequenziale. La giurisprudenza ritiene che «la posizione di convenuto che l’originario attore viene ad acquisire per effetto della riconvenzionale proposta dalla controparte, non può valere a far assumere al medesimo la posizione di convenuto in senso sostanziale, come tale assoggettabile al regime di cui agli artt. 36 e 167, comma 2, cod. proc. civ(Cass. 26782/2016).

b) La domanda riconvenzionale trasversale

Con domanda riconvenzionale trasversale ci si riferisce alla domanda proposta da un convenuto verso un altro convenuto. Si tratta di domande riconvenzionali in senso improprio (C. MANDRIOLI – A. CARRATTA, Diritto processuale civile, II, Torino, Giappichelli, 2014, 44, nota 100). Sono ammissibili in quanto il convenuto può citare in giudizio un terzo e proporre domande contro di lui, pertanto, a maggior ragione, deve poterlo fare verso un soggetto che è già parte (ossia l’altro convenuto).

Il meccanismo della riconvenzionale trasversale, quindi, diverge dalla chiamata di terzo, in quanto è sufficiente il deposito della comparsa di costituzione, contenente la domanda, entro il termine di 20 giorni dalla prima udienza (art. 166 c.p.c.). Secondo la giurisprudenza maggioritaria, la disciplina applicabile alla riconvenzionale trasversale è quella della domanda riconvenzionale. Infatti, tale domanda «va qualificata come domanda riconvenzionale e può essere proposta negli stessi limiti di quest’ultima» (Cass. 12558/1999; Cass. 6846/2017; Cass. 25415/2017). In particolare:

  • «Ove (…) il soggetto, che il convenuto assume responsabile esclusivo del fatto illecito, generatore della responsabilità, sia già stato convenuto in giudizio dall’attore, la domanda del primo convenuto nei confronti di quest’altro, per la declaratoria dell’assenza di responsabilità del primo e per l’affermazione della responsabilità esclusiva del secondo, può essere proposta anche con la comparsa di costituzione. Infatti, in conformità ai principi di economia processuale e di concentrazione dei giudizi, la domanda proposta con la comparsa di costituzione, da un convenuto contro altri convenuti è ammissibile, purché tale proposizione avvenga entro la prima udienza (termine con riferimento al rito -applicabile alla fattispecie- vigente prima della modifica dell’art. 269 c.p.c. apportata con l’art. 29 I. 26.11.1990 n. 353)» (Cass. 12558/1999).

Il convenuto trasversale può, a sua volta, proporre eccezioni e riconvenzionali nei termini di cui all’art. 183 c. 5 c.p.c.

9. Domanda riconvenzionale nel rito lavoro

Anche nel rito del lavoro, il resistente può proporre una domanda riconvenzionale (art. 418 c.p.c.), qualora voglia ottenere la condanna del ricorrente.

Facciamo un esempio.

Il lavoratore (ricorrente) agisce per far dichiarare la nullità del licenziamento intimato oralmente, il datore di lavoro (resistente) afferma che il lavoratore si sia dimesso e chiede, in via riconvenzionale, la condanna al pagamento dell’indennità di mancato preavviso.

Sotto il profilo processuale, la riconvenzionale deve essere inserita nella memoria di costituzione a pena di decadenza (art. 416 c. 2 c.p.c.). Tale decadenza ha carattere assoluto ed è rilevabile d’ufficio. La costituzione del resistente avviene 10 giorni prima dell’udienza; egli, con istanza contenuta nella stessa memoria, deve chiedere al giudice di pronunciare, entro e non oltre i successivi 5 giorni, un nuovo decreto con la fissazione di un’altra data d’udienza a modifica del provvedimento precedente. L’art. 418 c.p.c. dispone quanto segue:

  • Tra la proposizione della domanda riconvenzionale e l’udienza di discussione non devono decorrere più di 50 giorni.
  • Il decreto che fissa l’udienza deve essere notificato all’attore, a cura dell’ufficio, unitamente alla memoria difensiva entro 10 giorni dalla data in cui è stato pronunciato.
  • Tra la data di notificazione all’attore del decreto e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di 25 giorni.

Con la proposizione della domanda riconvenzionale, il resistente amplia la materia del contendere. Qualora la domanda abbia un oggetto diverso da quello rientrante del rapporto di lavoro, essa verrà ugualmente trattata seguendo il rito del lavoro come disposto dall’art. 40 c. 3 c.p.c.

10. Domanda riconvenzionale nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo

Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dall’opponente (sostanzialmente il convenuto-ingiunto, formalmente attore), l’opposto (sostanzialmente l’attore-ingiungente, ma formalmente convenuto) resiste all’opposizione chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo. Vediamo cosa possono fare le parti.

A) L’opposto non può:

  • proporre domande diverse da quelle fatte valere con l’ingiunzione (Cass. 13086/2007; Cass. 21245/2006); ma può chiedere una somma minore rispetto a quella ingiunta, purché non modifichi la causa petendi (Cass. 6202/2004);
  • l’inosservanza del divieto di proporre nuove domande è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass. 16331/2002).

Tuttavia, esiste una deroga.

Infatti, nel caso in cui l’opponente (sostanzialmente convenuto-ingiunto, ma formalmente attore) proponga una domanda riconvenzionale, l’opposto viene a trovarsi nella posizione processuale di convenuto e, quindi, non può essergli precluso il diritto di difesa (Cass. 7624/2010; Cass. 16331/2002). Pertanto, l’opposto può presentare una domanda riconvenzionale che sia conseguenza delle domande proposte dall’opponente (Cass. 16564/2018). Tale domanda va proposta a pena di decadenza nella comparsa di costituzione e risposta.

  • «Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, rivestendo l’opposto la qualità di convenuto in senso formale la cd. reconventio reconventionis, per non essere tardiva, deve essere introdotta solo nella comparsa di risposta, ai sensi dell’art. 167 comma 2, e non nel corso del giudizio di primo grado, nello stesso tempo, però, essendo l’opposto attore in senso sostanziale, tale domanda deve costituire conseguenza della domanda riconvenzionale proposta dall’opponente, ai sensi dell’art. 183, comma 4, cod. proc. civ. (nel testo applicabile ratione temporis)» Cass. 26782/2016).

B) L’opponente (sostanzialmente convenuto-ingiunto, ma formalmente attore) può:

  • proporre domande riconvenzionali, stante la sua posizione sostanziale di convenuto (Cass. 6202/2004) e chiedere al giudice l’autorizzazione alla chiamata di terzo.

    Riassumendo:

    Ricorrente – Ingiungente

     

    Resistente – Ingiunto

     

     

    Ricorso per decreto ingiuntivo

     

    Formula opposizione

     

    Opposto

     

    Opponente

     

    Formalmente convenuto

     

    Formalmente attore

    Sostanzialmente attore

     

    Sostanzialmente convenuto

    Può difendersi da una riconvenzionale proponendone un’altra che ne sia conseguenza

     

    Può formulare domande riconvenzionali

11. Domanda riconvenzionale nel giudizio di sfratto per morosità

Nel procedimento di sfratto per morosità, il locatore agisce in giudizio contro il conduttore per ottenere il rilascio dell’immobile e il pagamento dei canoni. Il giudizio si articola in due fasi:

  1. fase a cognizione sommaria, introdotta dall’atto di intimazione e contestuale citazione a giudizio del conduttore. Tale fase può concludersi con l’emissione dell’ordinanza di convalida che costituisce il titolo esecutivo per il rilascio dell’immobile. Invece, in caso di opposizione, si apre un’ulteriore fase;
  2. fase (eventuale) di opposizione del conduttore; il giudice non può convalidare lo sfratto e il giudizio continua a cognizione piena, seguendo le regole del rito locatizio.

Il conduttore può:

  • limitarsi a contestare lo sfratto chiedendone il rigetto, ad esempio, deducendo di aver provveduto al pagamento dei canoni;
  • proporre una domanda riconvenzionale, ad esempio, chiedendo la condanna del locatore alla refusione delle spese da lui sostenute, ma gravanti sul proprietario (si pensi ai lavori di straordinaria amministrazione).

Il conduttore intimato può costituirsi in giudizio, oltre che con il deposito della comparsa in cancelleria, anche direttamente all’udienza fissata, senza incorrere in preclusioni o decadenze (art. 660 c. 5 c.p.c.). Può, altresì, presentare la domanda riconvenzionale:

  • con la comparsa di costituzione o in udienza direttamente nel verbale;
  • in ogni caso, non decade dalla possibilità di proporre la riconvenzionale, che può essere inserita anche nella memoria integrativa depositata nel termine fissato con l’ordinanza di mutamento del rito da speciale a ordinario (Cass. 3696/2012; Cass. 13963/2005).

La riconvenzionale può essere proposta non solo nella comparsa ma anche nella memoria integrativa, in quanto l’art. 660 c. 3 c.p.c. esclude espressamente, per l’intimazione per la convalida, “l’invito o l’avvertimento al convenuto previsti nell’art. 163, c. 3, n. 7, c.p.c.”, ossia l’invito a costituirsi nel termine di 20 giorni prima dell’udienza, con l’avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine comporta le decadenze di cui agli artt. 38 e 167.

In caso di proposizione della riconvenzionale nella memoria integrativa, il conduttore deve richiedere, a pena di decadenza, lo spostamento dell’udienza (art. 418 c.p.c.).

12. Si può presentare una domanda cautelare riconvenzionale? Cenni

È discusso se sia ammissibile la proposizione di una domanda riconvenzionale cautelare; ossia se possa essere formulata nella memoria difensiva.

  • Un orientamento la ritiene ammissibile purché connessa all’oggetto del ricorso principale (Cass. 6103/1994);
  • secondo un altro indirizzo, è parimenti ammissibile purché non osti alla snellezza e celerità del procedimento;
  • secondo un ulteriore orientamento, è inammissibile perché incompatibile con l’urgenza e la sommarietà del rito, anche in considerazione del fatto che può essere riproposta nel giudizio di merito.

13. Domanda riconvenzionale e contributo unificato

Il contributo unificato deve essere versato dalla parte che si costituisce per prima in giudizio iniziando il procedimento. L’art. 14 c. 3 del DPR 115/2002 (Testo unico sulle spese di giustizia) prevede che:

  1. la parte che si è costituita per prima (e, quindi, ha già versato il contributo unificato), quando modifica la domanda o propone domanda riconvenzionale o formula chiamata in causa, cui consegue l’aumento del valore della causa, è tenuta a farne espressa dichiarazione e a procedere al contestuale pagamento di un contributo integrativo (a integrazione di quello già versato);
  2. le altre parti, quando modificano la domanda o propongono domanda riconvenzionale o formulano chiamata in causa o svolgono intervento autonomo, sono tenute a farne espressa dichiarazione e a procedere al contestuale pagamento di un autonomo contributo unificato, determinato in base al valore della domanda proposta.

Inoltre, la Circolare del Ministero della Giustizia n. 10 dell’11 maggio 2012, in relazione all’art. 14 c. 3 del DPR cit, così dispone:

«Con la nuova dizione del comma 3 dell’art. 14 del Testo Unico sulle Spese di Giustizia, il legislatore ha previsto l’introduzione di un autonomo contributo unificato a carico della parte, diversa da quella che si è costituita per prima, la quale modifica la domanda proposta da controparte, oppure propone domanda riconvenzionale, o formula chiamata in causa o svolge intervento autonomo.
Il versamento di tale importo prescinde dal mutamento di valore e si incardina esclusivamente sull’esistenza di un ampliamento della domanda rispetto a quella originaria o, piuttosto, sulla necessità di estendere il numero dei contraddittori. In tale ottica, ad esempio, l’intervento nelle procedure esecutive sconta il pagamento del contributo unificato in base al valore della rispettiva domanda.
Qualora con il medesimo atto si pongano più domande tra quelle previste dall’art. 14, comma 3, del D.P.R. n. 115/2002, ad esempio domanda riconvenzionale e chiamata in causa del terzo, dovrà essere riscosso un unico contributo unificato in aggiunta a quello versato dalla parte che si è costituita per prima
».       
 

14. Ammissibilità della domanda riconvenzionale

La domanda riconvenzionale è ammissibile se dipende:

  • dallo stesso titolo dedotto in giudizio dall’attore, ossia quando la causa petendi delle due domande (principale e riconvenzionale) è la stessa; ad esempio, il venditore cita il compratore per ottenere il pagamento del bene e l’acquirente chiede la condanna alla consegna della cosa;
  • da un titolo che già appartiene alla causa principale come mezzo di eccezione; in tale ipotesi, la causa petendi è diversa, ma la riconvenzionale si collega alla domanda di rigetto della domanda attorea; ad esempio, l’eccezione di compensazione con cui il convenuto chiede la condanna dell’attore al pagamento della differenza;
  • da un titolo diverso da quello dedotto dall’attore allorché sussista un collegamento oggettivo; in tale circostanza, la causa petendi può essere diversa.

Il titolo è la ragione della domanda che trova il suo fondamento nei fatti costitutivi; pertanto, la domanda riconvenzionale, per essere ammissibile, deve dipendere da fatti collegati:

  • ai fatti costitutivi della domanda principale,
  • fatti estintivi,
  • fatti impeditivi,
  • fatti modificativi già introdotti mediante eccezione.

Come già detto, non è necessario che vi sia una comunanza di causa petendi (C. MANDRIOLI –A. CARRATTA, Diritto processuale civile, I, Torino, Giappichelli, 2014, 159 ss.). L’esempio tipico è costituito dall’eccezione di compensazione che può dar luogo ad una domanda riconvenzionale, allorché il controcredito opposto in compensazione sia superiore a quello per cui l’attore ha proposto la domanda; pertanto, il convenuto, oltre a chiederne il rigetto, farà valere, in via riconvenzionale, il suo diritto ad avere la differenza.

La domanda riconvenzionale deve essere esaminata anche se la domanda principale viene dichiarata inammissibile, stante la sua natura autonoma (Cass. 1666/2004).

15. Inammissibilità domanda riconvenzionale

Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, i requisiti di ammissibilità della domanda dipendono dalla comunanza della stessa con il titolo fatto valere nella domanda principale o comunque da un collegamento con la medesima. Deve trattarsi di un collegamento obiettivo, tale da rendere consigliabile decidere entrambe le questioni nello stesso processo, realizzando così il cosiddetto simultaneus processus (Cass. 27654/2011). Ai fini dell’ammissibilità della riconvenzionale, la relazione tra questa e la domanda principale non va intesa in senso restrittivo.

Pertanto, la riconvenzione è ammissibile:

  • anche se le due domande non dipendono da un unico e identico titolo,
  • è sufficiente che fra le contrapposte pretese sia ravvisabile un collegamento obiettivo.

Ad esempio, nel caso in cui la domanda principale riguardi il rilascio dell’immobile per finita locazione, è ammissibile la domanda riconvenzionale di accertamento dell’avvenuta conclusione del contratto di compravendita dell’immobile locato, in conseguenza dell’accettazione di proposta contenuta in un patto d’opzione (Cass. 27654/2011).

Invece, la domanda riconvenzionale è inammissibile, qualora non sia ravvisabile alcun collegamento obiettivo con la domanda principale.

L’eventuale inammissibilità della domanda riconvenzionale non impedisce al giudice di considerare i fatti (o i rapporti giuridici) dedotti a suo fondamento nella più limitata ottica dell’eccezione, volta a produrre l’effetto di impedire l’accoglimento della domanda avversaria (Cass. 21472/2016). In buona sostanza, una domanda riconvenzionale dichiarata inammissibile può essere valutata dal giudicante come una mera eccezione.

Sul punto si cita il seguente passaggio giurisprudenziale:

  • «L’inammissibilità della domanda riconvenzionale volta ad ottenere la dichiarazione di nullità di un contratto di comodato ed il riconoscimento dell’esistenza di un contratto di affittanza agraria non travolge l’eccezione riconvenzionale relativa all’onerosità del rapporto, essendo quest’ultima necessariamente e logicamente insita nella linea difensiva del convenuto, ben potendo coesistere una domanda ed una eccezione, basate sulla stessa situazione che si pongono l’una come progressione difensiva dell’altra» (Cass. 9044/2010).

La declaratoria di inammissibilità della domanda riconvenzionale dipende dalla valutazione discrezionale del giudice di merito e risulta insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivata (Cass. 24684/2013).

16. Modello di domanda riconvenzionale

 

TRIBUNALE DI X

Comparsa di costituzione e risposta con domanda riconvenzionale

 

Nel procedimento pendente presso il Tribunale di ______, recante RG ______, prossima udienza ______, giudice Dott. ______

Nell’interesse di

______ nato a ______, il ______ residente in ______, via ______ (C.F.: ______) si costituisce in giudizio, in qualità di difensore di fiducia, l’ Avv. ______, del foro di ______ con studio in ______, PEC ______, Fax ______, che lo rappresenta e difende come da procura rilasciata ex art. 83 c.p.c. ed allegata alla busta di deposito del presente atto, con domicilio digitale eletto all’indirizzo PEC ______

Convenuto

Contro

______, rappresentato e difeso dall’Avv. ______

Attore

***

 

Con atto di citazione notificato in data ______, l’attore evocava in giudizio il sig. ______ al fine di vedere accogliere le seguenti conclusioni:

_____, ______,______,______.

Letto ed impugnativamente ritenuto l’atto di citazione avverso, il sottoscritto avvocato, nel costituirsi in giudizio per ______, ne contesta integralmente il contenuto, ne chiede il rigetto, con accoglimento della domanda riconvenzionale proposta, per le seguenti ragioni.

Fatto

______

______

Diritto

______

Nel merito

______

In via riconvenzionale

______

 

Tanto considerato, in fatto e in diritto, il convenuto, ______, ut supra rappresentato e difeso, formula le seguenti

CONCLUSIONI

Piaccia al Tribunale Ill.mo, respinta ogni contraria e avversa istanza, eccezione e deduzione, così disporre:

  1. rigettare integralmente la domanda formulata dall’attore, in quanto infondata in fatto e in diritto, per i motivi di cui in narrativa;
  2. accertare e dichiarare che ______,
  3. in via riconvenzionale, condannare ______ a ______.

 

Con vittoria di spese, competenze e onorari di giudizio e riservata ogni altra difesa.

Ai sensi del D.P.R. 115/2002, si dichiara che, stante la proposizione della domanda riconvenzionale, il valore della presente causa è pari a euro ______, ed il contributo unificato è pari a euro ______.

 

In via istruttoria

Si chiede l’ammissione della prova per testi (e l’interrogatorio formale di ________) sui seguenti capitoli di prova:

______, ______,______,______.

Si indicano come testi i sig.ri: ______ e ______.

Si chiede che il giudice voglia ammettere CTU in materia di ______ volta ad acclarare che _________.

Si offrono in comunicazione i seguenti documenti:

______, ______,______.

 

Con riserva di dedurre ulteriori argomentazioni, precisazioni, modificazioni, deduzioni istruttorie nei termini di legge, anche alla luce delle difese di controparte.

Con osservanza.

Luogo e data ______

Avv. ______

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