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Negli ultimi cinque anni l’Agenzia delle Entrate ha siglato accordi con numerose società multinazionali riscuotendo svariati miliardi di euro. Oltre 3,5 miliardi sono il frutto delle indagini fiscali iniziate a Milano, condotte dalla procura e dal nucleo polizia economica finanziaria della guardia di finanza. Una cifra “milanese” che conferma come la Lombardia sia il centro finanziario del paese dove operano le maggiori compagnie con la testa in paesi esteri, in particolare in stati, anche europei, con una tassazione più bassa. Ai 3,5 miliardi potrebbero presto aggiungersi un altro paio di miliardi, oggetto, da quanto risulta a Domani, di verifiche ancora in corso su grandi corporation di diversi settori: dal lusso al digitale all’assicurativo. Il metodo di contrasto ai grandi evasori è stato supportato dall’allora procuratore Francesco Greco, che ha messo a sistema le competenze investigative dei finanzieri impegnati nella lotta all’evasione: nasce così il “modello Milano”.

Il lavoro di verifica della finanza porta solitamente all’apertura di un fascicolo di indagine in procura. L’accordo che le aziende trovano con il fisco può chiudere il capitolo giudiziario, per questo i magistrati devono valutare se sia congrua la somma pattuita. Durante gli accertamenti dei finanziari la società tendono a non collaborare, si riservano di presentare la documentazione integrale sono in sede di trattativa con l’Agenzia delle Entrate. Per questo c’è sempre una differenza tra la contestazione iniziale fatta dalla finanza e l’importo riscosso dopo la pace siglata con il Fisco. Inoltre l’accordo stabilisce un principio che va al di là del valore della transazione economica: con la firma della pace le compagnie coinvolte si impegnano per gli anni successivi a pagare le tasse sui ricavi fatti in Italia al fisco italiano. Si stabiliscono, cioè, regole chiare per il futuro, che per le casse dell’erario vuol dire la garanzia di entrate certe e notevoli.

Jeff Bezos (Amazon), Tim Cook (Apple),Sundar Pichai (Google) e Mark Zuckerberg (Facebook-Meta) 2019 The Associated Press

Tra i grandi evasori che hanno fatto pace con il fisco italiano troviamo le aziende digitali: Apple, Facebook, Google, Amazon. A queste nel 2022 si è aggiunta la piattaforma di streaming Netflix. Questi marchi da soli hanno versato all’Agenzia delle Entrate quasi 1 miliardo di euro, 890 milioni per la precisione, a partire dal 2014 (la prima è stata Apple, le altre sono state sanzionate dal 2017 in poi). A tutte la finanza contestava l’omesso versamento delle tasse tramite la creazione di una stabile organizzazione occulta: grandi aziende con redditi formati in Italia e non dichiarati al fisco italiano. La stabile organizzazione occulta mirata a non versare quanto dovuto al fisco italiano, secondo le stime del ministero dell’Economia, val circa 29 miliardi, come riportato nelle relazioni annuali sull’economia sommersa.

Da Apple a Netflix

Se Apple è stata la prima a finire nel mirino del gruppo dei finanziari specializzati nella caccia ai patrimoni nascosti all’estero, Netflix per ora è l’ultima della famiglia big-tech. Il caso Apple ha fatto giurisprudenza, nel senso che l’accordo stabiliva confini precisi applicabili a tutti gli altri giganti digitali con sedi estere e attività spesso immateriali difficili da collocare entro confini territoriali ben definiti. Apple ha versato, nel 2014, 318 milioni tondi. Domani ha chiesto un commento per conoscere come è cambiata l’organizzazione societaria dopo l’accordo così da evitare sanzioni future. Non abbiamo ricevuto risposta.

Al contrario molto recente è la pace Netflix-Fisco che ha portato nelle casse dello stato 55 milioni di euro (55.833.513). La multinazionale fondata da Red Hastings vale più di 150 miliardi di dollari con profitti netti superiori ai cinque miliardi nel 2021. Nel caso di Netflix la procura di Milano ha dovuto lavorare su un concetto innovativo di «stabile organizzazione “materiale”». Per dimostrarlo la finanza aveva solo un modo: considerare l’infrastruttura tecnologica utilizzata in Italia per trasmettere in streaming a milioni di persone sul territorio nazionale. Dopo l’accordo, Netflix ha costituito una società di diritto italiano che ha iniziato a stipulare i contratti e fatturare i corrispettivi provenienti dagli abbonamenti sottoscritti con gli utenti nazionali. La società aveva espresso soddisfazione per l’accordo, sottolineando la massima collaborazione con le autorità italiane.

Amazon

L’industria dell’e-commerce più famosa al mondo, fondata a Seattle da Jef Bezos, ha siglato un accordo con l’Agenzia delle Entrata nel 2017. Amazon Eu Sarl ha pagato, infatti, oltre 100 milioni di euro per chiudere il contenzioso. Trenta milioni in meno rispetto alla prima contestazione della finanza che riguardavano il periodo d’imposta 2009-2014. L’ipotesi dei detective e dei magistrati milanesi è che Amazon avesse creato una stabile organizzazione occulta operante in Italia: produceva i ricavi prodotti nel nostro paese venivano fatturati in Lussemburgo, paese europeo con fiscalità favorevole. Anche in questo caso dopo la pace con le autorità italiane, l’azienda versa regolarmente molti milioni di tasse nel nostro paese.

«Nel 2017 abbiamo raggiunto un accordo con l’Agenzia delle Entrate su questioni del passato e abbiamo continuato a concentrarci nell’offrire un’ottima esperienza di acquisto ai nostri clienti in Italia, dove abbiamo investito più di 12,6 miliardi di euro dal 2010 e attualmente impieghiamo più di 17.000 persone», è il commento dell’azienda contattata da Domani. L’industria di Bezos era corsa ai ripari fin da subito per evitare di incorrere in altre sanzioni: «Nel maggio 2015, per garantire di avere la migliore struttura per servire i nostri clienti, abbiamo costituito la succursale italiana di Amazon EU Sarl che registra tutti i ricavi, le spese, i profitti e le imposte dovute in Italia per le attività sottostanti. Solo nel 2021, Amazon ha investito 4 miliardi di euro in Italia e ha versato un contributo fiscale complessivo di oltre 751 milioni di euro», aggiungono dalla società.

The Associated Press.

Google

La pace di Google con il Fisco è stata siglata sempre nel 2017. La sede europea è a Dublino, Irlanda. La società fondata in California, secondo la guardia di finanza, per 13 anni non ha pagato quanto avrebbe dovuto allo stato italiano. Anche in questo caso i ricavi prodotti con la clientela italiana venivano registrati all’estero, con uno schema molto complesso: tramite un’architettura finanziaria costruita su più paesi (Italia, Irlanda, Olanda e isola Bermuda) i profitti italiani finivano ai Caraibi. La trattativa per chiudere la partita con l’Agenzia delle Entrate è durata un anno. Alla fine il colosso digitale californiano ha dovuto pagare 306 milioni di euro e impegnarsi per il futuro a versare l’Ires in Italia.

«Nel 2017 Google e l’Agenzia delle Entrate hanno raggiunto un accordo per risolvere senza controversie le indagini relative al periodo tra il 2002 e il 2015. In aggiunta alle tasse già pagate in Italia per quegli anni, Google ha versato altri 306 milioni di Euro. Di questi, oltre 303 milioni sono attribuiti a Google Italy e meno di 3 milioni a Google Ireland. Google conferma il suo impegno nei confronti dell’Italia e continuerà a lavorare per contribuire a far crescere l’ecosistema online del Paese», è il commento di un portavoce della società californiana.

AP

Facebook

Il 2018 è invece toccato a Facebook pagare una maxi sanzione. La società fondata da Mark Zuckerberg si è accordata per oltre 100 milioni di euro (100.400.722). L’ipotesi di partenza dei finanzieri era la stessa usata per gli altri giganti digitali: la ricchezza creata nel nostro paese sfuggiva alla tassazione italiana. L’accordo con il fisco e le verifiche della finanza hanno fatto cambiare registro all’azienda. a partire dal 2017 le entrate pubblicitarie sostenute dai nostri team locali non saranno più registrate dalle sede internazionale a Dublino, ma delle costole locali nei vari paesi. In Italia, spiegano fonti interne all’azienda, questo modello è stato implementato a partire da agosto 2019: da allora i ricavi degli inserzionisti italiani sono registrati in Italia. (2.continua)

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