Dal suo insediamento a ottobre 2022 il Governo in carica, a
discapito delle dichiarazioni pre-elettorali, ha operato uno
smantellamento delle due principali misure che hanno sorretto e
rilanciato il comparto dell’edilizia post crisi pandemica: il
superbonus e il meccanismo delle opzioni alternative (sconto in
fattura e cessione del credito).
Superbonus e opzioni alternative: le misure del Governo
Meloni
Tutti ricorderanno, infatti, le prime disposizioni arrivate con
il Decreto Legge n.
176/2022 (Decreto Aiuti-quater), convertito con modificazioni
dalla Legge n.
6/2023, mediante il quale la scelta è stata quella di limitare
al 90% il superbonus per l’anno 2023 vincolandone l’utilizzo con
aliquota maggiorata a determinate condizioni (CILAS e delibera
assembleare entro una certa data). Da quel provvedimento sono poi
arrivati altri 14 correttivi in meno di due anni il cui fine è
stato quello di mettere un freno ad una detrazione che, secondo le
analisi del Governo, stava costando troppo alle casse dello
Stato.
Correttivi che hanno cominciato a produrre degli effetti solo a
partire da aprile 2024 come dimostrato dalle rilevazioni dell’Enea
sull’utilizzo del superbonus energetico. Da una media di 3,3
miliardi al mese di investimenti ammessi a detrazione nel 2023, il
2024 si è aperto con 3 mesi di boom giustificati dalle
asseverazioni per i fine lavori del 2023 in cui il superbonus ha
sviluppato ben 14,5 miliardi (quasi 5 miliardi al mese).
Da aprile 2024, però, tutto è irrimediabilmente cambiato.
L’aliquota meno generosa (70% nel 2024 e 65% nel 2025) unita alla
fine delle opzioni alternative, hanno portato da aprile a giugno
2024 la cifra irrisoria di 530 milioni di euro circa e un
disinvestimento complessivo nei mesi da luglio a ottobre 2024 pari
a 2,2 miliardi di euro.
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