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Tech, balzo degli investimenti in Europa. L’Italia chiuderà il 2024 a quota 900 milioni di dollari #finsubito prestito immediato


 6 min

In dieci anni le aziende Ue hanno raccolto 426 miliardi di dollari e ora impiegano 3,5 milioni di persone. Ci sono più startup che negli Usa, ma una su due cerca finanziamenti Oltreoceano. Il report del fondo Atomico

Il tech europeo continua a crescere, ma deve ancora superare alcune criticità prima di poter davvero competere con quello a stelle e strisce. Dal 2015 a oggi, gli investimenti sono decuplicati, arrivando a 426 miliardi di dollari, dai 43 del decennio precedente. Solo quest’anno, le aziende tecnologiche Ue raccoglieranno 45 miliardi, una cifra in linea con i 47 miliardi portati a casa nel 2023. Anche l’Italia chiuderà in linea con i dodici mesi precedenti, archiviati a quota un miliardo, attestandosi a 900 milioni. È quanto emerge dall’ultima edizione di “State of European Tech”, il report del fondo di investimento Atomico che combina i dati di 41 Paesi del Vecchio Continente con un’indagine condotta tra migliaia di fondatori, operatori e investitori. E che in questa edizione esamina l’evoluzione dell’ecosistema digitale degli ultimi dieci anni, prevedendo che tra altri dieci potrebbe raggiungere un valore complessivo di 8 trilioni di dollari e 20 milioni di dipendenti.

Per l’Italia 7,7 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni

Quest’anno gli investimenti delle tech company tricolori hanno confermato i ritmi del 2023. Nel Sud Europa meglio di noi farà solo la Spagna, che arriverà a 1,4 miliardi, mentre Portogallo e Grecia si fermeranno a 100 milioni. Nel decennio precedente (2005-2014), in Italia il totale degli investimenti arrivava a 600 milioni di dollari, mentre per il 2025-2034 si prevede che questa cifra possa crescere di quasi 12 volte, balzando a 7,7 miliardi di dollari. Stando al report, è poi aumentato di sei volte in un decennio anche il numero di impiegati nel settore tech, passando da 26.000 a 167.000 unità. Dieci anni fa, il nostro Paese non aveva ancora nessuna azienda tecnologica che fosse un unicorno, oggi le tech company made in Italy che valgono oltre un miliardo di euro sono sette.

In Europa più startup degli Usa. Ma una su due cerca finanziamenti Oltreoceano

Nel 2015 Londra era l’unica città europea nella lista mondiale dei dieci principali hub per i finanziamenti alle startup emergenti (con round inferiori ai 15 milioni di dollari). Oggi la capitale inglese è salita al secondo posto a livello globale, con Berlino e Parigi subito dopo, entrambe nella top ten. Non solo. L’Europa è ormai la sede principale per i fondatori di startup emergenti, battendo anche gli Stati Uniti: attualmente le startup tech sono 35mila, più che in qualsiasi altra regione al mondo. Inoltre, nel Vecchio Continente ci sono otto volte più aziende in fase di crescita rispetto a dieci anni fa, nonostante il contesto difficile.

Sebbene Ue e Usa partano da una base simile in fatto di numero di aziende costituite, le startup americane hanno però il doppio delle probabilità di raggiungere round superiori ai 15 milioni di dollari. Non è un caso che in Europa una su due, tra quelle in fase di sviluppo, si sia rivolta a un investitore statunitense per un finanziamento. Un trend preoccupante che, come sottolinea il report, indica una fuga di talenti, conoscenze ed economia. Per gli esperti di Atomico, la questione andrebbe quindi affrontata a livello istituzionale. I fondi pensione europei attualmente investono solo lo 0,01% dei capitali nel venture capital globale, “un dato che sembra quasi un errore di arrotondamento rispetto ai 9 trilioni di dollari di asset che gestiscono”, si legge. Nel Sud Europa, lo 0,014% degli asset dei fondi pensione è destinato al venture capital, il secondo valore più alto tra le regioni Ue ma comunque esiguo.

Il tech europeo impiega 3,5 milioni di persone 

Di pari passo con la crescita delle aziende tecnologiche, negli ultimi dieci anni sono aumentati fino a sette volte i dipendenti. Il report sottolinea che i pool di talenti negli Stati Uniti e in Europa stanno crescendo in egual misura. Il settore Ue impiega al momento 3,5 milioni di persone, pari a quelle Usa nel 2020. Oltre 2,5 milioni di questi posti di lavoro sono stati creati dal 2015, il che significa che il mercato dei talenti tech è cresciuto raggiungendo un tasso composto annuo (CAGR) del 24%, in linea con i numeri a stelle e strisce. In particolare, il Sud del Continente ha registrato un vero balzo: il numero di dipendenti in Spagna è passato da 14.000 a 175.000, un aumento dodici volte, e in Italia gli impiegati sono 167.000, sei volte in più rispetto ai 26mila del 2015.

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Sostenibilità e deeptech in testa

Sempre nell’ultimo decennio, la gestione del carbonio è stato il tema che ha visto il maggiore aumento nella quota di finanziamenti della fase Seed, guadagnando 39 posizioni nella classifica di Atomico. Un dollaro su cinque (21%) investito in Europa è destinato a costruire un futuro più sostenibile, il doppio rispetto agli Stati Uniti che si fermano all’11%. Altro tema centrale è il deeptech (inclusa l’IA), che quest’anno ha ottenuto il 33% dei finanziamenti totali. Negli ultimi dieci, le startup Ue di questo comparto hanno raccolto 94 miliardi di dollari, contro i 123 miliardi dell’Asia e gli oltre 300 degli Usa. Proprio il bacino di talenti nell’IA è uno dei più grandi punti di forza del Vecchio Continente. Con la rapida diffusione di questa tecnologia, il numero di ruoli legati ad essa è salito di sei volte: attualmente solo in Spagna ci sono 30 mila posti attivi. Merito delle eccellenti università e dei centri di ricerca del Continente.

Ue prima per la crescita dei fondi di venture capital

Dei trenta Paesi a livello globale con il rapporto più alto di investimenti in venture capital come percentuale del Pil, 17 sono europei. Leader in questa classifica è la piccola ma potente Estonia. Dieci anni fa, la Spagna ha costituito tre imprese per un valore da oltre un miliardo di dollari, mentre l’Italia nessuna; ora Madrid ne ha 14 e Roma 7; il Portogallo non ne aveva nessuna mentre ora ne ha due. Negli ultimi dieci anni, la crescita dei fondi di venture capital nel Continente ha superato quella di tutte le altre regioni. Il tasso di crescita medio decennale è stato del 13%, una cifra che non ha rivali: gli Stati Uniti si sono fermati all’8%, la Cina al 2%, il resto del mondo al 10%. Sempre nel 2015, in Europa c’era un solo fondo superiore a 500 milioni di dollari. Quest’anno, invece, sono stati otto a raggiungere tale cifra. I primi dieci hanno totalizzato 7 miliardi di dollari nel 2024, tra strategie per la fase di lancio e quella di crescita. In un decennio, i VC europei hanno raccolto un totale di 154 miliardi di dollari, quasi il triplo dei 54 miliardi raccolti nei dieci anni precedenti.

Com’è naturale, il panorama degli investitori nel settore tecnologico è cambiato notevolmente dal 2015, soprattutto nel Sud Europa: dieci anni fa tutti i fondi venivano raccolti da Limited Partner locali, mentre oggi si rivolgono sempre più a investitori Ue che ora contribuiscono al 14% dei fondi LP. Infine, a  causa dell’incertezza macroeconomica, la finestra Ipo è rimasta chiusa a livello globale, con una sola quotazione tecnologica da oltre un miliardo di dollari quest’anno per il software Planisware. Tuttavia, il report ripercorre il contributo delle vendite di quote delle società tech negli ultimi dieci anni, rivelando come queste abbiano generato quasi un trilione di dollari nel settore. Anche in un mercato più difficile, le aziende quotate più giovani continuano a prosperare: ad esempio, la capitalizzazione di mercato di Arm è superiore a 150 miliardi di dollari dopo il debutto dello scorso anno.

“Il prossimo passo per l’Europa è sviluppare il suo ecosistema di crescita. Per riuscirci, è necessario un maggiore supporto da parte dei fondi pensione e degli LP governativi, affinché le aziende europee nella fase successiva possano costruire un futuro migliore”, sottolinea Sarah Guemouri, dirigente di Atomico e co-autrice del rapporto. Per Tom Wehmeier, responsabile analisi di Atomico e co-autore del report, il vero ostacolo al successo è proprio il pessimismo ingiustificato. “Guardando al lungo periodo, è chiaro che il Continente ha fatto enormi progressi negli ultimi dieci anni, e questo dovrebbe spingerci a ritrovare la nostra fiducia e ambizione. Non possiamo permetterci di vanificare ciò che è stato fondamentale per il nostro successo”, avverte.

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