«Serviva più coraggio». Il pareggio dell’Avellino a Benevento ha lasciato l’amaro in bocca ai tifosi biancoverdi e non solo perché si è materializzato in maniera beffarda, a un minuto dal novantesimo, quando Viviani ha trovato il gol del 2-2.
Al riposo avanti di un gol, dopo aver ribaltato l’iniziale svantaggio (Lanini al 34′) grazie alle reti messe a segno da Frascatore (37′) e D’Ausilio (40′), l’Avellino è stato riacciuffato scontentando una considerevole parte dei supporter, che si sarebbe aspettata un lupo desideroso di andare per la giugulare della strega piuttosto che attento a restare rintanato nella propria metà campo nella ripresa.
Se prima della partita era opinione diffusa che l’importante fosse non perdere, l’aver potuto toccare con mano i punti deboli della capolista e non aver infierito, sportivamente parlando, ha scatenato un vivace dibattito sui social: nel mirino i cambi di Biancolino.
In tanti li hanno bollati come eccessivamente conservativi, causa di un pericoloso arretramento del bacino; portatori di un messaggio di controproducente prudenza, lanciato al gruppo. Liotti per Patierno all’85’ è stato l’avvicendamento più discusso, sul quale lo stesso Biancolino si è espresso nel post-partita.
«L’idea era quella di inserire un attaccante nel finale, ma abbiamo visto che sul nostro lato sinistro il Benevento spingeva molto. Abbiamo, quindi, messo Liotti, che è un giocatore più difensivo, per chiudere ogni spazio».
E poco conta se, per certi versi, il Pitone ci aveva visto giusto perché proprio da quella fascia il Benevento ha sfondato andando a pareggiare. Il calcio è questo: parlare col senno del poi è tanto facile quanto inutile ma, allo stesso tempo, solo chi vince ha sempre ragione.
Le critiche sono inevitabili se tutto non fila per il verso giusto. C’è stato, così, chi ha lamentato il mancato inserimento di Vano sostenendo che sarebbe stato utile per rinunciare ai tentativi di costruzione dal basso; per giocare qualche pallone lungo, se proprio l’intenzione fosse stata quella di provare a far correre le lancette dell’orologio difendendo il risultato fino alla fine. C’è chi non ha condiviso l’inserimento di Russo, per il pur non brillante Gori, per provare a colpire di rimessa gli uomini di Auteri.
Chi, prendendo atto che i cambi D’Ausilio, Palimiero e Frascatore per Tribuzzi, Rocca e Cionek siano stati dettati dalle non ancora ottimali condizioni fisiche dei sostituiti, ha addirittura individuato nel mancato impiego di Mutanda un passo indietro rispetto alla capacità di osare e di mettere tutti sullo stesso piano. Per molti è stato il terzo indizio che fa la prova dell’atteggiamento non eccessivamente propositivo che vorrebbero vedere da un Avellino costruito per fare la partita.
Contro il Taranto si erano intravisti i primi musi storti, a Potenza il partito del «si poteva osare di più» si è fatto sentire, domenica scorsa la sgradevole etichetta di “Avellino tanto forte quanto pavido” si è palesata chiaramente sul web.
La verità sta sempre nel mezzo. Nel calderone dell’analisi finiscono, però, pure i numeri: in dieci partite della gestione Biancolino (sei vittorie, tre pareggi, una sconfitta) dalla panchina sono arrivati tre gol (Russo a Crotone; Mutanda e Vano contro la Juve Next Gen) e quattro assist. Tutti a risultato già acquisito. È chiaro che i tifosi dell’Avellino (a partire proprio da Biancolino) vogliano sempre vincere e da una rosa di ventisei titolari si aspettano innesti sempre determinanti.
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